29 mila morti al giorno per mancanza di cibo e acqua o per l'inadeguatezza dell'assistenza sanitaria. Oltre un milione di morti sparsi in tutto il pianeta, soprattutto in Africa, Brasile e India. Questo il bilancio uscito dalla conferenza di Roma sui rifugiati. La sovranità alimentare dei Paesi in via di sviluppo è stata quasi sempre calpestata dal fallimento delle politiche della Fao e dal protezionismo praticato dal Wto. Ma anche la disuguaglianza della disponibilità dell'"oro blu" ha le sue colpe nella falcidia di vite umane. Le stime più morbide dicono che nel 2030 oltre 1,5 miliardi di persone vivranno in Paesi senz'acqua e con poco cibo. Dopo i diversi vertici sulla fame nel mondo alcuni problemi sono stati affrontati a Roma durante la Giornata mondiale del rifugiato. Ma come in tutti i vertici che si rispettano, almeno quelli che sono legati alla globalizzazione e all'ambiente, i risultati sono deludenti. Infatti poco o nulla si è deciso a Roma sulla penuria di acqua e cibo e sull'assistenza sanitaria a Paesi del cosiddetto terzo mondo. Ma anche i dazi sui prodotti alimentari, che molti Paesi a nord del mondo mantengono per favorire la politica dei forti ricavi, non sono stati affrontati. Questi temi dovrebbero essere al centro delle riunioni che avverranno nei prossimi giorni all'Aquila.
Purtroppo la riduzione e il controllo della fame e della sete nel mondo sono ostacolati dalle interazioni delle politiche agroalimetari che gli Stati ricchi impongono ai Paesi in via di sviluppo. Spesso le Ong hanno evidenziato l'assoluta necessità per i Paesi parzialmente sviluppati di acquisire la sovranità alimentare e il diritto di definire le proprie politiche e le strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo degli alimenti. Purtroppo non sembra destinata a cambiare la politica economica della Fao, che considera soprattutto la quantità di alimenti disponibili e la necessità che i Paesi ricchi si decidano ad allargare i cordoni della borsa. Non occorre essere degli esperti in politiche agroalimentari per capire quanto sia decrepita l'impostazione legata alle sovvenzioni a pioggia, a uno sfruttamento intensivo della terra e all'utilizzo di sementi Ogm. Un sistema che è vantaggioso solo per le multinazionali del settore (Aventis, Dow Chemical, Du Pont, Mitsui, Monsanto e Syngenta ) che da sole controllano il mercato di alimenti geneticamente modificati e il 30% del mercato globale dei semi. Dunque la fame nel mondo non si elimina con le sementi transgeniche. Le popolazioni soffrono la fame o hanno carenze di vitamine non tanto perché cibo e vitamine non sono disponibili, quanto perché sono povere e non hanno i soldi per comprarli. L'Argentina, ad esempio, produce carne in abbondanza ma gli argentini sono fra quei popoli che ne mangiano di meno. Lo stesso discorso vale per le granaglie americane. In Africa non si riesce a produrre alimenti utili a sfamare le loro popolazioni, perché il nord del mondo chiede solo alimenti per il mercato occidentale cioè banane, ananas, datteri, caffè ecc., dunque prodotti non adatti a sfamare la popolazione africana. L'uomo della strada si domanda se non sia giunto il momento di fare dei sostanziali cambiamenti al sistema di liberalizzazione dei mercati, che si è andato consolidando in questi ultimi anni di globalizzazione. Cosa cambiare e come? Dobbiamo dare priorità ad uno uso sostenibile delle risorse naturali in modo da ridurre i danni della siccità e della desertificazione e il cibo e l'acqua non devono più essere considerate delle merci. Alcuni economisti dicono che "l'accesso all'acqua deve diventare un diritto umano universale". A complicare le cose nell'ultimo decennio sono intervenuti degli importanti cambiamenti climatici che hanno deteriorato le condizioni di vivibilità della Terra. Infatti se la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera sarà doppia rispetto a quella dell'era pre-industriale la dilatazione termica degli oceani farà innalzare le acque dei mari fino a 2 metri, con conseguenze disastrose per gran parte delle attività umane.
Gianni Genghini Circolo Embera Katio
Risponde Tino Bedin
I temi proposti da Gianni Cenghini sono molti. Condivisibili sono molte delle sue osservazioni, anche se alcune meriterebbero una più puntuale analisi. Ne accenno solo. Ad esempio, non si può mettere sullo stesso piano la Fao e l'Organizzazione mondiale del commercio, né la Giornata mondiale del Rifugiato e il G8 dell'Aquila. La responsabilità è di chi decide economicamente (Wto e G8), non di chi cerca di fronteggiare le tragedie (Fao e Organizzazioni per i Riugiati) create in gran parte proprio da Wto e G8.
Aggiungo brevi osservazioni sul punto centrale che è la possibilità di alimentare tutte le persone che vivono sul pianeta.
Decisivo al riguardo è il ruolo dell'agricoltura. Ho sempre sostenuto che l'Europa ha fatto una scelta strategia con la sua Politica agricola comune e che la Pac va aggiornata costantemente ma confermata. All'origine della Pac c'è una filosofia: è impossibile applicare tali e quali al settore agricolo alcuni principi generali del commercio mondiale. La libera concorrenza non può essere l'unico criterio da applicare. Questa filosofia va applicata a livello globale: l'attività agricola dei paesi poveri dev'essere incoraggiata e, quindi, in parte protetta. Siamo d'accordo come europei sulla necessità di una Politica agricola comune? Siamo d'accordo come cittadini del mondo sul protezionismo alimentare?
L'accesso all'acqua è un diritto universale? L'acqua non è mercato? Chi ne è convinto - come lo sono io - cominci ad applicare queste convinzioni in Italia, ad esempio non privatizzando gli acquedotti e nemmeno trasformando in società per azioni le municipalizzate che hanno portato l'acqua in tutte le case del Veneto. Siamo d'accordo per una gestione pubblica e non finanziaria dell'acqua potabile nel Veneto?
|