La nuova situazione economica mondiale, con la sua veloce globalizzazione ha messo in crisi molti settori o attività che, fino a qualche anno fa erano trainanti e costituivano elementi importanti per lo sviluppo della nostra economia nazionale.
Il primo effetto di questa globalizzazione è stata una forte delocalizzazione della produzione nei paesi a costi inferiori mantenendo, ancora per il momento, la fase progettuale all'interno dei nostri confini.
Non sappiamo quanto si potrà ancora sostenere questa situazione ma siamo convinti che la globalizzazione non è solo industriale ma è anche culturale e presto questi paesi, a cui ci si rivolge per aspetti principalmente produttivi, saranno in grado di entrare anche nel mercato dell'intelligenza, della ricerca e dell'innovazione con più energie e determinazione di noi. Il grande aumento di presenza di studenti orientali nelle nostre università europee è un segnale di questo percorso.
Come si accennava precedentemente, la globalizzazione, soprattutto quella delle idee, è velocissima perché non avanza più sui piedi di Marco Polo, sulle caravelle di Cristoforo Colombo o sulla flotta di sua maestà la regina Vittoria.
Oggi le persone si muovono alla velocità dei Boeing, le idee sui cavi di internet o attraverso le comunicazione satellitari.
Quello che viene pensato in America può essere trasferito immediatamente in Cina o India nel giro di pochi secondi e viceversa.
Da questo quadro emerge la necessità di una seria e coraggiosa presa di coscienza sulle prospettive che vogliamo dare al sistema Italia: è una decisione non più rinviabile, pena il collasso definitivo del nostro paese.
La politica delle sovvenzioni a situazioni economiche che, nella prospettiva della globalizzazione, sono destinate a non trovare più logica di mercato, devono essere trasformate in energie per una riconversione intelligente, ritagliata sulle nostre potenzialità più esclusive rispetto a quelle di altri paesi.
Nel dibattito che da alcuni mesi si sta svolgendo su come porre rimedio a questo declino del sistema Italia, sembrano siano decisamente sottotono, le riflessioni e proposte sul ruolo può avere il nostro patrimonio storico culturale e ambientale e più in generale a quello che rientra nel termine, che fino a qualche tempo fa chiamavamo "turistico" nelle sue molteplici e infinite variabili da quella culturale a quella agroalimentare, per citarne solo alcune che possono sembrare agli antipodi.
Il sistema turistico, o meglio la galassia che compone tutte le attività che possono rientrare in un'armonica ed efficace politica in tal senso, sembrano fino a questo momento abbandonate alle politiche locali, alle iniziative di singole categorie, di singole associazioni. Manca una convinta presa di coscienza culturale, politica, economica e sociale delle potenzialità uniche al mondo che ha il nostro paese in questo settore.
Probabilmente tale situazione è in parte stranamente dovuta sia all'eccessiva abbondanza di questo patrimionio, che alla miriade di enti, associazioni e comitati, che non sono riusciti a fare " cartello" per far sentire una chiara, univoca e determinata richiesta di una forte politica economica: la politica fino a questo momento ha considerato questo, un settore di seconda fila.
In altri paesi, con minori o se non quasi inesistenti beni culturali, sono riusciti a creare le giuste opportunità insidiando, con la loro creatività intelligenza e determinazione, la nostra posizione di paese "turistico" per eccellenza che fino a qualche anno fa il mercato ci riservava.
Vediamo la Spagna che, oltre ad avere un buon patrimonio artistico, un'attraente costiera è riuscita a creare, ad esempio a Palma di Majorca un'attività turistica attiva tutto l'anno. Tanto che durante le crociere che vengono organizzate all'interno del Mediterraneo sono riusciti a far sostare spesso i passeggeri in quest'isola per più di un giorno con escursioni e shopping (con relativa consistente ricaduta economica in quel territorio) mentre in città decisamente più interessanti sotto tutti gli aspetti culturali e non, Venezia, Napoli e altre, la sosta si riduce ad un "mordi e fuggi" di poco più di mezza giornata.
Vogliamo ricordare anche l'Irlanda che essendo un paese quasi al "verde" di patrimonio storico, ha fatto del verde il suo emblema ed il suo richiamo.
Dietro a queste realtà c'è un determinata e concertata politica, studiata e realizzata nella consapevolezza che tali scelte creano anch'esse crescita, occupazione e benessere.
Da noi non è andata così. Ci si è "arrangiati" alla meno peggio come spesso si è abituati a fare in Italia.
Considerato tutto questo si deve far diventare il turismo una risorsa primaria della nostra economia.
I nostri punti di forza e le pecularietà, del nostro Paese, sono unici al mondo:
- patrimonio culturale ed architettonico immenso e di insuperabile qualità;
- luoghi di valore ambientale, paesaggistico e turistico incantevoli;
- centro mondiale della cristianità;
- cultura eno-gastronomica di primaria qualità.
Solo per elencare le principali e più immediate.
Come si fa con queste potenzialità a non pensare ad un progetto organico per fare diventare l'Italia la meta più ambita dei turisti? Come facciamo a non renderci conto che queste sono ricchezze uniche al mondo e che le dobbiamo trasformare in un pilastro portante della nostra economia?
La globalizzazione non ci potrà mai togliere e "delocalizzare" questo nostro patrimonio: anzi lo può far conoscere a tutti e creare attrazione verso di esso.
È il nostro "oro nero" che non si trova sotto terra, ma sopra.
Oltretutto non è destinato ad esaurirsi: al massimo solo con nostra sventurata miopia culturale ed economica lo possiamo deturpare o distruggere definitivamente. Certi segnali in tal senso, purtroppo non mancano.
Bisogna investire in risorse umane ed economiche, creare le infrastrutture (aeroporti, vie di comunicazione, strutture ricettive, investire nella tutela del paesaggio) con il massimo rispetto dell'ambiente e con un'alta e adeguata qualità progettuale finora spesso scadente.
Tutto questo deve essere sostenuto e promosso da una sinergia di marketing che veda impegnati tutti i vari enti o categorie, a promuovere il sistema turistico italiano nel nuovo mondo globalizzato.
Solo con un nuovo progetto autentico, dove più che la ricerca del termine altisonante o innovativo con cui lo si vuole chiamare questo progetto, conta l'intima convinzione dell'efficacia dell'idea, si potrà guardare al futuro, non più con l'ansia e la preoccupazione della precarietà e provvisorietà, ma con la certezza dell'unicità del nostro progetto fondato sull'unicità del nostro bel paese.
Fabio Borina e Alessandro Bettio
Risponde Tino Bedin
Dieci anni fa Romano Prodi aveva messo nel suo programma di governo quello di fare dell'Italia meridionale la Florida dell'Europa, dimostrando anche in questo di saper cogliere le opportunità nuove che all'economia italiana offrono sia la globalizzazione sia il mutamento della composizione demografica della popolazione mondiale. Cinque anni di Destra ci hanno fatto perdere tempo e opportunità anche in questo settore: in troppe leggi e disposizioni della Destra l'ambiente è stato considerato solo un vincolo e non una risorsa e la "privatizzazione" dei beni culturali è stata tra gli obiettivi di Tremonti per fare cassa.
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