SICUREZZA E DIFESA

Risposta ad una iniziativa del Senato del Belgio
Controllo parlamentare congiunto
sulla Difesa europea

Titolari sono i Parlamenti nazionali che lo devono esercitare insieme tra di loro e con il Parlamento dell'Unione. Non duplicare gli organismi comunitari

di Tino Bedin
capogruppo in Commissione Difesa del Senato

Dotare la politica europea di sicurezza e di difesa di una dimensione parlamentare costituisce un obiettivo importante per i Parlamenti nazionali e per il Parlamento europeo.
Siamo oggi nella fase fondante della politica di sicurezza e di difesa europea. Indipendentemente dalle conclusioni cui arriverà la nostra Giunta, con il contributo delle altre Commissioni del Senato, ed indipendente dalle conclusioni della conferenza di novembre a Bruxelles, credo che occorra dare atto al presidente del Senato del Belgio di aver posto con tempestività e incisività il tema. Voglio dire che se anche non nascerà – ed io mi auguro che questo sia lo sbocco – l’organismo proposto dal Senato belga, il tema deve restare all’attenzione nostra e dei cittadini europei.

L’iniziativa del Senato belga
Il documento sul quale il Parlamento italiano è chiamato a pronunciarsi si inserisce nell’evoluzione dell'impianto istituzionale che presiede a livello comunitario alla "Politica europea di sicurezza e di difesa" (Pesd) e alla "Politica estera e di sicurezza comune" (Pesc). Il progetto di dichiarazione in titolo nasce da un'iniziativa del Senato belga che ha a riunito a Bruxelles, nello scorso luglio, i presidenti delle Assemblee nazionali e delle Commissioni affari esteri, difesa e affari comunitari dei Quindici, insieme alle Presidenze del Parlamento europeo e dell'Assemblea dell'Ueo. L'obiettivo della Conferenza di Bruxelles era di definire modalità di controllo parlamentare, in relazione alla Pesc e alla Pesd, più efficaci di quelle attuali. Queste, infatti, secondo i promotori dell'iniziativa belga, non sarebbero idonee a garantire un adeguato controllo democratico, una volta intervenuta, con l'estate 2001, la cessazione delle funzioni operative dell'Ueo. Dopo che, in base dell'articolo 21 del Trattato sull'Unione europea, si è ormai realizzato il passaggio delle funzioni operative dell’Ueo all'Unione europea, non resterebbe che un mero obbligo di informazione del Consiglio europeo nei confronti del Parlamento europeo. In tali condizioni, un controllo democratico sulle essenziali questioni relative alla difesa e alla sicurezza potrebbe essere garantito unicamente a livello delle rappresentanze parlamentari nazionali, le quali però tenderebbero a trascurare la dimensione europea dei problemi.
Per ovviare a queste difficoltà, da parte dei promotori della Conferenza, e segnatamente ad opera del presidente del Senato del Belgio, Armand De Decker, è stata prospettata la creazione di un’assemblea parlamentare specifica per le questioni attinenti la sicurezza e la difesa, della quale dovrebbero far parte rappresentanti parlamentari, nazionali ed europei, provenienti dalle Commissioni esteri e difesa. Il nuovo organismo dovrebbe riunirsi almeno due volte l'anno, e dovrebbe disporre di un segretariato permanente.
Nel corso della Conferenza di Bruxelles, la proposta belga ha dato origine ad un ampio dibattito, a conclusione del quale, anche accogliendo le preoccupazioni manifestate dalla delegazione italiana, si è deciso di rinviare ogni determinazione sul progetto di dichiarazione, in attesa di poter acquisire indicazioni e proposte di emendamento dai Parlamenti nazionali, con l'intesa che tale fase di approfondimento dovrebbe concludersi entro il 22 ottobre. Ciò consentirà di far emergere, in occasione di una seconda conferenza - che si svolgerà a Bruxelles il 6 e il 7 novembre di quest'anno - di pervenire all'approvazione di un documento conclusivo sulle modalità più appropriate per il rafforzamento del controllo democratico sulla Pesd in vista del Consiglio europeo di Laeken, che concluderà il semestre di Presidenza belga dell'Unione.

