Molto è già stato detto su questo tema, ma qui siamo in presenza di una ricerca che temporalmente si colloca dopo il voto dell’aprile 2008. E’ questa la novità e la singolarità dell’analisi.
Il mio commento si concentra in otto punti e in una riflessione propositiva.
1. Il fossato tra PD e PDL
La distanza tra PD e PDL è veramente rilevante: 8.3 punti a favore del PDL tra i cattolici praticanti impegnati cioè il doppio della differenza tra i due elettorati; 14.3 punti tra i praticanti non impegnati; e 13 punti tra i saltuari. La situazione si rovescia per non credenti e non praticanti: 33 punti di vantaggio sui non credenti per il PD e 7 punti sui non praticanti.
Solo che in questo secondo caso parliamo del 23,8% della popolazione, là del 74,6% (cioè praticanti, impegnati e saltuari). A ciò si aggiunga il voto sofferto degli impegnati che ricuperano all’ultimo miglio (+5.2). Poteva andare peggio!!
Catastrofisti, rassegnati o rassicuranti? Direi nessuno di questi tre atteggiamenti, perché la tenuta del PD tra gli impegnati potrebbe essere una base di partenza, per il radicamento di un nuovo partito.
Neppure rassegnati; costoro dicono: i cattolici sono a destra, inutile rincorrerli. Non perdiamo tempo, cerchiamo altrove. Ma in Italia ciò significa consegnarsi ad una sicura sconfitta.
Né tantomeno rassicuranti, come chi dice “non è successo niente”. Anzi abbiamo ricuperato proprio tra gli impegnati. E quindi il problema non esiste, quasi a voler cancellare la realtà.
Io dico: guardiamo in faccia questa realtà dura sapendo che dobbiamo rovesciare una specie di automatismo mentale: e cioè che coloro che sono più consonanti e più attenti all’insegnamento della Chiesa debbano necessariamente collocarsi a destra e, specularmene, coloro che ne sono più distanti o critici collocarsi a sinistra. Non è un destino ineluttabile. E’ li che si può lavorare.
2. I driver della campagna elettorale
Sicuramente hanno influito due fattori: le tante paure e la volontà dei due principali partiti di mettere da parte i temi etici che avevano creato molti scontri. Dimenticati? No il caso Englaro, le continue incursioni della tecnica o il dramma dell’aborto ripropongono con forza la vita come nuova frontiera della questione sociale. Forse il minor furore ideologico, potrebbe aprire la strada a qualche ragionevole dialogo. Guai a mettere sotto il tappeto questi temi. Prima o poi riemergerebbero in modo virulento.
3. I temi sociali: la paura la fa da padrona
L’immigrazione rappresenta la paura principale: il 51% dice che il numero degli immigrati va ridotto. E i cattolici sono della stessa idea. Anzi un po’ di più. Nonostante l’insegnamento della Chiesa. Segno che la paura fa 90.
Anche se tra via multiculturale e quella dell’arroccamento, il 60% vuole un’integrazione che abbia come base la nostra cultura, pur rispettando le culture degli immigrati. Insomma non siamo un paese razzista, ma un paese impaurito dalla velocità del fenomeno immigrazione e dalla mancanza di una sua gestione ragionevole.
Sulla 194: è pur vero che i cattolici presentano significative differenze, ma il 54% del campione sostiene che, più che modificare la legge, sia importante applicarla nella parte preventiva per evitare gli aborti e sostenere la maternità. Non una rinuncia ai propri principi, ma un cercare di evitare lo scontro ideologico paralizzante(anche se un terzo dei cattolici, la vuole modificare o cancellare) in modo da conseguire risultati tangibili evitando il moltiplicarsi degli aborti, specie tra le donne immigrate. Neppure tra i non credenti e non praticanti, vince il partito “la 194 non si tocca”.
Sul nucleare. Il partito del “NO” ha una solida maggioranza relativa (43%) anche tra i praticanti, ma tra il no e il sì senza condizioni (23%) si fa strada un partito del sì, a condizioni che il nucleare sia più sicuro (29%). L’appartenenza religiosa è solo parzialmente discriminante.
