Caro senatore, leggendo le "Lettere dal Senato" la maggior parte delle volte aderisco pienamente alle sue idee e sono felice di non avere parole da aggiungere.
Sulle donne però vorrei dire qualcosa in più se mi è concesso.
La condizione della donna nel corso della storia è sempre stata caratterizzata da abusi e discriminazioni. Questo è un dato di fatto. Alla donna non sono mai stati riconosciuti ruoli di responsabilità, tutt'oggi ella resta penalizzata nel suo desiderio di carriera e mortificata nella sua bravura, insomma non ha un rapporto paritario con l'uomo. Non neghiamolo deve valere il doppio per essere riconosciuta la metà, l'altra metà del cielo, quella negata. Forse è anche colpa della donna che si autocommisera, cade nella trappola di fare distinzione anche lei tra maschio e femmina ma... si provi a superare secoli di retaggi culturali!
A me dispiace ma per la donna è da sempre più difficile tutto. Tranne qualche raro, fortunato, eccezionalissimo caso. Nella antica Roma, ad esempio, la donna veniva equiparata allo schiavo, poteva essere venduta dal marito o ripudiata anche per futili motivi come il non aver portato il velo sul capo mentre camminava per la strada.
Credo di averla presa un po' da lontano, come si dice, poiché ciò accedeva di più di mille anni fa, eppure in alcune zone del mondo queste condizioni femminili permango e sopravvivono tutt'oggi.
Così avvicinandoci di più ai nostri giorni ed al nostro amato paese, si può sottolineare che il suffragio universale è stato esteso anche alle donne soltanto nel 1946, quindi appena mezzo secolo fa. Da solo questo dato si può capire quanto la donna abbia ancora bisogno di combattere per arrivare ad affermare ciò che appena l'articolo 3 della nostra Costituzione detta: l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione...
Le donne sono le vere portatrici delle istanze sociali concrete ma soffrono di inadeguatezza quando si tratta di dover competere con il maschio, o anche con le stesse altre donne.
Bianca Pomeranzi, tempo fa, ad un convegno sul Mediterraneo come storia di donne e uomini ebbe a sottolineare che in Italia, in Spagna, in Francia il paradigma dell'uguaglianza, declinato attraverso la strategia della "emancipazione femminile" ha lasciato un ampio margine al concetto della "tutela".
Nel corso della seconda metà del '900 molte politiche sociali sono state indirizzate a facilitare il "doppio lavoro femminile", cioè il lavoro formale ed il lavoro di cura all'interno della famiglia. Da questo stato di cose si è compreso come il movimento "femminista" di lotta basata sul contrasto al predominio maschile nella sfera pubblica e privata, portava in sé delle contraddizioni che finivano per diventare "supporto" alla famiglia patriarcale. Voglio dire che il lavoro fuori casa della donna serviva solo per portare uno stipendio in più in casa e non certo per far sentire la donna una persona piena e realizzata.
Finalmente da quest'analisi si è arrivati all'avvio di "politiche di pari opportunità" volte sia a rimpiazzare le tendenze alla semplice tutela, sia a combattere il "neosfruttamento" del lavoro femminile. La donna ha un'intelligenza, una capacità, una preparazione, una sensibilità di tutto rispetto utili alla crescita e allo sviluppo sociale.
Sa cosa penso? È terribile considerarlo ma oggi la donna deve considerarsi uguale all'uomo per poter chiedere la parità dei diritti. E perché non consideriamo l'uomo uguale alla donna? Lo vede come tutto si riduce ad un fatto di mentalità. È chiaro che ci sono donne e donne così come ci sono uomini e uomini. Tutto qui.
La rappresentanza femminile dovrebbe servire a far risaltare le "politiche al femminile" (le sole veramente utili alla società), ad organizzare i tempi cittadini, a parlare di più di disabilità, di ambiente, di interessi sociali ma le donne sono ancora molto schiacciate dalle politiche maschili e spesso in accesa competizione tra loro, nonostante i numerosissimi ed onorevoli sforzi di portare ad unità gli intenti dell'emancipazione, ancora in parte incompiuta. Ecco perché poi è facile cadere nella lotta di genere, nell'arrocco sulle proprie posizioni o nella richiesta di "agevolazioni" che dovrebbero spettare di diritto. Le donne restano penalizzate, questa è la verità, mobbizzate sul lavoro, in famiglia, in ogni ambiente, in tutte le classi sociali.
Questo governo ha mortificato un po’ tutti e si è automortificato, non sa volare alto e più di una volta è stato incostituzionale. Ha dimostrato di non amare la costituzione e lo spirito che la sottende. Innovazione non vuol dire necessariamente "colpo di stato". E soprattutto l'innovazione vera rispetta i ruoli, le identità e le dignità: articolo 51 della Costituzione "A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini". Ben vengano gli incentivi di natura finanziaria alla candidature femminili e le misure volte a garantire una maggiore visibilità delle candidate nella campagne elettorali ma è evidente che non basta perché le donne elette nel Parlamento non vanno oltre il 9 per cento dei parlamentari. Non conosco i dati delle carriere pubbliche e/o private ma ne conosco le modalità. Solo un esempio: in tutto il mondo non esiste una donna dirigente di banca!
Può bastare?
Bianca Clemente
Risponde Tino Bedin
Più che una risposta, queste interessanti osservazioni portano ad una esigenza: la creazione o il rafforzamento di "luoghi" nei quali sia possibile alle donne esercitare compiutamente e secondo la loro specificità dei ruoli pubblici. Non "luoghi" separati ovviamente, ma i luoghi normali della vita civile e civica. Non con la mentalità del "sostegno", ma con quella della cittadinanza condivisa. Lì le donne dimostreranno di saper fare.
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