Immigrazione e cooperazione
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Padova, 22 giugno 2007

Il Doha Round dopo lunga agonia è definitivamente morto e sepolto?
Commercio mondiale: da Potsdman nulla di nuovo
Scelte decisive di cui nessuno rende conto agli elettori

Alla vigilia Peter Mandelson aveva affermato che Potsdam non avrebbe concluso il Doha Round, ma avrebbe certamente stabilito le reali possibilità di chiudere positivamente il negoziato.
Potsdam è la località tedesca in cui in questa settimana i ministri di Ue, Usa, India e Brasile - il cosidetto G4 che raggruppa i maggiori protagonisti dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) - hanno tentato di trovare un accordo per evitare un fallimento del negoziato sulla liberalizzazione del commercio mondiale, quello che viene comunemente chiamato il negoziato di Doha, dal nome della capitale del Qatar dove nel 2001 prese avvio, con l'obiettivo di porre la liberalizzazione degli scambi al servizio dello sviluppo dei paesi più poveri.
Il commissario europeo al commercio Peter Mandelson, la commissaria Ue all'agricoltura, Mariann Fischer Boel, la segretaria americana al commercio, Susan Schwab, il ministro del commercio indiano, Kamal Nath, e il ministro degli esteri brasiliano, Celso Amorim, si sono ritrovati alla residenza di Cecilienhof (dove subito dopo la Seconda Guerra mondiale si tenne la Conferenza di Potsdam fra i vincitori - Stalin, Truman, Churchill - sul futuro assetto dell'Europa) per un incontro informale a porte chiuse, ufficialmente non organizzato dal WTO, ma considerato fondamentale per un eventuale accordo complessivo, allargato a tutti i 150 membri dell'organizzazione mondiale del commercio.
Alla vigilia erano unanimi le dichiarazioni di auspicio da parte delle parti in causa, ma nel pomeriggio di ieri, Kamal Nath e Celso Amorim hanno lasciato i tavoli del negoziato. Il ministro brasiliano ha detto che era "inutile" continuare a trattare.
Inutile leggere le dichiarazioni alla stampa da parte dei quattro attori saliti sul palcoscenico di Potsdam, parole già dette, simili alle repliche dei programmi televisivi che le tv ripropongono in estate per riempire i loro palinsesti.
Ognuno è deluso del fallimento, anche perché era pronto a fare generose concessioni ma a mancare sono state le concessioni altrui. Sono le identiche dichiarazioni di un anno fa (23/24 luglio 2006), quando gli stessi attori, più Australia e Giappone, si erano riuniti a Ginevra, sull'onda della dichiarazione che il G8 di San Pietroburgo che aveva fatto appello a "uno sforzo condiviso per concludere i negoziati dell'Agenda per lo sviluppo di Doha ed ottemperare agli obiettivi per lo sviluppo del ciclo di negoziati".
Un anno fa Susan Schwab, rappresentante USA per il commercio si era espressa così: "Siamo ovviamente molto delusi che il G6 non sia riuscito a trovare un accordo la scorsa notte. Gli Stati Uniti sono venuti a Ginevra disposti ad offrire di più sui sussidi domestici e sull'accesso al mercato. Abbiamo seriamente preso in carico l'ammonimento dei leader del Summit G8 di San Pietroburgo, ma sfortunatamente le promesse di flessibilità e di accesso al mercato di San Pietroburgo non si sono materializzate a Ginevra".
Ieri il comunicato stampa statunitense recitava che: "Gli USA hanno lavorato intensamente per creare il consenso necessario all'avvio del Round, lo abbiamo sostenuto nei momenti difficili, e recentemente abbiamo mostrato sempre più flessibilità per raggiungere un accordo. Purtoppo, alcuni membri chiave continuano a non mostrare analoga flessibilità e sul tavolo [dei negoziati] non hanno posto la benchè minima proposta addizionale di accesso al mercato".
I commenti europei sono esattamente gli stessi, secondo Mariann Fischer Boel, "l'Europa era pronta a tagliare le proprie tariffe agricole del 50%, eliminare i sussidi all'esportazione entro il 2013 e tagliare i sussidi domestici distorsivi di più del 70%", peccato non vedere analoga flessibilità nei partner; la commissaria all'agricoltura ha ammonito il resto del mondo che l'UE non farà analoghe concessioni agricole in nessun accordo bilaterale.
Davvero suonano lontane le affermazioni dell'allora capo negoziatore americano Zoellick, nuovo presidente della Banca mondiale, che a Doha aveva dichiarato: "Su un'ampia varietà di questioni, dalla liberalizzazione dell'agricoltura alla riduzione dei dazi doganali sui prodotti industriali, abbiamo mostrato come i nostri interessi possano convergere con quelli del mondo in via di sviluppo".
La verità è che questo non è mai accaduto. La WTO è nata sancendo una condizione di squilibrio nell'ambito delle regole del commercio internazionale che favorisce i paesi industrializzati a danno dei paesi più poveri. Il nono negoziato mulitlaterale avviato a Doha avrebeb dovuto sanare questi aquilibri o quantomeno invertire la rotta. Ma USA ed Ue (ed altri), non hanno mai inteso questo scopo, non è nella loro natura concepire un negoziato commerciale che non sia una lotta per ottenere maggiori spazi di esportazione per le proprie imprese nei mercati esteri, contenendo al minimo le concessioni proprie. In questa logica non c'è spazio reale per un Round per lo sviluppo altrui, se non nella retorica; il meeting di Potsdam non poteva perciò condurre ad alcuna soluzione positiva.
Del resto le concessioni agricole enunciate dalla Fischer Boel sono le stesse di un anno fa, il "dramma" europeo è di non poter far altro che tentare di "vendere" la propria riforma agricola del 2003, il disappunto della commissaria è di veder sfumare questa occasione al contrario di quanto accadde nell'Uruguay Round. Gli USA hanno sempre espresso disponibilità per bocca di Susan Schwab, ma alle sue spalle il Congresso americano ha sempre espresso tutt'altra posizione e oggi non ha alcuna intenzione di dover sottostare ad imposizioni "straniere" nella riscrittura della propria finanziaria agricola.
Hanno assolutamente ragione Brasile ed India ad affermare che con queste condizioni, trattare è inutile, perché quello che USA ed Ue desiderano è solo un sì alle loro condizioni.
Cosa succederà ora? Il Doha Round dopo lunga agonia è definitivamente morto e sepolto? Formalmente no, Pascal Lamy, direttore dell'Organizzazione mondiale del commercio, invita tutti i membri a riprendere oggi i negoziati nella loro sede deputata, ma sostanzialmente sì, nella realtà il "Round per lo sviluppo" non è mai iniziato.

Roberto Meregalli
Beati i costruttori di Pace - Tradewatch

Risponde Tino Bedin

L'analisi è del tutto condivisibile e non devo far altro che sottoscriverla. Con una sola osservazione: di queste decisioni nessuno porta la responsabilità democratica. Esse incidono profondamente sul presente e sul futuro anche degli italiani (non solo delle persone del Sud del mondo), ma non sono oggetto di valutazioni parlamentari (né al Parlamento italiano né al Parlamento europeo) e quindi di assunzione di responsabilità e di "rendicontazione" degli eletti ai cittadini. Fondo Monetario e Organizzazione mondiale del commercio non cambieranno da soli. Mi aspetto che non solo qualche sparuto parlamentare ma le grandi forze politiche, a partire dal futuro Partito Democratico, mettano questo tema nella loro agenda.

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di-578
5 luglio 2007
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Tino Bedin