Cari amici, sperando di fare cosa utile e gradita, vorrei contribuire con alcune riflessioni al dibattito sul Partito Democratico.
1) Nuovo partito = elezioni perse (?!?) - Ormai mi è capitato per ben tre volte: nel '94 abbiamo fondato il Partito Popolare, ed abbiamo perso le prime elezioni con il sistema maggioritario; nel 2001 abbiamo fondato la Margherita, ed abbiamo perso le elezioni con candidato Rutelli; nel 2008 abbiamo costituito il Partito Democratico, ed abbiamo perso con candidato Veltroni, e sempre contro Berlusconi! Alla terza volta mi ha preso un po' di stanchezza, ed ho deciso di restare fermo un giro... L'impressione è che il centrosinistra arrivi sempre un po' impreparato od in ritardo agli appuntamenti importanti, mentre il centrodestra sa probabilmente interpretare e rappresentare più direttamente i movimenti più o meno profondi della società italiana.
2) Il destino del PD - Nonostante l'esito delle elezioni dello scorso aprile, penso che la scelta del Partito Democratico sia irreversibile, ed un po' di conforto ci arriva anche dall'esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti; purchè però si superi definitivamete la fase della "fusione a freddo" avvenuta circa un anno fa, dove si sono assemblati in pratica due partiti già esistenti (Margherita e DS), le cui classi dirigenti hanno poi cooptato alcuni giovani in occasione delle elezioni politiche del 2008. La strada per far emergere, soprattutto dai territori, nuova classe dirigente, e di aggregare soggetti che provengono anche da altri partiti, è quella di effettuare primarie vere a tutti i livelli: per eleggere il coordinatore di circolo e dei vari livelli organizzativi, così come per individuare un candidato a sindaco, a presidente della Provincia o della Regione, ed ancora di più per individuare i candidati alle elezioni politiche, soprattutto finchè perdura questo sistema elettorale senza preferenze.
Diciamolo chiaramente: alla lunga è controproducente effettuare delle primarie delle quali si conosce già il vicitore: vale per Prodi nel 2005 e per Veltroni nel 2007. Se una gara dev'essere, che sia gara vera, autentica democrazia che parte dal basso (democratici davvero, come diceva Rosy Bindi, per la quale anch'io ho votato, proprio perchè non mi va per principio di stare con chi si sa già che vincerà, anche se poi ho riconosciuto la piena legittimità della leadership di Veltroni, la quale mi sembra però un po' deboluccia negli ultimi tempi).
3) Far partecipare ed emergere i giovani - È l'impegno che mi sento di assumere in questo periodo: è necessario, anche se difficile, aggregare giovani che abbiano voglia di affrontare l'impegno politico; una buona occasione è offerta anche dalle primarie del Movimento Giovani del PD, che si terranno presumibilmente venerdì 21 novembre. Se tra chi mi legge c'è qualche giovane che ha partecipato alle primarie dell'anno scorso e che vuole interessarsi un po' di più alla vita sociale e politica del Paese e del territorio, può liberamente contattarmi per avere indicazioni e/o suggerimenti; considero importante non tanto e non solo costituire un gruppo organizzato di giovani del PD (ben venga se questo succederà), quanto piuttosto creare semplici occasioni di aggregazione tra giovani del territorio che vogliano dotarsi di qualche strumento anche culturale per capire meglio il contesto politico ed amministrativo.
Risponde Tino Bedin
Il tema di fondo resta tuttavia quello che Gabriele Donola pone in forma dubitativa: come riuscire ad essere parte del popolo in modo da esserne contemporaneamente espressione ed interprete? Soprattutto: è tutto il popolo che ci interessa o solo la parte che ci basta per vincere le elezioni? Oppure: abbiamo l'ambizione di progettare una risposta politica nazionale? Il breve spazio di un commento non consente di approfondire queste domande. Farcele però potrebbe far superare anche il senso di impotenza. Magari si potrebbe cominciare a darsi delle risposte a livello locale, là dove le ideologie contano un po' meno e le persone un po' di più.
|