Quali sono i problemi che resterebbero irrisolti qualora passasse la proposta di federalismo municipale votata da Lega e Pdl e dichiarata "irricevibile" dal Capo dello Stato venerdì scorso? Com’è noto, uno degli obiettivi della riforma è quello di superare le iniquità del sistema attuale – dove ci sono comuni di serie A e comuni figli di un Dio minore –, disegnando un meccanismo di riequilibrio, in grado di mettere tutti sullo stesso piano e con le stesse "opportunità di buona amministrazione". Al contrario, il decreto legislativo votato in Bicameralina ingenererebbe nuove discriminazioni, creando comuni “superprivilegiati”. Basti pensare a quelli a vocazione turistica, che beneficerebbero di una nuova tassa comunale IMU: in pratica di un extra gettito. Sulla sponda opposta, gli enti più svantaggiati: i comuni privi di seconde case e con pochi cespiti immobiliari produttivi (fabbriche, capannoni, negozi, etc.), che per trovare le risorse per amministrare dovrebbero far leva solo sui contribuenti attraverso l’addizionale IRPEF. Ricapitolando, dunque, il primo obiettivo verrebbe mancato. Risultato? Nuove, assurde, disparità tra comune e comune, anche al Nord e anche all’interno di una stessa regione. Vediamo ora chi pagherebbe di più con la riforma. Sicuramente, anzitutto, i contribuenti onesti. Pagherebbero di più le persone che hanno un reddito soggetto a IRPEF (in particolare, lavoratori e pensionati) e quegli imprenditori che hanno investito le proprie risorse nel capannone, nel negozio, nella "fabbrichetta" di proprietà. Di contro, quanti fanno impresa senza utilizzare cespiti immobiliari pagherebbero poco, o molto poco. Gli evasori – va da sé – non pagherebbero nulla. Bastano questi rapidi accenni, per fare qualche considerazione. La prima: con il federalismo municipale lo slogan "padroni a casa nostra", di cui la Lega ha infarcito in questi anni la propria retorica elettorale, non ha più senso. Di fatto, sindaci e i consigli comunali saranno commissariati: deciderà tutto il Ministero dell’Economia, a Roma, con la legge annuale di Stabilità, quella che una volta era la finanziaria. Al posto del sindaco potremmo mettere un computer programmato e gestito dal centro e non cambierebbe nulla. Che senso ha, infatti, eleggere un sindaco e un consiglio comunale se tutto viene calato dall’alto? Patto di Stabilità, da una parte, e meccanismi di finanziamento centralisti dall’altra, sottrarrebbero qualsiasi scelta discrezionale agli amministratori locali. In secondo luogo, la questione della "buona amministrazione". Con questo meccanismo gli amministratori sarebbero responsabilizzati? Funzionerà il "pago-vedo-voto"? Sicuramente no. Il federalismo municipale così disegnato, infatti, è molto complicato, sottrae responsabilità e autonomia e, di conseguenza, non consente al cittadino di valutare se un sindaco è bravo oppure no. Tradotto: non gli permette di premiarlo o sanzionarlo attraverso l’esercizio democratico del voto. Infine, la questione forse dirimente. Ma con questo federalismo municipale i soldi che i cittadini pagano con le imposte e le tasse restano sul territorio? La risposta, ancora una volta, è no. Le risorse continueranno ad andare a Roma e poi ne tornerà indietro solo una piccola parte attraverso il meccanismo delle compartecipazioni e delle addizionali. Tradotto: questa è finanza derivata, non federalismo fiscale. In conclusione, per fare un buon federalismo è indispensabile modificare radicalmente l'impostazione fin qui adottata. È necessario garantire reale autonomia ai comuni riconoscendo loro la possibilità di trovare le risorse sul proprio territorio e di far pagare tutti. Questo ovviamente va compensato con una forte riduzione della pressione fiscale nazionale, in particolare, attraverso un consistente abbattimento delle aliquote IRPEF.
Risponde Tino Bedin
Inevitabili le giuste osservazioni di Marco Stradiotto: quello che la Destra a guida leghista ha portato in Parlamento è un decreto legislativo non sul federalismo municipale ma sulla fiscalità comunale. Il federalismo non c'entra nulla con la nuova imposte locale, visto che a pagarle saranno prevalentemente le persone che non votano per il sindaco, cioè possessori di seconde case e gente di passaggio che paga la tassa di soggiorno. Esattamente il contrario del circuito virtusoso del federalismo, che lega responsabilità ed autonomia, in quanto i contribuenti di un comune coincidono con i beneficiari dei servizi.
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