Gentile Senatore, il risultato della legge 243/04 in approvazione, che riguarda la “totalizzazione” dei contributi previdenziali, è da non credersi: non solo non posso andare in pensione con gli stessi parametri di età e di anni di versamento degli altri cittadini (discriminazione incostituzionale) ma se, 62enne con 37 anni di versamenti (ma anche a 65 con 40), totalizzassi due o più periodi contributivi non ho pensione la pensione maggiorata, bensì circa la metà.
Viene chiamata “totalizzazione” di periodi contributivi e ottengo la metà di quanto otterrei senza “totalizzare”? Forse è una burla, una svista o una truffa?
Non è finita: perché se, a completamento della beffa-truffa, a salvaguardia della pensione già maturata, non totalizzerò, verrò derubato dei miei soldi; quelli relativi ai 13 anni di versamenti ulteriori fatti ad una altra Cassa Previdenziale, alla quale li avevo affidati in funzione di un supplemento di pensione: circa 250 milioni di lire che spariscono.
Non bastasse, in più sarò anche derubato dei futuri versamenti, obbligatori per legge, fino ai 65 anni oltre ad avere vanificato 13 anni di contributi, versati loro sempre per legge, con l’intento di crearmi un supplemento di pensione: il tutto a favore delle Casse e sulla mia pelle.
Prima di questa legge almeno i soldi affidati alle Casse, venivano restituiti. La Consulta (61/99) aveva dichiarato illegale che soldi depositati per la pensione non la generassero: certo non intendeva che venissero sottratti ai legittimi proprietari. La legge 243/04 supera il problema confezionando un “grazioso” ricchissimo regalo per queste Casse, diciamo, "fortunate".
Una vergogna giuridica e sociale, prima che incostituzionale. Una vigliaccata nei confronti di chi, convinto del suo buon diritto, avendo lautamente pagato per una vita, si ritrova oltre i 60 anni, in teoria già in pensione secondo le regole valide per tutti, con le regole stravolte, non avendo tempo, forze e mezzi per rimediare.
Fra l’altro è inaccettabile, incostituzionale e alquanto dubbia la motivazione ufficiosa data da alcuni parlamentari: non ci sono i soldi per una legge più equa.
Detto che in uno stato di diritto è inammissibile fare leggi inique, per mancanza di fondi o per altri motivi, e posto che sia vero che occorrano quei soldi per i mancati versamenti da ricongiungimenti (in realtà risultano alquanto rari), poi emerge, che se ne dispongono in quantità più che decuplicata per pagare le prebende e i “fuori busta” premio per i dipendenti di ministeri!
Complimenti all’etica, al senso di giustizia e alla sensibilità sociale di chi avvallerà un simile provvedimento.
Giannantonio Carlo Manni
Risponde Tino Bedin
La legge è stata effettivamente votata sapendo che le risorse disponibili non erano tutte quelle necessarie, ma il dettato della legge non è quello che poi il governo ha attuato con la delega. Il parlamento aveva finalmente affermato il principio della totalizzazione; toccava al governo provvedere con un decreto delegato ragionevole ed equo. Evidentemente non ha saputo o voluto farlo. La sua delusione non è isolata; anche i professionisti con i quali in questi anni ho collaborato da parlamentare per arrivare ad affermare la totalizzazione sono a dir poco sconsolati.
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