Cari e Care,
sperando di farvi cosa gradita vi giro questo documento che, in vista dei congressi dei DS e della Margherita, vorrebbe provare a dare un contributo propositivo e positivo al dibattitto in corso per determinare la nascita del Partito Democratico. Un contributo da cristiani e da cittadini al quale vi chiedo di valutare la possibilità di aderire personalmente. Non un semplice appello ma un documento vero e proprio per affrontare i temi e provare a darne una lettura a partire dalla nostra esperienza di laici impegnati nel sociale, nel politico e nelle professioni.
L'idea, l'indice e il cuore dei contenuti nascono dal dibattitto che si è svolto nella recente assemblea dei Cristiano Sociali introdotta dalla relazione di Mimmo Lucà. Il testo è il frutto di una elaborazione e di un lavoro più largo che nelle scorse settimane a coinvolto molti.
Sarei davvero felice se voleste firmarlo o comunque provare a reagire girandoci un vostro pensiero.
Per l'adesione potete scrivere a me: fabio.protasoni@tin.it; oppure a: info@cristianosociali.it. Grazie.
Fabio Protasoni
Cristiani per il Partito democratico
Laicità, buona politica, riformismo solidale
1.
La politica italiana si trova ad un nuovo crocevia della sua storia: può uscire dalla crisi che la sta estenuando oppure conoscere una ulteriore involuzione. Di questa emergenza c'è una consapevolezza diffusa nel Paese. Crescono, tra gli italiani, un bisogno di prospettiva ed una domanda di buona politica che non trovano risposte adeguate.
Il governo Prodi sta affrontando ogni giorno questioni e sfide che coinvolgono i destini del Paese e, viste le condizioni in cui deve operare, sta facendo un lavoro significativo. Si avvertono acutamente le difficoltà di una maggioranza in grado di garantirgli un solido sostegno.
Il Partito Democratico promosso dalle forze dell'Ulivo, può essere l'impulso nuovo capace di imprimere alla politica italiana la spinta verso l'innovazione e le riforme. Può anche tradire le aspettative, però, se rimane chiuso nei gruppi dirigenti e non cerca più forti collegamenti con la società.
Per questo proponiamo di avviare da subito un percorso, a partire dalle realtà territoriali, che coinvolga tutti i soggetti interessati: partiti, associazioni, movimenti, singole personalità, per costruire le condizioni affinché si possa svolgere un'Assemblea costituente ampia e rappresentativa già entro il prossimo autunno.
Si darebbe così agli italiani il segnale che il Partito Democratico non è impegno esclusivo dei due maggiori partiti dell'Ulivo. Il partito nuovo non può nascere come somma competitiva dei loro gruppi dirigenti.
Ai congressi dei Democratici di Sinistra e della Margherita chiediamo di trovare in se stessi lo slancio e l'unità che sono necessari per una scelta definitiva. Il soggetto unitario deve segnare un progresso credibile verso la riforma della politica.
2.
Noi chiediamo di intensificare anche la ricerca di una forte convergenza sui contenuti. Il Manifesto predisposto dai Saggi è un primo passo. Ora però va organizzata una discussione ampia, aperta e trasparente. Il Partito Democratico deve impegnare le diverse sensibilità e tradizioni in una forte innovazione culturale e programmatica che si ispiri alla Costituzione della Repubblica, frutto di una straordinaria sintesi tra forze e culture diverse che ha dimostrato grande validità e vitalità.
Su tale strada, noi firmatari di questo appello, ci siamo incamminati attraversando i confini delle vecchie appartenenze. Ci sentiamo impegnati a dare, già nella fase costituente, un contributo culturale e programmatico in grado di interagire con tutti gli altri.
Non progettiamo una corrente cristiana nel nuovo partito. Ci muove la volontà di far valere, nella cultura politica del Partito Democratico, l'apporto di un riformismo che ha radici nella tradizione cristiano sociale, nel cattolicesimo democratico di matrice popolare, nel solidarismo che si esprime nel volontariato, nell'associazionismo di cittadinanza, nel sindacato, nelle comunità parrocchiali. È un riformismo che dà centralità alla questione sociale e richiede scelte radicali di innovazione e di cambiamento nell'organizzazione dell'economia, della politica e della società, anche nella dimensione internazionale. Un riformismo consapevole che non c'è pace senza sviluppo e non c'è vero sviluppo se non orientato alla promozione umana e alla giustizia sociale.
Sono tre, per noi, gli assi portanti di una nuova cultura riformista: la laicità, come criterio fondante e metodo permanente della democrazia politica; la buona politica, come orizzonte di senso di una riforma capace di ridare credibilità alla democrazia; il riformismo solidale, alimentato dai valori irrinunciabili dell' equità e della solidarietà.
3.
