Sistema proporzionale

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Bresseo di Teolo (Padova), 20 dicembre 2005

Considerazioni sulla nuova legge elettorale
Il sistema proporzionale è una risposta
al malessere della politica

Un vestito cucito addosso alla Destra in base ai sondaggi

Di fronte alla decisa volontà del Centrodestra di cambiare la legge elettorale, ritengo che l'atteggiamento giusto di Prodi, come leader dell'Unione dopo la conferma delle primarie, sarebbe stato quello di scegliere tra due opzioni:
1) fate la legge elettorale che più vi piace, tanto siete dei filibustieri che pensano solo a danneggiare lo schieramento avversario: non mi interessa questo argomento, gli elettori mi capiranno e ci daranno comunque la vittoria;
2) sono consapevole che ci sono dei motivi politici profondi, che vanno oltre la contingenza delle prossime elezioni politiche, che portano il sistema politico italiano verso una legge elettorale di tipo proporzionale con premio di maggioranza: per questo motivo l'Unione presenterà delle proposte migliorative per fare in modo che la nuova legge elettorale risponda alle esigenze fondamentali di garantire il bipolarismo e la stabilità del governo.
Personalmente ho già manifestato in varie sedi la propensione per la seconda soluzione; in fin dei conti il ritorno al sistema proporzionale con premio di maggioranza risponde (anche se male nell'attuale versione) ad esigenze e malesseri profondi del sistema politico italiano, che la legge elettorale attuale non ha saputo risolvere, ma ha al contrario accentuato:
1) Come ci ha spiegato il prof. Feltrin, un'intera classe politica italiana cresce col sistema proporzionale, anche se corretto con premi di maggioranza ed abbinato all'elezione diretta del sindaco, del presidente della Provincia e della Regione; perché a livello nazionale dovrebbe permanere un sistema maggioritario? (corretto per giunta da un 25% di proporzionale che tante beghe ha creato, non ultima il tormentone di primavera interno alla Margherita che tanto ha disorientato i nostri elettori).
2) La forza di ricatto dei piccoli partiti, soprattutto se omogeneamente presenti in tutto il territorio nazionale, è più grande con il sistema maggioritario (ce lo ha dimostrato sempre il prof. Feltrin), e di fatto il loro numero si è moltiplicato negli ultimi anni.
3) Il centrodestra si sta preparando, e qui sta uno dei motivi politici profondi della nuova legge elettorale, al dopo Berlusconi, con la prospettiva della creazione di un grande partito di centrodestra che si ispira al PPE.
4) Gli elettori italiani hanno dimostrato di gradire il bipolarismo (scelta tra Zanonato o Destro, Casarin o Frigo, Galan o Carraro, Prodi o Berlusconi), ma non mi sembra ci tengano più di tanto al tipo di sistema elettorale (il referendum per l'abrogazione del 25% proporzionale è già fallito).
In conclusione: Prodi avrebbe fatto meglio, così come sembrava voler fare Fassino, andare a vedere le carte con il centrodestra, in modo da svelare come minimo il loro vero gioco, proponendo alcune modifiche migliorative e stabilizzatrici in queste direzioni:
- rafforzamento del bipolarismo, con incremento e gradazione del premio di maggioranza ed innalzamento della soglia di sbarramento delle coalizioni per aver diritto ad esso (almeno il 25%, per impedire la formazione di un terzo polo);
- rafforzamento della rappresentatività degli eletti rispetto al territorio ed agli elettori (collegi da attribuire in proporzione ai voti come nella legge provinciale o introduzione di qualche forma di preferenza);
- omogeneità tra Camera e Senato nel modo di determinare ed attribuire il premio di maggioranza (questo resta il punto più debole della nuova legge, sia dal punto di vista strettamente tecnico, che costituzionale).
Mi fermo qui: abbiamo avuto il danno ed anche la beffa; Prodi non mi sembra proprio essere stato un grande politico nella gestione di questa vicenda, tanto è vero che ha promesso, in caso di vittoria alle politiche, di cambiare di nuovo sistema elettorale: evviva! Voteremo ogni cinque anni, od anche meno, con un nuovo e diverso sistema!
Dobbiamo avere il coraggio di porci alcune domande, e di cercare le risposte: non è proprio l'incapacità di trovare regole condivise a livello elettorale e persino costituzionale una delle spie evidenti del fallimento dell'attuale sistema bipolare basato sul maggioritario? Non è stato questo stesso sistema a permettere il successo di Berlusconi, la sempre maggiore commistione tra affari e politica, e non è sempre questo sistema che incrementa la delegittimazione reciproca tra schieramenti?
Non ho delle risposte certe, ma sono convinto che i movimenti politici di fondo della società Italiana vadano ben oltre i meccanismi elettorali; a sedici anni dalla caduta del muro di Berlino abbiamo bisogno di un grande partito di centrosinistra, di stampo europeo e non americano, che si attesti stabilmente attorno al 35% dei consensi, con prospettive di aumento, che sappia catalizzare le energie più innovative della società Italiana intorno ai valori della giustizia sociale, dello sviluppo sostenibile (ma su questo valore bisognerebbe intendersi meglio), della pace e della solidarietà.
Se sapremo fare bene questa operazione, e soprattutto se la faremo prima e meglio della destra, gli elettori ci premieranno di sicuro, o nella primavera prossima, o più avanti (per certi versi dobbiamo anche noi prepararci al dopo Prodi!); certo che il ritorno al proporzionale metterà tanti di noi in tentazione, perché ci chiederemo se non sia il caso di ripensare alla fondazione di una sezione italiana del PPE dove la componente cattolica di derivazione Dc possa in gran parte riunirsi e sia preponderante; io personalmente ho già superato queste perplessità: penso che mio figlio voterà tra undici anni (2016): se tutto andrà bene, e come noi speriamo, si tratterà di due governi (facciamo Prodi e Veltroni?). La cosa che non mi va giù è pensare che tra undici anni, e dopo 27 anni dalla caduta del muro, le scelte politiche di mio figlio siano ancora influenzate dalla paura di De Mita e Marini di morire socialisti, o da quella di D'Alema e Salvi di morire democristiani! (!?!).

