Caro senatore Bedin,
del massiccio astensionismo in occasione del referendum sono state date molte interpretazioni che possono ricondursi, sostanzialmente, alle seguenti: la disaffezione nei riguardi dello strumento referendario; il disorientamento del corpo elettorale di fronte alla grande complessità dei quesiti proposti; il vuoto d’informazione televisiva; l’ingerenza della gerarchia cattolica che ha puntato sullo spirito gregario del popolo italiano e, infine, lo stato di minorità culturale, politica e civile che non ha consentito alle “masse” di cogliere tutta l’importanza della posta in gioco. Che ci sia del vero in ciascuna di queste diagnosi non v’è dubbio alcuno, solo che, a ben vedere, esse rimangono alla superficie del fenomeno poiché non danno alcuna indicazione sulle cause della disaffezione, del disorientamento, dello spirito gregario e dello stato di minorità. Che sono, è bene sottolinearlo, non un dato genetico, ma il portato di una classe dirigente (soprattutto quella attuale) che ha favorito, per così dire, la “bovinità” dei cittadini attraverso un’opera capillare di “diseducazione”. Come può un popolo “maturare” quando le più alte cariche istituzionali gli chiedono di non servirsi dell’unico strumento di democrazia diretta previsto dalla Costituzione? Come può maturare quando chi lo governa trova legittimo non pagare le tasse, lavorare in nero o dar del mentecatto a chi amministra la giustizia? Come può “maturare” quando l’ideale che gli viene proposto è un mondo fondato esclusivamente sul dio denaro, quando l’azione politica di cui è testimone si connota come taumaturgia, quando solidarietà e libertà d’informazione gli vengono presentati come disvalori, quando chi dovrebbe “educarlo” contrabbanda la volgarità con la semplicità dei modi, l'incultura con l'amore della spontaneità, l'arte dell'arrangiarsi con il "genio?
Se vogliamo vincere le inerzie, il qualunquismo, l’attaccamento al “particulare”, di cui soffre (e pour cause!) il nostro paese, la classe dirigente che lo governa deve rinunciare a ingraziarselo con barzellette, corna e diti medi, e restituirgli invece valori e passioni.
Gino Spadon
Risponde Tino Bedin
Sono un po' più fiducioso di lei nei cittadini, sia nei loro comportamenti generali sia per quanto riguarda la scelta compiuta a proposito della procreazione medicalmente assistita. Nel corso dei decenni della vita democratica i cittadini hanno spesso non solo seguito, ma indirizzato la politica; a volte hanno anche "rischiato", come è successo con il voto al berlusconismo nel 2001, ma c'era anche una lezione per l'Ulivo in quel voto. Per quanto riguarda la procreazione medicalmente assistita, io credo che decisiva sia la stata la volontà di quei cittadini che hanno scelto di non considerarsi "proprietari" della vita e che hanno adottato il "principio di precauzione" di fronte a prospettive non ancora chiare. Insomma, smettiamola di considerare i cittadini come "incapaci"! Soprattutto il centrosinistra, se vuole essere in sintonia con la società italiana, non pretenda di saperne più degli elettori.
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