Una politica finalmente europea
Oggi abbiamo le condizioni storiche e politiche per fare – o almeno per tentare di fare – qualcosa di diverso dal passato.
Una delle motivazioni della proposta del Senato belga è l’esistenza dell’Assemblea parlamentare dell’Ueo e la sua estinzione in seguito all’inserimento dell’Ueo nell’Unione Europea. In particolare si ricorda che questa assemblea ha svolto un ruolo di avanguardia, nel momento in cui le difficoltà politiche intergovernative avevano bloccato l’alleanza militare europea.
Questo è vero e va dato atto all’Assemblea dell’Ueo di essere stata precorritrice non solo all’interno dell’Unione, ma anche allargando la propria composizione ad altri paesi variamente collegati con gli Stati membri dell’Unione.
E tuttavia oggi le condizioni sono diverse. Oggi esiste ed è ormai consolidato il Parlamento europeo, come luogo di rappresentanza democratica. Oggi la politica di sicurezza e di difesa è entrata nei Trattati. Dunque bisogna cambiare anche gli strumenti.

Protagonisti i Parlamenti nazionali
Nella loro individuazione, in questa fase, occorre ribadire un dato politico ed istituzionale, ponendolo a capo delle nostre osservazioni: la politica di sicurezza e di difesa è una materia di competenza dei parlamenti nazionali.
La sottolineatura va fatta per tre ragioni.
1) La politica di difesa è per tradizione una politica governativa. Nel momento in cui affidiamo parti crescenti di potere in questa materia all’Unione Europea, alla Nato, alle Nazioni Unite, occorre evitare il rischio di un ulteriore indebolimento del mandato parlamentare. Ne abbiamo la conferma in queste settimane drammatiche, in cui si è arrivati addirittura a discutere se il Parlamento dovesse esprimersi con un voto alla partecipazione italiana alla grande coalizione antiterroristica.
2) È certo indispensabile prevedere e costruire un livello di valutazione internazionale per i parlamentari, ma tocca ai parlamentari nazionali, rappresentanti dei Quindici, decidere come assicurare il controllo della Pesd. Noi possiamo auspicare alleanze e partecipazioni più ampie, ma deve essere chiaro che tocca ai parlamenti dei paesi membri dell’Unione il potere di indirizzo e di controllo. Questa è una delle differenze politiche essenziali con la proposta belga.
3) Infine la competenza istituzionale e formale dei parlamenti nazionali va sottolineata come condizione per rassicurare le opinione pubbliche dei Paesi membri dell’Unione, che questo settore delicato è in capo ai parlamenti da loro eletti.

Cresce il controllo del Parlamento europeo
Il secondo dato, anch’esso istituzionale e politico, da cui partire è il ruolo assegnato al Parlamento Europeo, viste le responsabilità esercitare dall’Unione Europea in questa materia. Il ruolo crescente del Parlamento europeo in questa materia, ha portato la sua commissione esteri, il suo presidente Brok a sostenere nell’aprile scorso che il deficit democratico non esiste. C’è – a mio parere – un’esagerazione corporativa in questa affermazione. Va ricordato però che il Parlamento Europeo sta assumendo un ruolo chiave, visto esso riceve i rapporti del Consiglio Europeo e dei commissari competenti e che il Parlamento rappresenta l’autorità di bilancio per la sicurezza e la difesa.
I trattati hanno chiaramente ripartito i compiti fra i Parlamenti nazionali e il Parlamento Europeo. Il controllo parlamentare è per ora probabilmente insufficiente, ma – se così è - parlamenti nazionali e Parlamento Europeo hanno una ragione in più per collaborare e non per farsi concorrenza. Importante infatti per gli organi elettivi è corrispondere a quello che vogliono gli elettori: e cioè la trasparenza, l’obbligo di rendere conto e la legittimità.

Serve una nuova base giuridica
Per assicurare queste condizioni – ed è il terzo punto da mettere in evidenza - il controllo democratico della politica di sicurezza e di difesa deve essere formalmente fondato su un trattato o su un protocollo. In vista del Consiglio europee di Laaken, cui l’iniziativa del Senato belga guarda, ed in previsione della Conferenza intergovernativa del 2004, questa prospettiva va posta con chiarezza.
Dunque, non bastano la buona volontà o l’iniziativa politica di questo e quel parlamento per favorire gli scambi di idee. Certo queste iniziative sono utili e vanno continuate ed allargate, anche come sperimentazione per modalità formali di controllo democratico. Il Parlamento Europeo ha cominciato ad incontrarsi regolarmente con i presidenti delle commissioni Esteri e Difesa dei parlamenti nazionali e le possibilità di estendere questa iniziativa sono molteplici. Ad esempio, il futuro dell’industria europea della Difesa, ma anche altri temi legati alla Difesa, si prestano ad una cooperazione accresciuta.

