Missione Iraq
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Internet, 15 maggio 2006

Cinquecento uomini da affiancare ai civili
Da giugno in Iraq solo per la ricostruzione
Un'anticipazione dei nuovi orientamenti europei

Caro Senatore Bedin, vi ho votato e sono ancora fortemente impegnato a sostenervi in un settore storicamente di destra quale quello delle forze armate, dove rivesto un ruolo e un incarico abbastanza autorevoli, soprattutto perché mi aspetto, ci aspettiamo un repentino cambio d’orientamento dal nuovo governo presieduto da Romano Prodi, a iniziare dall’Operazione Antica Babilonia in Iraq, questa sanguinosa missione che le forze armate italiane stanno svolgendo in Iraq ed alla quale io e altri soldati, miei dipendenti, dovremo partecipare perché, fino ad adesso, questi sono gli ordini.
Ebbene per me rappresenta un serio problema di coscienza. Non credo, e ti assicuro insieme a buona parte dei miei uomini, assolutamente a questa missione, anzi vorremmo proprio scappare, disertare insomma non partire ma non possiamo, e se non partissimo potremmo rischiare di essere denunciati, per molti di noi potrebbe significare certamente essere trasferiti in sedi lontane e disagiate e quasi tutti abbiamo famiglia o forti legami con la nostra martoriata regione, dove per molti giovani ma anche per me l’unico sbocco occupazionale è rappresentato dalla vita militare volente o dolente.
Ecco, ti scrivo perché da tecnico mi permetto di darti qualche consiglio sull’Operazione Antica Babilonia in Iraq e soprattutto vorrei che tale consiglio lo prendessi seriamente in considerazione.
A giugno (metà giugno circa) un’altra brigata dovrà essere inviata a sostituire quella che attualmente c’è. Avrà una riduzione di 900 unità circa, come deciso (in campagna elettorale) dal governo precedente, a meno che non vogliate giustamente e urgentemente modificare tutto. Inviare un’altra brigata a giugno significherà che buona parte delle promesse e delle aspettative dei vostri elettori andranno deluse. A chi dell’attuale opposizione, ma anche ahimè della maggioranza, paventa in modo ironico il ritiro alla “Zapatero” solo per creare zizzania all’interno dell’Unione va ricordata ed evidenziata una cosa: ritirarci adesso non è la stessa cosa di quando lo ha fatto Zapatero. Ormai sono trascorsi già tre anni di impegno delle Forze Armate italiane e non un anno scarso come quando li ha ritirati la Spagna. E poi mi pare che la scelta forte e felice della Spagna sia stata ripagata sul piano interno con un aumento del PIL da record in ambito europeo (ci può essere qualche collegamento?).
Mi dispiace ancora sentire che qualche leader dell’Unione su questo aspetto tentenni (non si conosce il motivo, per esempio, di perché Rutelli, la Bonino, e qualche DS, siano ancora così indecisi, non si sono ancora domandati il perché di un vistoso calo di consensi fra i partiti del centro del centro sinistra alle ultime votazioni? La gente vuole una svolta anche e soprattutto sul piano della politica estera, continuare ancora ad assecondare le richieste dell’amministrazione Bush è una scelta perdente e disastrosa).
Mi domando, ma di quante vittime italiane ancora avete bisogno prima di decidere il ritiro, a che cosa serve la nostra presenza in un clima di piena guerra civile (ti assicuro che in Iraq attualmente c’è guerra civile ed anarchia, con quali autorità irachene, secondo il vostro programma volete concordare il ritiro?, non ci sarà un governo in Iraq neanche fra 5 anni ve lo garantisco io, devi piuttosto Tu avere il coraggio politico di una scelta forte e giusta che ci aspettiamo tutti anche chi non Ti ha votato ma vi voterà se dimostrate il coraggio delle vostre idee, che in politica è fondamentale).
Veniamo agli aspetti tecnici. Come potremmo ritirare le forze?
1. Inviare un PRT (provincial reconstruction team) di circa 500 uomini, una parte dei quali già è partita a maggio, che dai primi di luglio dovranno già iniziare a funzionare a Nassirya con il team di civili per la ricostruzione, già è presente lì il capo di questo team di civili. Non immettere, quindi, la brigata a giugno, votando il finanziamento della missione solo per queste 500 unità circa al comando di un colonnello con il solo compito di garantire la sicurezza ai civili impegnati.
2. Oppure, nel caso in cui non ci sono garanzie di sicurezza massime e la situazione degeneri, come pare che stia accadendo, in una vera e propria guerra civile, ritirare tutti subito senza se e senza ma, tanto di questa scelta non esistono vantaggi a livello internazionale o legati al nostro ruolo nel mediterraneo, anzi mi pare che la scelta di continuare con questa operazione in Iraq abbia prodotti solo inutili asti e qualche problema con i paesi arabi e del nord africa, nostri importanti partners, ritirarci sarebbe un fortissimo segnale che potrebbe risvegliare l’interesse di questi paesi verso l’Italia.
È importante che la politica riprenda il controllo della situazione e non lasci le decisioni circa il prosieguo della missione ai nostri capi militari fautori dell’interventismo da capitale o qualche illuso generale che è disposto a tutto pur di partire in missione per fare carriera. Adesso tocca a voi.
Non ci deludere!!!

Antonio P.

Risponde Tino Bedin

La strada che lei indica è interessante anche dal punto di vista dello sviluppo della nostra politica di pace. Potrebbe essere l'occasione per sperimentare l'impiego di forze civili di pace nella ricostruzione di paesi in difficoltà. Il Parlamento europeo ha proprio questa settimana apprezzato un'iniziativa in questo senso della Commissione europea. Il nuovo governo italiano potrebbe anticipare così anche una nuova politica europea.

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di-553
18 maggio 2006
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Tino Bedin