Nella società aperta e plurale, la laicità democratica va ripensata come la condizione di un dialogo costante, orientato alla convivenza civile e al bene comune. Una laicità che deve continuare a garantire la Repubblica da ogni forma di integralismo religioso, ideologico ed economico, ma che deve anche stabilire forme e regole per il riconoscimento e il dialogo tra tutte le culture - religiose o secolari - che scelgano di muoversi nello spazio pubblico per contribuire alla costruzione del bene comune.
Tra laicità democratica e libertà religiosa viene così a formarsi un rapporto di reciprocità. Le diverse fedi religiose accettano e praticano il principio e il metodo della laicità democratica; e la Repubblica riconosce e promuove la loro libertà di esprimersi anche nello spazio pubblico, valorizzando il loro contributo alla qualità dello sviluppo umano e della società civile.
Il Partito Democratico deve pensarsi come un laboratorio avanzato di questa laicità rinnovata. Costruire insieme un nuovo partito spinge le diverse tradizioni riformiste oltre il dialogo. Di fronte ad inedite sfide, è compito dei riformisti elaborare una nuova etica pubblica. Un'etica capace di stabilire principi e valori condivisi per promuovere concretamente, nel Paese, un tessuto di convivenza autenticamente civile, di legalità, di giustizia sociale.
La laicità esige la ricerca di una mediazione etica e antropologica, in grado di comunicare il legame tra i valori che la politica afferma e la sua capacità di promuovere autenticamente la persona umana. È lo stile che ha animato i nostri Costituenti e che ha consentito di mettere a fondamento della Carta una sintesi condivisa. Una sintesi permeata dai valori del personalismo e del solidarismo cristiano ben più di quanto sarebbe stato possibile praticando una prova di forza attorno a verità contrapposte.
4.
L'assenza di un tale stile di laicità pesa oggi sul confronto, spesso aspro, che si va svolgendo sulle unioni di fatto. La recente Nota della CEI sulla famiglia ha suscitato ancora una volta opposte reazioni: c'è chi ha gridato all'indebita ingerenza e chi si è affrettato a darne una lettura politica strumentale.
La Nota contiene indicazioni importanti ed impegnative. È giusto che i Vescovi, esercitando la loro responsabilità "di illuminare la coscienza dei credenti", forniscano all'attenzione dei cattolici "ragioni valide e condivisibili da tutti a vantaggio del bene comune". Ma è ugualmente giusto che essi non diano in alcun modo l'impressione di volersi sostituire alla irrinunciabile responsabilità dei laici cristiani. I cattolici, in politica, non stanno per mandato della Chiesa, ma spinti dalla specifica passione per il bene comune alimentata dalla fede e da un'autentica vocazione umana.
È costitutivo, per noi, formare continuamente la nostra competenza e la nostra coscienza per essere in grado di vagliare le nostre scelte e la loro coerenza con i valori ispirati dalla fede e promossi dal magistero. Questo è il modo in cui esercitiamo la nostra responsabilità di cittadine e cittadini di uno stato laico, impegnati in un servizio al bene comune inscritto nei principi della Costituzione.
Condividiamo pienamente il riferimento al valore della famiglia per la crescita delle persone e della società e da sempre operiamo per promuoverla.
La Nota dei Vescovi si riferisce in modo evidente alla discussione sui diritti dei conviventi, dichiarando inaccettabile la legalizzazione delle unioni di fatto. Il disegno di legge del Governo non contempla una tale legalizzazione e non introduce una nuova figura giuridica alternativa al matrimonio e alla famiglia. Neppure contrasta con la direzione indicata dalla stessa Nota: si riferisce alle "situazioni concrete nelle quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive" per predisporre strumenti giuridici che incoraggiano reciproche assunzioni di responsabilità e di solidarietà. Rinunciare a promuovere questi valori e questi contenuti vorrebbe dire rinunciare a promuovere il bene di una parte non marginale della società.
Ci impegnamo fin d'ora, coerentemente con quanto stabilito dalla Costituzione all'art. 29, affinché non sia avviato un percorso di equiparazione delle unioni di fatto alla famiglia fondata sul matrimonio. Una cura non minore metteremo, d'altra parte, nel verificare che alle persone conviventi sia consentito l'accesso a diritti previsti dalla stessa Costituzione e finora negati.
Ai nostri Vescovi torniamo a chiedere, con insistenza, di individuare forme ordinarie di coinvolgimento dei laici impegnati in politica nei percorsi che formano orientamenti e pronunciamenti che toccano così direttamente le loro responsabilità.
5.
