Ieri era il Piano di Coordinamento provinciale, poi la legge Urbanistica regionale, oggi sono i Piani di Assetto del territorio intercomunale. In qualsiasi contesto venga affrontato il governo del territorio in termini di strategie di sviluppo, l'agricoltura non è mai considerata per quello che è: un settore produttivo con tutti i suoi risvolti in termini di sviluppo economico, di occupazione, di salvaguardia del territorio e tutela ambientale. Al di là degli obiettivi generici, infatti, quando si passa alla programmazione vera e propria, l'agricoltura diventa semplicemente una riserva di paesaggio, o, al massimo, un settore specializzato in produzioni di nicchia. Un'assurdità, se consideriamo che su una superficie provinciale complessiva di 214.374 ettari, l'agricoltura ne occupa oltre 157.000.
Eppure anche nei PATI, con un approccio del tutto errato, si ritiene che per la programmazione dell'uso del territorio, in area agricola, sia sufficiente un generico richiamo alle "sistemazioni agrarie ambientali sostenibili, alla conservazione e ricostituzione del paesaggio agrario e del relativo patrimonio di biodiversità, alla salvaguardia o ricostituzione dei processi naturali, degli equilibri idraulici, idrogeologici ed ecologici".
Siamo ancora una volta di fronte a quella logica che, segnando la pianificazione urbanistica degli ultimi vent'anni, ha prodotto innumerevoli danni al settore primario. In nome di una apparente attenzione ad alcuni particolari dell'ambiente rurale, quanti Comuni hanno posto vincoli alla realizzazione di strutture necessarie al funzionamento delle aziende: stalle, impianti e quant'altro! Quante Amministrazioni, dimenticando che il terreno agricolo è uno strumento indispensabile di lavoro, l'hanno considerato riserva edificabile, hanno costellato le nostre campagne di insediamenti residenziali e capannoni industriali!
Allora, una volta per tutte, si dica chiaramente che la tutela dello spazio agricolo in quanto tale esula ormai dalla nostra cultura. Smettendola di esaltare, a parole, le nostre produzioni, di elogiare la professionalità, il valore degli imprenditori agricoli riconoscendone quel ruolo occupazionale ed economico che essi giustamente rivendicano. Ma tutto ciò con la consapevolezza che il tanto decantato paesaggio rurale costituito da campi coltivati, corsi d'acqua, costruzioni caratteristiche, allevamenti di animali, senza le aziende agricole è destinato al degrado. E che nel futuro sulle nostre tavole dovremo abituarci a vedere soltanto carne, frutta, ortaggi provenienti dall'estero. Non credo proprio sia questo il desiderio dei padovani, dei veneti, e neppure l'intento del legislatore. I Piani di Assetto del Territorio Intercomunale proposti dalla Provincia, che vanno certamente apprezzati quali strumenti di coordinamento e indirizzo della pianificazione urbanistica, e condivisi negli specifici obiettivi, sono oggi ancora in fase di elaborazione. Confidiamo, perciò, vi sia tempo e spazio per ripensamenti virtuosi, in modo tale che l'attività agricola sia considerata parte fondamentale per lo sviluppo della nostra economia e come tale oggetto di tutela, sostegno e valorizzazione. Se sarà così diventeranno fattibili anche la tutela dell'ambiente, il suo utilizzo in chiave turistica, la promozione della biodiversità. E le aziende agricole potranno continuare a svolgere la loro funzione primaria, che è quella di produrre cibo, lavoro e reddito e, come prodotto connesso, un ambiente sano e vivibile.
Lucio Pasotto
Risponde Tino Bedin
Rispetto all'insignificanza dell'agricoltura nella programmazione urbanistica quanlche passo nella direzione giusta è stato fatto negli ultimi dieci anni. Passi insufficienti, per le ragioni che la lettera descrive e che in sostanza condivido. C'è una consapevolezza non ancora affermata: l'agricoltura è un settore produttivo essenziale, non residuale e nemmeno "antiquato". Da essa dipende l'alimentazione di una popolazione, ma anche l'equilibrio ambientale e l'indipendenza politica. A volte ci si lamenta che l'Unione Europea abbia investito ed investa notevoli risorse nell'agricoltura, ma basterbbe immaginare quale debolezza avrebbe il continente senza una propria agricoltura per capire che non si tratta di un errore di valutazione.
|