Architettura e Bel Paese

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Noventa Padovana (Padova), 22 febbraio 2006

Uno specifico impegno anche per la politica
Il Bel Paese non ha più una bella architettura
Decisive le scelte dei professionisti del territorio

Riteniamo urgente una diversa politica di gestione del territorio inteso sia nel senso ambientale che urbano e produttivo. Serve una politica che favorisca, attraverso degli atti appropriati, un nuovo Rinascimento italiano.
Oggi ingenieri o architetti fanno facilmente opera di traslazione di stili e forme provenienti da storie e culture lontane. Quello che una volta caratterizzava la differenza architettonica di una città dall'altra tende sempre più spesso a scomparire e ad uniformarsi ad un unico stile mondiale. Le nuove città cinesi assomigliano sempre più a quelle americane o giapponesi e molti interventi anche nelle nostre città non hanno "radici culturali": gli stili di vita si stanno anch'essi uniformando e si arriverà ad avere città "universali" per non dire "clonate" in ogni paese del mondo.
Possibile che la nostra millenaria storia architettonica non sia più stimolo e fonte di ispirazione per una sua attuale rielaborazione e riproposizione? Possibile che a questo ex "bel paese" non si riesca a più a dare una bella architettura? Possibile che l'architetto progetti più per far parlare di se stesso e non in funzione di render funzionale e piacevole un luogo, una città, un paesaggio?
La politica non deve tralasciare questi aspetti e impegnarsi a trovare gli stimoli corretti per intraprendere una rinascita su basi culturalmente decise, forti e convinte, del nostro paese.

Fabio Borina e Alessandro Bettio

Risponde Tino Bedin

Ho in mente alcune architetture pubbliche di realizzate in questi decenni ad Helsinki, capaci di esprimere un tempo ed una città. È successo anche da noi fino a qualche decennio fa, ora non più. Sia Helsinki che la nostra stroia dimostrano dunque che quello che voi chiedete è possibile.
La politica c'entra? In questo caso non le attribuirei compiti ed obiettivi che non può proporsi se non in piccola parte. Principali protagonisti sono i professionisti, cioè i progettisti del territorio, singolarmente ed attraverso le loro associazioni professionali e culturali. Assumano l'onere collettivo non solo dell'aggiornamento, ma anche dello studio e della progettazione di forme urbane originali e radicate nel territorio in cui sorgono. Ad esempio, non lascino soli i sindaci ad accettare ogni forma di distretto industriale che venga proposta, ma li attrezzino per saper proporre delle novità anche ai privati.

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22 febbraio 2006
di-529
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Tino Bedin