L'atteggiamento di avversione contro Rom e altre maledette minoranze sta assumendo, nei propositi degli amministratori di Monselice, un carattere di lotta senza quartiere e produce nella mente dei "normali" cittadini di Monselice una ossessione montante, una lotta paranoica serrata e preventiva, un impulso di difesa totale che ha bisogno di esprimersi in "barriere a protezione del campo della fiera, paracarri a delimitare gli spazi pubblici" e l'eliminazione di quanto può recar riparo e offesa ovvero terra bruciata attorno alle mura secondo la migliore tradizione delle città-stato.
La blindatura del centro storico, per la sicurezza dei clienti e dei commercianti, come promesso, sembra un fatto già acquisito.
È questa la risposta della civilissima Monselice al problema del diverso e del foresto: lotta totale e preventiva.
È una città che si sente stretta d'assedio. All'esterno, da tutti questi stranieri. Nessun progetto di accoglienza né per i turisti danarosi con pacchetti turistici e spazi attrezzati (perché non si attiva lo spazio attrezzato per caravan?) né per i nuovi barbari che spingono ai confini di Monselice magari con piccoli spazi di accoglienza e mirati progetti di inserimento per qualcuno dei diseredati senza tetto, senza lavoro e senza futuro. All'interno la città-stato si sente assediata da quanti attentano all'ordine pubblico: i non allineati al pensiero unico-omogeneo, tutti ladri del "ben-stare" perché oppositori politici, tutti pericolosi tossicodipendenti, fornitori di siringhe e con piedi di porco alla cintola o nascosti dietro le siepi pubbliche laddove il ferro, di solito, arrugginisce per le pipì.
Questa boutade estiva (altro malanno da caldo?) sembra, inconsapevolmente, riportare alla memoria le gesta tremende di Ezzelino III conosciuto il queste contrade come tiranno d'epoca e stragista che amava consolidare la conquista di città e di terre con torri, alte mura e munite difese. Monselice conosce bene la sua storia perché ogni anno la ripropone, a settembre, nella riedizione storico-giocosa della Giostra.
Gli amministratori attuali di Monselice, che per spessore storico sono certamente altra cosa, riscoprono lo spirito medievale ed emulano i fasti dell'antica città murata con moderne concezioni di ponti elevatoi (ne vedremo delle belle con il nuovo PUT) e con interventi di difesa a sbarre d'acciaio!
Perché Monselice non capisce che i suoi confini non sono la fine del mondo conosciuto e abitato? Perché deve farsi conoscere, ai confini, come "Citta murata-denuclearizzata-deromizzata", una cittadella a sbarre? Perché non l'alzata dei ponti elevatoi meccanici, ai confini, la sera?
Gastone Zilio
Risponde Tino Bedin
Ho seguito sempre con attenzione la vita di Monselice, sia come giornalista che come rappresentante di questo territorio al Senato. Posso dire che le stagioni migliori per questa città murata sono state quelle in cui all'idea di fortezza si è sovrapposta la vocazione di "crocevia"m che è l'altra ragione per la quale Ezzelino la scelse come sua roccaforte. Nel programma che l'Ulivo ha proposto alla città con la candidatura di Francesco Corso, era questa una delle idee-guida: indispensabile se non si vuole restare periferia, sia di Padova che di Rovigo e magari anche di Este.
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