I non credenti, non praticanti sono più antinuclearisti.
4. PD e cattolici: meno paura, più fiducia
Una notizia positiva: più affidamento e meno paura di un’egemonia laica. Un segnale di qualche importanza rispetto alla fase della gestazione. Significa che qualcosa di positivo nel processo di costruzione si è sedimentato.
Ma tra coloro che ritengono che ci siano forze più rappresentative dei valori dei cattolici (40%), il PD non ne esce molto bene. Molto meglio l’UDC e il PDL. Ma ciò è anche un riflesso speculare: l’UDC proietta un’immagine che è anche un confine identitario.
5. PD e radicali: un finto jolly
La scelta è giudicata negativamente da più di 1/3 del campione e dal 46% dei cattolici impegnati. Chi da più credito, chiede anche più coerenza. Comunque la scelta è giudicata poco coerente anche dagli elettori PD (35% no contro 38% sì) e il resto non sa. Come dire: se era un Jolly, pochi lo hanno capito e dunque è andato sprecato. Anzi ha frenato la capacità attrattiva, ha offuscato la novità PD. Ha, probabilmente fermato il possibile sfondamento al Centro.
6. Partito dei cattolici: no grazie
No dal 78% e anche dai cattolici praticanti (74%). Non è più il confine identitario, la terra promessa per i cattolici in politica. E’ la sfida in mare aperto, è la cittadinanza piena nei diversi schieramenti politici, nel PD in primis. Semmai il compito è costruire un PD meno timoroso o resistente a valorizzare la presenza dei credenti nel centrosinistra.
7. Il Magistero: più attenti all’insegnamento della Chiesa che praticanti
Atteggiamento maggioritario: l’autonomia della coscienza è grande 57%. L’area di chi considera il Magistero in modo negativo è ridotta. L’invasione di campo da parte della Chiesa è ferma al 15%.
Ma è sui singoli temi che c’è la maggior novità: la Chiesa è più ascoltata o più capace di interpretare un sentire comune sulla pace (1), sulla mafia (2) sul matrimonio omosessuale (3), sull’immigrazione (4).
Quest’ultimo forse il tema più ostico, quasi a conferma delle paure richiamate. Resta comunque un 54% (cioè il 20% in più dei praticanti) che sono o sostenitori o attenti all’insegnamento della Chiesa. Cioè l’ascolto è nettamente superiore alla pratica/credenza.
8. Devozione
Tra i devoti e i fedeli ci sono 15 punti in più dei praticanti. E tra i non credenti e non praticanti resta un residuo di “religione del cuore; ma per converso tra i praticanti si fa strada una religiosità più individuale, meno comunitaria. Insomma resistenza all’ipersoggettivismo, alla modernizzazione senza valori, ma anche soggettivismo e individualismo nell’esperienza di fede.
9. Proposte
Per il PD è necessario aprire un itinerario, dei luoghi di costruzione dell’identità del partito dove ci sia spazio per condividere una visione positiva della laicità: né laicismo, né radicalismo religioso, per dirla con Habermas.
E’ anche quello che ha detto Cacciari a Montecatini: basta con la cultura tardo liberale, basta con le “morte separatezze”, dove tutto il dibattito è concentrato nel definire i confini entro cui la Chiesa deve restare. Un’esperienza religiosa, forte della sua radicalità, della sua irriducibilità alla politica può essere una risorsa straordinaria per chi vuole costruire parole ragionevoli di speranza attraverso la politica.
E c’è anche un compito per i non pochi credenti che militano nel PD: forse viene il tempo di una riflessione non banale su come è cambiata l’area cattolica e i sentimenti che circolano in questa forse ultima rete del popolo. Spesso ci sono immagini datate che ignorano che i cattolici sono invece molto cambiati. Occorre ascoltare Blair: le fedi religiose avranno nel XXI secolo la stessa importanza che hanno avuto le ideologie nel secolo scorso. Anche qui occorre andare oltre il ‘900 e lasciarsi alle spalle ciò che è consegnato irrimediabilmente al passato.
Per intraprendere questo viaggio serve più coraggio e più speranza.
Luigi Bobba
Deputato Partito Democratico