Per essere "buona" la politica deve ritrovare il suo senso, ridefinire i suoi fini e ripensare le sue forme. Il tempo che viviamo non consente politiche di corto respiro. È buona una politica che torna ad investire sulla propria moralità e quindi promuove un'etica pubblica condivisa e vigila sulla coerenza tra mezzi e fini. Una politica che contrasta ogni appropriazione privata delle istituzioni ed ogni forma di corruzione; promuove la partecipazione dei cittadini; assume la cultura della responsabilità, della legalità e delle regole; fa seriamente i conti con lo scandalo dei suoi costi; investe nella formazione di una classe dirigente rinnovata; supera gli inaccettabili squilibri di genere nella rappresentanza e nelle istituzioni del paese.
Far avanzare questo orizzonte esige, concretamente, due condizioni. La prima è la riforma della legge elettorale. Restiamo convinti che debba essere fatta al più presto e debba salvaguardare la prospettiva e le condizioni di un sistema bipolare e di una compiuta democrazia dell'alternanza. Per questo abbiamo appoggiato la promozione del referendum.
La seconda condizione riguarda gli assetti istituzionali: il processo di riforma va portato a compimento. Va finalmente realizzato un federalismo solidale, fondato su un equilibrio dinamico tra autogoverno delle autonomie locali e governabilità nazionale. E ci sta a cuore una più sostanziale applicazione del principio di sussidiarietà, condizione basilare per dare nuova linfa alla democrazia nella società plurale.
Consideriamo decisivo, in questo quadro, il rilancio della concertazione, che deve tornare ad assumere il respiro di un sistema di programmazione negoziata dello sviluppo tra governi istituzionali e parti sociali.
6.
Nel nuovo partito noi vogliamo portare la cultura politica e le proposte del riformismo solidale, per affermare che non c'è vera modernità senza sviluppo umano, equità, coesione sociale. La modernità è il tempo in cui siamo chiamati a vivere e a portare il nostro contributo. Noi crediamo nell'innovazione: riconosciamo le straordinarie opportunità che le trasformazioni della nostra epoca offrono al genere umano, ma agiamo perché tutti e tutte possano fruirne. Questo vuol dire contrastare con determinazione le distorsioni e le ingiustizie di un capitalismo globale imperniato sul liberismo, che pretende di mercatizzare tutto, compresa la vita e i beni essenziali naturali come l'acqua.
L'idea-forza della solidarietà sta alle radici della sinistra, del cristianesimo sociale, di tanta parte del cattolicesimo democratico. Il Partito Democratico può farla uscire dalla marginalità in cui l'ha relegata il neoliberismo e rilanciarla alla luce dei cambiamenti sociali.
Nessun processo di innovazione può affermarsi a danno dei diritti delle persone, dello spirito pubblico, del bene comune. Altrimenti l'uguaglianza delle opportunità diventa puramente formale.
La giustizia supera la dimensione individuale e non può fare a meno della solidarietà. La strategia dei diritti, da sola, fa spesso parti uguali tra disuguali. L'azione solidale, per noi, è il complemento necessario delle strategie di pari opportunità e delle politiche di equità.
Il riformismo solidale si misura con le sfide di questo tempo dell'incertezza: il lavoro flessibile, esigenza della società della conoscenza, diventa precarietà senza diritti e spegne la fiducia dei giovani nel futuro; l'economia pretende di piegare tutto alla sua logica; torna la guerra come sanguinoso leit-motiv della nostra vita quotidiana; il terrorismo internazionale può colpirci in ogni momento. Fino ad una questione ambientale che si rivela in tutta la sua urgenza e la sua gravità.
Una buona politica deve avere il coraggio di guardare in faccia queste sfide. E per affrontarle deve darsi un obiettivo irrinunciabile: diventare globale. Solo così potrà costruire un reale equilibrio multipolare e un sistema di governo mondiale fondati sulla pace, la democrazia, la cooperazione tra i popoli. Solo così potrà offrire speranza, valori e futuro dignitoso ai giovani e alle giovani e potrà tornare ad appassionarli.
Questo vuol dire assumere un forte respiro internazionale, fondato sulle priorità del risanamento ambientale e dello sviluppo sostenibile e centrato su un insieme di obiettivi qualificanti: un commercio equo e solidale; un lavoro dignitoso per tutti e per tutte; un forte impegno per la lotta alla povertà; la cancellazione del debito; la promozione dello sviluppo sostenibile dei paesi poveri; la cooperazione internazionale.
Il Partito Democratico dovrà impegnarsi perché l'Italia svolga un ruolo deciso per la riforma democratica ed il rafforzamento delle istituzioni multilaterali, per regole commerciali e finanziarie eque e per una internazionalizzazione produttiva basata su nuove regole per il rispetto dell'ambiente, dei diritti umani e del lavoro.
Alla riuscita di questo disegno è indispensabile un'Unione Europea che si dia finalmente il profilo e gli strumenti di un attore globale.
