Gentile Onorevole, le scrivo per
esprimere il nostro fermo dissenso sul modo con cui il governo sta
conducendo la vertenza con la Croazia verso il suo atto finale, dopo
l'occasione perduta con la Slovenia, sul problema dei beni nazionalizzati
agli esuli giuliano-dalmati.
L'Italia ha usato i beni degli esuli per pagare i danni di guerra alla
Jugoslavia. I governi italiani di allora hanno ingannato, circuito,
ricattato, umiliato i profughi giuliano-dalmati che, per ottenere quello che
poi risulterà un vergognoso esiguo indennizzo, furono costretti a dare il
loro consenso affinchè l'Italia usasse i loro beni, costretti a lasciare
nelle terre di origine, come merce di scambio con la Repubblica Jugoslava di
Tito. Quei governi hanno consapevolmente raggirato la buona fede di una generalità
di italiani, contadini, pescatori, impiegati ed operai che fuggivano
disperatamente dalla propria terra in cerca di un luogo dove vivere liberi
senza il peso della tirannia.
Con l'istituzione del "giorno del ricordo", sembrava che l'Italia intera
avesse capito il dramma degli esuli e che si volesse finalmente riparare
alle atroci ingiustizie morali e materiali subite da quegli italiani.
Ora, che si presenta l'opportunità di correggere almento in parte i torti
subiti, ecco che inesorabile si compie il nuovo inganno.
Gli esuli chiedono una cosa molto semplice e ragionevole.
La Repubblica di Croazia (come quella di Slovenia) ha promulgato a favore
dei propri cittadini una legge sulla denazionalizzazione del patrimonio
immobiliare venutosi ad accumulare a seguito degli espropri operati dal
regime di Tito.
Siamo consapevoli che oggi molte di queste proprietà sono in mano a privati
che in buona fede ne detengono il possesso.
Nessuno vuole creare nuove ingiustizie.
Del resto chi meno di noi può desiderarlo?
Chiediamo che il governo italiano e il parlamento europeo facciano pressioni
sulla Repubblica di Croazia, che chiede di entrare nell'Unione Europea,
affinchè Zagabria accetti di restituire ai legittimi proprietari quei beni
che sono ancora nella disponibilità dello stato croato.
Vi è una generalità di beni che giacciono inutilizzati e che, una volta
restituiti ai legittimi proprietari tornerebbero a generare ricchezza in
quel Paese.
Ciò che si evince nei più recenti comportamenti del governo italiano è che
esso non ha la benchè minima e reale intenzione d'impegnarsi adeguatamente
su questo fronte, dimostrando ancora una volta miopia, scarsa lungimiranza
politica, oltre che nessun rispetto per i diritti umani violati.
Constatiamo invece come Stati quali Israele ed Austria si stiano prodigando
per i propri concittadini che in Croazia vantano analoghi diritti.
La nostra memoria non può che ritornare al passato.
Nel 1848, quando dovunque in Italia vi fu la ribellione contro
l'Austria-Ungheria, anche gli istriani, i fiumani e i dalmati gridarono a
gran voce il nome "Italia", inimicandosi definitivamente quell'Impero e
mettendo a repentaglio la propria esistenza, come l'esperienza dalmata di
quegli anni insegna.
Di fronte all'atteggiamento di questa Italia che ci disconosce non appena i
problemi del contendere diventano seri e concreti, ci domandiamo se i nostri
padri abbiano sbagliato a credere nella Patria Italia che tanto avevano
amato.
Attendiamo una risposta dalla politica italiana che ha il compito di
tutelare gli interessi dei propri concittadini.
Siamo consapevoli che da soli non possiamo fare nulla per giungere alla
soluzione del problema. Possiamo solo sollecitare le istituzioni a difendere
gli interessi nazionali. Da noi non può che venire un giudizio morale.
Siamo certi però che, come per i responsabili di Osimo, verrà il giorno in
cui giungerà la condanna della storia per coloro che, ancora una volta,
avranno la responsabilità di scrivere l'ultimo e più umiliante capitolo
della tragedia di un popolo.
A voi, Onorevoli parlamentari eletti a nostri rappresentanti, la
responsabilità morale e politica di far sì che le nostre speranze non
cadano, ancora una volta e definitivamente nel vuoto, affinchè possiamo sentirci finalmente
orgogliosi di essere italiani.
Axel Famiglini, Maria Rita Cosliani
Risponde Tino Bedin
Temo che anche molti esuli giuliano-dalmati siano costretti a verificare sulla loro pelle la differenza fra propaganda ed azione di governo; differenza che molto spesso l'attuale maggioranza di Destra in italiana non ha praticata. Probabilmente il governo e i suoi partiti pensavano che bastasse una "giornata" per far contenti gli esuli. Serve invece un'azione costante, coerente, diplomatica o dura a seconda delle circostanze, per raggiungere obiettivi che oggi sono storicamente maturi. Per raggiungerli è anche necessario essere leaders in Europa, in modo da contribuire a determinare l'agenda delle decisioni e poter quindi influenzare anche le decisioni interne dei singoli Stati. Anche questa politica di spinta europeista è stata abbandonata dalla Destra al governo e le conseguenze le pagano, tra gli altri, gli esuli giuliano-dalmati.
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