Sanità regionale
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Monselice (Padova), 7 marzo 2007

La "chiusura" regionale della Sanità
Figli e figliastri d'Italia in ospedale
Il regionalismo applicato al bilancio non basta

Da “Lombardia notizie” - notiziario della giunta regionale del 1° marzo 2007. Formigoni protesta contro il Governo nazionale perché disposto a ripianare il rilevante disavanzo della sanità pubblica laziale (effetto del piano sanitario regionale di Storace: un buco finanziario di 9,9 miliardi di euro che il Governo si accolla con un prestito trentennale a interessi zero, riscuotendo quote da 310 milioni all’anno) e si comporta come una “premurosa mamma nei confronti di alcuni e matrigna nei confronti di altri”, come se gli italiani si dividessero in “figli e figliastri”.
Ma di cosa si lamenta Formigoni? non siamo già figli e figliastri?
Da Il Mattino di Padova (6 marzo) e il Gazzettino: "Priorità ai residenti: tutti gli altri utenti in coda. Corsia privilegiata anche per i malati oncologici. Contro le attese arriva la lista a tre velocità".

VENEZIA. Sarà una lista d’attesa a tre scalini quella che verrà licenziata dalla giunta veneta per ridurre i tempi di attesa della sanità veneta. Sul gradino più alto del podio i pazienti residenti all’interno dell’Usl o della provincia, sul secondo quelli della regione e, al terzo, tutti gli altri, in arrivo dal resto d’Italia o del mondo, poco importa. La priorità di accesso ai servizi verrà garantita a seconda del gradino occupato: più bassa la posizione, più lunga l’attesa. La risposta ai tormenti dell’assessore alla Sanità è arrivata proprio sfruttando, alla lettera, la normativa nazionale vigente. Questa vincola parte degli incentivi statali al rispetto di alcuni parametri, tra cui la garanzia di tempi d’attesa tollerabili per i residenti.
Non per gli altri cittadini, cui deve essere comunque garantito il diritto alla cura. Una questione in bilico sul filo delle costituzionalità, di cui devono farsi carico i direttori generali (a loro volta adeguatamente «incentivati» dalla Regione): «A questo punto a noi non rimane che avvertire le Usl dei loro obblighi - conferma l’assessore regionale alla Sanità Flavio Tosi - dopodiché è compito dei direttori generali regolarsi per disciplinare l’accesso dei pazienti assicurando così le attese minori ai loro utenti. A seconda della richiesta dei singoli servizi, starà poi a loro decidere quanti pazienti da fuori regione accettare. Del resto il rispetto dei vincoli garantisce un incentivo economico che nel 2006 è stato per il Veneto di 160 milioni di euro». Di fatto, le aziende saranno messe in grado di «regolarsi» grazie all’introduzione di un apposito sistema informatizzato che raggrupperà automaticamente gli utenti in sottoinsiemi, accodandoli a seconda della provenienza.
Questa è la situazione sanitaria che si profila per l'Italia, in un contesto regionale all'amatriciana.

Gastone Zilio

Risponde Tino Bedin

Siamo alle solite: un buon principio, quello regionalistico, applicato per fini parziali (il bilancio regionale) produce distorsioni. La "sfida" positiva fra regioni sulla qualità della cura è un elemento che può tornare utile al cittadino; serve però un "regolatore" politico e culturale nazionale. Per questo era ancora più rischiosa la deformazione costituzionale boccciata dal referendum popolare.

    Partecipa al dialogo su questo argomento

di-570
10 marzo 2007
scrivi al senatore
Tino Bedin