Membri con competenza politica
Sottolineo comunque l’importanza di queste esperienze, perché qualsiasi organismo che si voglia creare deve avere all’inizio delle solide relazioni tra parlamenti nazionali e Parlamento Europeo: senza queste relazioni la struttura mancherebbe di credibilità politica.
Anche altri elementi di queste esperienze di dialogo dovrebbero essere costitutivi del futuro controllo parlamentare europeo: essi sono infatti la condizione per ottenere la credibilità politica e – attraverso di questa – un certo peso politico.
In primo luogo bisogna che il futuro organismo europeo si occupi contemporaneamente di politica estera e di difesa. La separazione tradizionale che registriamo nei nostri parlamenti è superata nei fatti e anche nel diritto comunitario
In secondo luogo deve essere formato da persone competenti, non solo nel senso di esperte, ma soprattutto nel senso che rispondono politicamente della materia. Occorre cioè prevedere che indicazioni ed eventualmente decisioni possano poi trovare riscontro politico ed istituzionale immediato nelle commissioni specifiche dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo. Questo è un elemento a favore della partecipazione dei membri delle commissioni Esteri e Difesa dei parlamenti nazionali.
L’organismo che è proposto dal Senato belga, rischierebbe invece di non avrebbe le competenze reali nelle materie sulle quali vorrebbe esercitare il suo controllo. Creare una nuova assemblea senza potere non risolverà il problema.
Esso avrebbe poi il difetto di ingigantire gli organismi dell’Unione proprio in un momento in cui è aperto il dibattito sulla loro riduzione. Anche in tema di sicurezza e di difesa le strutture dell’Unione devono essere semplificate e rese trasparenti, non solo definendo nei trattati ma anche applicando alla prassi parlamentare chiaramente le responsabilità, ripartendole fra i Parlamenti nazionali e il Parlamento Europeo.

Allargare i compiti della Cosac
Il Parlamento europeo ha già preso posizione sul tema sollevato dal Senato belga. I nostri colleghi di Strasburgo sostengo che, facendo riferimento ad un più ampio numero di membri delle commissioni parlamentari nazionali, si potrebbe creare una specie di Cosac per le questioni della sicurezza della difesa. Anche altri hanno parlato di questa prospettiva.
Concludo su questo punto, con due osservazioni.
Innanzi tutto la mia preferenza va non alla creazione di una nuova Cosac della Difesa, ma ad esaminare le condizioni per allargare le competenze formali della Cosac a questa materia, attraverso una revisione del Protocollo sulla partecipazione dei parlamenti nazionali. La non-proliferazione degli organismi comunitari interparlamentari è ormai un’esigenza, politica ed organizzativa. La Cosac è la conferenza, prevista nel Trattato dell’Unione, delle commissioni per gli affari europei dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo.
Contro questa ipotesi ci sono due obiezioni. La prima di carattere politico generale: un allargamento delle competenze della Cosac potrebbe essere letto come la prefigurazione di un modello di Seconda Camera europea sulla quale il dibattito è aperto ed ancora acerbo.
La seconda obiezione riguarda la Cosac com’è: luogo di confronto utile, ma non di decisioni anche se con il più recente regolamento si sono compiuti passi importanti. È chiaro che un allargamento delle competenze su materie così sensibile e soprattutto l’accresciuta rappresentanza delle rispettive Assemblee esigerebbero un immediato aggiornamento del regolamento per rendere più incisivo l’organismo.
Sia che si passi ad una nuova Cosac sia che si potenzi l’esistente, occorre comunque prevedere un allargamento della partecipazione per consentire un’autentica rappresentanza non solo istituzionale ma anche politica. Questa è anche la condizione per dare effettiva valenza politica alla partecipazione parlamentare alla politica di sicurezza e di difesa.

26 settembre 2001

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26 settembre 2001
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