La Finanziaria 2008 ha introdotto la class action, ma, che cos'è la class action?
La class action è un'iniziativa comune giuridica, negoziata da uno o più soggetti che, componenti della categoria, impongono che, la decisione di un problema sociale comune di fatto o di diritto, avvenga con esecuzioni al di sopra delle parti (c.d. conciliazione) per tutti i componenti presenti e futuri della categoria.
Gli altri soggetti, della medesima categoria, possono chiedere di non beneficiarsi dell'iniziativa altrui ed agire, invece per proprio conto oppure, possono essere inattivi avvantaggiandosi dell'attività processuale altrui che avviene sulla base del modello rappresentativo.
Con l’iniziativa comune si possono anche istruire richieste risarcitorie (nei casi di illecito plurioffensivo), ma l’atto, oltre alle note funzioni di dissuasioni, consegue anche innegabili privilegi di economia processuale e di risparmio della spesa pubblica.
L’iniziativa comune (class action) è la forma migliore con cui i singoli cittadini possano disporre di una effettiva tutela e indennizzati dalle offese delle grandi imprese e delle società multinazionali, in quanto il relativo giudizio favorevole avrà poi esito o potrá essere fatto valere da tutti i soggetti, che si riscontrano nella medesima condizione dell'attore.
Chiarito il concetto, ritengo fuori luogo gli allarmismi della Confindustria e quelli di pseudo-economisti direttamente interessati e contro ogni forma di trasparenza del mercato. Sul fatto che l’entrata in vigore della class-action comporti catastrofiche conseguenze come affermato da certi ambienti:"Così le aziende saranno ricattabili", "Le aziende corrono pericoli di fallimenti e di crisi", "La class-action è una norma rozza", "La class action è il peggior testo tra quelli in circolazione". O non si sa quello che si dice oppure questi signori non hanno bene letto l’emendamento inserito nella recente Finanziaria. Con la class action, si attua una tutela a favore non solo dei cittadini ma anche a favore delle multinazionali e delle imprese. Un esempio per tutti: se, ci fosse stata la possibilità di applicare la class action alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità dell’anatocismo bancario, non ci sarebbero state migliaia di singole cause contro le banche, non ci sarebbero state le ritorsioni di chiusura e revoca dei conti nei confronti “degli esposti” e di quelli che legittimamente hanno richiesto di essere rimborsati del “maltolto”, non ci sarebbero state sentenze provvisorie rilasciate dai giudici su titoli non certi, ed attraverso i quali, essendo questi provvisoriamente esecutivi, le banche per poche centinaia di euro, hanno bloccato interi patrimoni dieci, cento, mille, volte superiore alla cifra che a fine causa potrebbe risultare superiore alle pretese della banca,” o meglio ancora non avrebbero costretto i malcapitati “ricattati” dalle banche a rivolgersi agli usurai per pagare un debito, che nel 90% dei casi diviene credito per il contocorrentista per effetto del ricalcolo degli interessi anatocistici e per la restituzione di competenze e spese non dovute nel corso di anni pregressi. Al contrario da una prima lettura della norma introdotta con l’emendamento alla finanziaria, cioè la class action, si capisce subito che questa è una norma che deve essere approvata dal Parlamento senza “aggiustamenti”, primo: perchè la class action ha dato ottimi risultati in America e nei Paesi Europei che l’hanno adottata; secondo: perchè l’azienda o la multinazionale chiamata a rispondere di eventuali illeciti se ha operato bene, non ha nulla da temere, anzi al contrario sono chiariti in breve tempo i fatti che se, contestati attraverso la giustizia ordinaria, si rileverebbero di inutile portata, e non darebbero giustizia a nessuno dei due contendenti, Parmalat insegna. A mio avviso, se, una modifica deve essere fatta è quella, che nella scrittura del regolamento da parte dei Ministeri interessati (Giustizia e Attività Produttive), deve essere inserita la norma dell’obbligatorietà della conciliazione piuttosto che un richiamo generico alla alla stessa così come recita l’attuale emendamento. Allo stesso modo, non è di meno importanza, il fatto che la disciplina dell'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori non deve spettare solo a quelle associazioni di consumatori e di utenti di cui al comma 1 dell'articolo 139 del T.U. , ma deve essere data la possibilità anche alle associazioni localistiche che sono portatrici di interessi legittimi di consumatori che, non vogliono o non fanno parte delle organizzazioni di cui al citato articolo, il tutto poi, in conformità a quanto previsto dall'articolo 24 della Costituzione.
Giovanni Pecoraro presidente Anpar
Risponde Tino Bedin
L'Italia ha fatto con la class action un passo avanti a difesa della parte più debole del mercato, il cittadino consumatore-utente. Il consumatore è un cittadino e davanti a un torto non può essere lasciato solo né deve star zitto e subire. Come una buona impresa ha interesse ad avere di fronte un consumatore consapevole, così un cittadino-consumatore ha interesse a che venga preservata la reputazione di una buona impresa. C'è, insomma, un interesse sia del consumatore sia dell'impresa a un mercato aratterizzato da un nuovo senso civico. Con la decisione del Senato l'Italia dimostra la capacità essere in prima fila nella discussione sulla tutela dei consumatori e sulla qualificazione del mercato, cioè nella direzione intrapresa in Europa, dove una dozzina di Paesi hanno introdotto le azioni risarcitorie collettive o sono in via di elaborazione e dove in materia ha preso l'iniziativa la stessa Commissione Europea.
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