Con la sentenza n. 2234 pubblicata in queste ore il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Collegio composto dal Dott. Bruno Amoroso, Presidente, dal Dott. Italo Franco, Relatore e dal Dott. Angelo De Zotti) ha accolto tutti i ricorsi presentati da privati, dalle associazioni Italia Nostra e WWF, dal Comitato intercomunale contro la realizzazione dell'autostrada A-31 Valdastico Sud e dalla Fondazione inglese "The Landmark Trust" contro le procedure di valutazione di impatto ambientale e di approvazione del tratto autostradale A-31 da Vicenza a Rovigo detta "PIRUBI".
Nella sentenza il Tribunale amministrativo evidenzia innanzitutto la notevole delicatezza delle questioni sottoposte al giudizio, anche sotto il profilo politico costituzionale, ribadendo che anche al cospetto del potere di vertice della pubblica amministrazione (il Consiglio dei Ministri) permane comunque la possibilità di contrasto e di tutela giurisdizionale da parte dei cittadini e delle associazioni.
Inoltre i Giudici veneziani premettono che, nel caso in esame, ragioni di "democrazia sostanziale" imponevano ed impongono di considerare l'effettiva opportunità di realizzare il completamento verso sud dell'autostrada A-31 in quanto la decisione favorevole alla realizzazione dell'autostrada, pur assunta dal Governo, non risulta confortata da considerazioni in ordine all'indispensabilità e all'utilità dell'opera e all'urgente necessità di realizzare la medesima, per cui il Collegio ritiene che "si imponga una riconsiderazione della scelta di realizzare il tronco autostradale in questione nel contesto di una politica del territorio finora mancata, e di una valutazione critica di un modello economico di cui oggi emergono le connotazioni negative (legate essenzialmente allo spreco della risorsa-territorio), alla luce -oltre che della fondatezza di talune delle censure- della rinnovata opposizione, di varia provenienza, alla costruzione del medesimo".
Sulla base di questa premessa di ordine generale il TAR Veneto dichiara che risultano "sicuramente fondate" almeno sei censure formulate nei ricorsi.
In primo luogo risulta carente la motivazione della delibera del Consiglio dei Ministri del 20 dicembre 2002 e il successivo decreto del Presidente del Governo 16 maggio 2003 in quanto la decisione favorevole alla realizzazione dell'autostrada malgrado i pareri negativi del Ministero per i Beni e le Attività culturali si pone come "asserzione pressoché arbitraria (anche se espressa al massimo livello) che non dà conto del perché della affermata prevalenza dell'interesse a realizzare il tronco stradale, su quello, di senso contrario, a tenere indenne da offese ingiustificate il territorio, il paesaggio e l'ambiente".
Inoltre illegittima è la valutazione favorevole al progetto espressa dalla Commissione statale sulla V.I.A. senza neppure aver esaminato il parere negativo del Ministero per i Beni e le attività culturali.
Ancora illegittima è la pronuncia di compatibilità ambientale positiva senza aver riguardo all'intero tracciato dell'autostrada o, quanto meno, alle relative ipotesi di massima come imposto dalla vigente normativa statale in materia di VIA.
Inoltre invalido è il provvedimento statale conclusivo della valutazione di impatto ambientale perché non si dà conto in alcun modo delle osservazioni presentate da cittadini e associazioni nel corso del procedimento.
Viene poi affermata la totale illegittimità della procedura seguita per l'approvazione conclusiva del progetto autostradale in violazione della normativa in materia di localizzazione delle opere pubbliche statali difformi dagli strumenti urbanistici che imponeva (in caso di assenza di unanimità in conferenza di servizi) il parere della Commissione interparlamentare per le questioni regionali e l'approvazione con decreto del Presidente della Repubblica.
Infine sono stati ritenuti viziati da carenza di motivazione anche gli atti regionali (parere della Commissione tecnica regionale e decreto del Presidente della Giunta regionale del Veneto) che espressero un parere positivo sulla conformità urbanistica del progetto senza precisare quali fossero le "previsioni urbanistiche generali" che avrebbero consentito la realizzazione dell'opera.
Gli effetti della sentenza. La sentenza del TAR Veneto, che è esecutiva, annulla tutti gli atti relativi alla procedura di valutazione di impatto ambientale, ossia il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2003, il parere della Commissione ministeriale V.I.A. del 19 dicembre 2002 e la decisione del Consiglio dei ministri del 20 dicembre 2002.
Inoltre la decisione comporta l'annullamento del decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti del 5 aprile 2004 di approvazione del progetto definitivo e della precedente conferenza di servizi del 20 novembre 2003, nonché dei pareri regionali della Commissione tecnica del Veneto del 29 ottobre 2003 e il decreto del Presidente della Giunta regionale del 19 novembre 2003 sulla conformità urbanistica dell'opera.
Ne consegue il blocco di tutte le procedure di espropriazione (oltre 900 i soggetti privati interessati) e di quelle di appalto dell'opera.
Il progetto, con lo stesso o con un diverso tracciato, potrebbe essere nuovamente sottoposto alla valutazione di impatto ambientale statale e alle procedure di approvazione, ma la nuova valutazione non potrà ripetere i gravi vizi censurati dal TAR Veneto e soprattutto non potrebbe prescindere dalle precise statuizioni del Giudice amministrativo veneziano sull'effettiva opportunità dell'opera e su una necessaria "riconsiderazione della scelta di realizzare il tronco autostradale in questione nel contesto di una politica del territorio finora mancata".
Il commento degli avvocati Gianluigi Ceruti e Matteo Ceruti che hanno patrocinato tutti i ricorrente.
La pronuncia del TAR Veneto dimostra che ancora nel nostro Paese c'è un Giudice custode della legalità dell'azione amministrativa.
Si tratta di un duro colpo alla convinzione che l'attività del vertice politico sia sciolta dai "lacci e lacciuoli" delle leggi vigenti e che la legittimità amministrativa delle grandi infrastrutture pubbliche risieda "nelle opere in sé", ossia in una presunta legittimazione politica in grado di "lavare" ogni macchia e quindi di impedire il controllo giurisdizionale.
Il Giudice amministrativo veneziano ci ricorda che in uno Stato di diritto non basta un'arbitraria ed immotivata decisione governativa per espropriare i beni privati, sventrare il territorio e deturpare i tesori dell'umanità.
Il preciso ammonimento a riconsiderare la scelta di realizzare il tronco autostradale in questione nel contesto di una politica del territorio che nel Veneto è finora mancata e di una valutazione critica di un modello economico costruito sul consumo della risorsa territoriale, è una vera e propria boccata d'ossigeno per chi ha a cuore le sorti del nostro ambiente e della legalità.
I privati e le associazioni ricorrenti esprimono la propria grande soddisfazione per l'esito dei ricorsi e ringraziano lo Studio Legale Ceruti, lo Studio Terra l'urb. Marco Zecchinato e l'ing. Daniele Pedrina per la loro collaborazione professionale.
Lucio Pasotto
Risponde Tino Bedin
La sentenza è importante sul piano del futuro di questa infrastruttura, in quanto la riporta nell'alveo corretto del confronto fra progettazione e territorio, fra abitanti e istituzioni. Non credo però che essa possa significare semplicemente l'abbandono del progetto, che ha il consapevole appoggio delle amministrazioni comunali interessate. Credo che ora tocca principalmente ai sindaci riappropriarsi della gestione del territorio e dare indicazioni per una soluzione.
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