Gabriele Donola

Risponde Tino Bedin

La meticolosità e la determinazione con le quali la Destra ha preparato e poi approvato la riforma elettorale, cucita addosso ai propri interessi, senza riguardo per le attese dei cittadini, non hanno consentito nessuno spazio di dialogo con l'opposizione. Il tentativo di Piero Fassino non ha trovato interlocutori; segno che alla Destra interessava solo la propria legge elettorale, al punto da non provare nemmeno a dividere il centrosinistra su questa materia.
Aggiungo che in questa occasione il centrosinistra ha dimostrato di essere una coalizione, costruendo e difendendo una posizione unitaria, pur muovendo da da convinzione diverse: alcune forze dell'Unione sono tradizionalmente proporzionaliste. Il comportamento unitario è un'esigenza sempre rivendicata dagli elettori di centrosinistra ed è un messaggio per l'intero elettorato. Questo messaggio comprendeva la sostanza della riforma, ma anche la forma: il centrosinistra ha preso le distanze da una legge fatta a campagna elettorale iniziata, con i candidati già in campo, confezionata sulla base dei sondaggi a disposizione. L'ultima legge "ad personam" non poteva avere un'accoglienza diversa dalle precedenti.
Più complessa la valutazione sul sistema elettorale, cioè sul maggioritario e sul proporzionale. Mi limito a due osservazioni.
Se lo scopo della Destra fosse stato quello di dare risposta ad alcune esigenze degli elettori, la strada maestra sarebbe stata quella di rispettare due volontà: quella della identità e quella della rappresentanza. Il sistema c'era già: proporzionale con collegio uninominale, cioè il sistema con il quale sono stai eletti i senatori fino al 1992; consente infatti di misurare le forze politiche e comunque le spinge ad aggregarsi, e conserva la rappresentanza territoriale degli eletti. La Destra si è ben guardata dal farlo, perché rischiava di non avere candidati all'altezza.
La seconda osservazione riguarda la prospettiva di un grande partito di centrosinistra che rappresenti almeno un terzo degli elettori. Nell'attuale società plurale e segmentata i partiti non nascono solo per difendere delle idee, ma anche per partecipare da posizioni favorevoli alle competizioni elettorali. Le aggregazioni cioè solo figlie anche del bisogno. La Margherita ne è un esempio attualissimo e moderno. Sarebbe sbocciata senza il sistema maggioritario? O ciascuno si sarebbe accontentati del proprio identitario ma striminzito 4 per cento?

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21 dicembre 2005
di-518
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Tino Bedin