7.
Sul terreno programmatico, segnaliamo alcune priorità. Siamo per una politica di sviluppo che fa della conoscenza e dell'innovazione il suo vettore portante e contrasta la precarietà e l'insicurezza sociale.
Proponiamo un Piano sociale nazionale per un welfare di sviluppo che faccia interagire i diversi ambiti: politiche attive del lavoro; investimento su scuola, università e ricerca; politiche della famiglia; riqualificazione del welfare; lotta alla povertà.
Una politica attiva del lavoro deve concentrarsi su tre assi portanti: un forte investimento nel capitale umano che riqualifichi il sistema educativo e poggi sulla formazione lungo tutto l'arco della vita; l'estensione dei diritti e delle protezioni sociali ai lavori oggi non tutelati e un efficace sistema di ammortizzatori sociali; misure tendenti a favorire la conciliazione tra tempi di lavoro, vita familiare e attività di cura, in modo da promuovere una vera parità di genere nel lavoro, l'occupazione femminile e la qualità di vita delle famiglie e dei giovani.
Sul versante sociale, il Piano deve prevedere: un'Agenda famiglia che potenzi attorno ad essa reti di protezione e promozione sociale e di lotta all'abbandono scolastico e al lavoro minorile; il rilancio della Legge 328; un progetto obiettivo di lotta e all'esclusione sociale, che privilegi le aree metropolitane e il Mezzogiorno; una politica dell'immigrazione orientata all'integrazione e all'inclusione nella cittadinanza.
È urgente realizzare un welfare solidale che segni il passaggio da politiche risarcitorie a politiche attive. Che preveda forti politiche pubbliche ed abbia il suo baricentro nelle dimensioni locali e comunitarie, promuova il volontariato e la cittadinanza attiva e investa sulle dimensioni sociali dell'economia di welfare.
8.
Mentre siamo impegnati nella costruzione del Partito Democratico, ci sentiamo ugualmente impegnati a difendere e a rendere più reale la coesione di tutta l'Unione.
Ed ecco perché rivolgiamo un appello a tutti coloro che nella prospettiva del Partito Democratico sembrano vedere un abbandono dei valori della sinistra. Questi valori e molte delle conquiste storiche che essi hanno contribuito ad affermare - valga per tutte lo Stato Sociale - sono oggi patrimonio comune di tutti i soggetti costituenti del Partito Democratico. Tutti consapevoli, del resto, che una nuova stagione del riformismo può nascere, in Europa, soltanto con il pieno coinvolgimento del PSE, erede legittimo di quella storia. E nessuno può negare, d'altra parte, che una tale stagione non comporti, a dimensione continentale, un processo di innovazione analogo a quello che in Italia sta facendo nascere il Partito Democratico. Se ne possono già individuare molte premesse.
Non dobbiamo dunque consentire alle nostre diversità di produrre nuove lacerazioni: si indebolirebbe la coesione dell'intera coalizione e si farebbe mancare un contributo importante ad un progetto che vuole far vivere i valori e gli ideali della sinistra in un soggetto più vasto e più unito e in un più ampio orizzonte culturale e politico.
Risponde Tino Bedin
Pubblico volentieri il documento. In un panorama di congressi di Margherita e Ds nei quali il confronto sui contenuti è stato scarso, risulta utile mettere in campo le ragioni per le quali si fa il Partito Democratico: ragioni "pubbliche" e non solo ragioni di partito, pur legittime. Sui contenuti del documento, la condivisione è ampia.
Il vero tema è tuttavia lo strumento attraverso il quale rendere decisiva la scelta dei contenuti. L'esperienza dei Cristiano Sociali nell'ambito della Sinistra non è stata e non è - a mio avviso - illuminante sulla strada da percorrere: essa è stata importante all'interno dei Ds, ma non è apparsa all'opinione pubblica, non ha creato opinione pubblica né tra i cittadini né tra la Sinistra. A mio parere questa non può essere la funzione dei cattolici nel Partito Democratico. La "corrente cattolica" è troppo? Preannunciarla non è "politicamente corretto". C'è in questi dubbi, che si leggono nel documento una generosa commistione tra i compiti dell'evangelizzazione e quelli della politica. Essere evangelicamente "lievito" è compito comunque dei credenti. Fare politica cristianamente ispirata esige di essere lievito e pasta. Solo nella "pasta" i contenuti diventano appetibili ai cittadini. Anche se "la pasta" deve chiamarsi "corrente cattolica".
Del resto - ed è una seconda rapida osservazione sul testo - il documento si "preoccupa" proprio dei timori che esistono a Sinistra per il possibile abbandono di alcuni valori di riferimento. Mi sarebbe piaciuta anche una "rassicurazione" relativa ai valori del cattolicesimo democratico e popolare.
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