Legge 185
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Monselice (Padova), 1 marzo 2009

Con l'adozione di una direttiva europea
Aggirata la legge italiana sul traffico di armi
Richiamare alla propria responsabilità i parlamentari di ispirazione cattolica

La legge 185/90 che regola l’esportazione delle armi, una delle leggi più avanzate al mondo, è stata aggirata da una direttiva UE. La legge 185/90 prevedeva che l'Italia (e le imprese italiane) non possa esportare armi a paesi in guerra, sottoposti a embargo dalle Nazioni Unite o che violano i diritti umani. Inoltre prevedeva una serie di autorizzazioni e di controlli necessari per qualsiasi esportazioni di armi. Tutte le esportazioni dovevano essere autorizzate dal Governo, indicato il tipo di armamenti trattato (anche singole parti di armamento), i quantitativi, il loro valore. Inoltre veniva indicato il destinatario e un "certificato di uso finale dell'arma" (cosa farà di quegli armamenti).
L’Italia adeguandosi alla direttiva UE, liberalizzerà il commercio delle armi tra i Paesi europei e il traffico delle armi verso i paesi in guerra sarà meno rigido nei controlli; di fatto, sburocratizzato.
Le lobby economiche, in testa la potente lobby armiera, sono così riuscite a capitalizzare le opportunità della globalizzazione, legalizzando tutte le operazioni di riciclaggio e del crimine guerrafondaio.
Vi ricordate le amare e ciniche considerazioni finali del protagonista del film Lord of war, un trafficante di armi finito in carcere? “Non ve la prendete, capisco i vostri sentimenti di rabbia e di impotenza contro gente come me. Io so come va a finire questa storia. Si aprirà la porta della cella e verrò rimesso in libertà perché, per quanto io sia una persona poco importante, sono una pedina fondamentale, insostituibile per il sistema politico/internazionale che si serve di gente come me per portare a termine affari (guerre per le materie prime, per l’acqua, per il petrolio, per i diamanti) con paesi dittatoriali con i quali non potrebbe aver rapporti diretti (sanzioni ONU? elenco fasullo degli Stati canaglia?)”.
La Chiesa in tutto questo ha qualcosa da dire? Perchè fa sentire la propria voce, forte contro i piccoli (caso Englaro e le dichiarazioni arroganti del cardinale Barragan) e titubante, balbettante contro i potenti?
Quanti saranno i morti ammazzati a causa degli affari delle lobby armiere mondiali e gli omicidi-assassinii in nome della realpolitik? Morti a giustificazione del Pil nazionale e mondiale. Morti perché nessuno si è alzato per tempo a rivendicare il loro diritto di vivere (gridandolo!) e a condannare senza appello i governanti occidentali (Usa compreso nel mucchio di Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Spagna, Russia, Cina, Giappone, India …Israele ..). Morti che davanti a Dio chiederanno giustizia e “molti chiarimenti” alla miriade di chiese e multiformità di fedi.
La Chiesa Cattolica perché non prende clamorosamente posizione e non condanna senza appello e scomunica i trafficanti di armi e i loro mandanti, i governanti? Noi li conosciamo. In ogni Paese hanno nome e cognome e si proclamano ogni giorno paladini della vita: difensori strenui fino alla decretazione d’urgenza!

Gastone Zilio

Risponde Tino Bedin

La direttiva europea non è automaticamente applicabile in Italia. Infatti i parlamenti dei 27 stati della Ue hanno tempo due anni per adottare le disposizioni legislative e regolamentari necessarie per conformarsi alla direttiva e dovranno renderle applicabili entro l'anno successivo. C'è tempo insomma per mettere in piedi una campagna politica che coinvolga i parlamentari di orientamento cattolico: a questi più che alla Chiesa occorre rivolgersi.
Ciascun paese, nel rispetto della direttiva, può salvaguardare le proprie scelte. Dubito fortemente che il governo di Destra italiano si premurerà di tenere fede ad una tradizione italiana di controllo sulla produzione di armi. Non lo ha fatto nella penultima legislatura, quando prendendo a pretesto proprio l'Europa, la Destra tentò di snaturare la legge 185. Non lo ha fatto ora in sede europea, prima che la direttiva venisse sottoposta al Consiglio e al Parlamento dell'Unione, distinguendo con nettezza la collaborazione industriale dalla commercializzazione.
Il punto essenziale è infatti questo: l'Unione Europea si preoccupa della integrazione produttiva nel settore della Difesa anche come strumento di integrazione politica della sicurezza europea; i produttori di armi possono ricavarne un beneficio applicando invece le leggi nazionali più favorevoli alla commercializzazione fuori dell'Europa. Non è complicato favorire la cooperazione industriale e regolamentare rigidamente il commercio. Basterebbe volerlo e la Destra italiana non lo vuole.

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di-646
1 marzo 2009
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Tino Bedin