Wto a Hong Kong

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Padova, 3 marzo 2005

Il Mercato come pensiero unico sta per dettare le regole
Ci preparano un mondo di clienti
Un modello contrario alla Costituzione italiane alla storia europea

Penso davvero che il tema che vado a segnalarvi ci interpelli fortemente in quanto cittadini di Padova e del Mondo che con assoluto disinteresse "hanno fatto e fanno politica", unicamente perché motivati da passione civica ed attenzione all'interesse di tutti. Lo faccio attingendo abbondantemente, dalla rivista mensile "Mani Tese" (gennaio 2005, n. 418 pagg.21/26), articoli intitolati "Il WTO e la svendita del mondo" e "Il ritorno dei GATS".
Cos'è il WTO (World Trade Organization)? L'ente nasce il primo gennaio 1995 come evoluzione dell'accordo GATT per favorire sempre più il commercio internazionale dei beni. In pochi anni il WTO amplia la sua sfera di influenza dal solo commercio di beni a praticamente tutte le attività immaginabili, servizi con il GATS, proprietà intellettuale e brevetti con il TRIPS, agricoltura con l'AoA, ed altri. Nella sola categoria dei servizi ricadono, tra gli altri ambiti, l'istruzione la sanità, le poste, le telecomunicazioni, i servizi finanziari (banche, assicurazioni,fondi pensione), i trasporti, l'erogazione della energia eletrrica, la gestione, l'accesso e la depurazione dell'acqua.
Il WTO, al quale partecipano praticamente tutti gli Stati del mondo con voto paritario ma nel quale i paesi ricchi del mondo dominano nella realtà i negoziati imponendo le proprie scelte ed i propri interessi, ha convocato a Hong Kong tra il 13 ed il 18 dicembre 2005 una Conferenza Ministeriale Mondiale in occasione della quale dovrebbe chiudersi il negoziato GATS (Global Agreement on Trade in Services) sulla liberalizzazione dei serviz iniziatosi nel gennaio 2000. L'obiettivo qual è? Quello di eliminare qualsiasi ostacolo al libero commercio; tutto - nell'ambito dei servizi - deve diventare commerciabile, tutto può essere reso vendibile ed acquistabile; tutti i Paesi saranno obbligati via via a rimuovere e togliere dai loro programmi, dalle loro legislazioni "tutti gli ostacoli al libero commercio" e tra questi leggi troppo restrittive in tema di ambiente, tutele dei diritti dei lavoratori, degli utenti, progetti e finanziamenti od altri sostegni da parte delle pubbliche autorità a settori cruciali, come istruzione e sanità, che potranno essere persino considerate "misure distorsive" al libero commercio.
Si configura così una autentica pesantissima espropriazione delle potestà nazionali e locali delle comunità in riferimento alle grandi scelte sulle prospettive del loro sviluppo, l'annullamento delle opzioni politiche che competono naturalmente alle rappresentanze elettive delle singole nazioni. Il tutto nel segreto di organismi "tecnici" nei quali la democraticità, la trasparenza, l'informazione, la partecipazione sono un di più, un difetto, una perdita di tempo, un ostacolo al libero dispiegarsi del Pensiero Unico, del Mercato.
E' facile comprendere come le economie deboli, specie quelle dei Paesi in via di Sviluppo, oberati da pesantissimi debiti pubblici, potranno diventare facile preda dei robusti appetiti di aziende erogatrici di servizi. Basti solo accennare come il Mercato si sia buttato, anche in paesi poverissimi, sul garnde affare della distribuzione dell'acqua, una risorsa fondamentale di cui nessuno può fare a meno.
Anche l'Unione Europea si è preparata all'appuntamento del prossimo dicembre ,mediante una direttiva preparata da Bolkenstein, commissario europeo per la concorrenza ed il mercato interno della Commissione uscente, approvata nel gennaio 2004 dalla stessa, presentata al Parlamento e poi al Consiglio dei Ministri, dovrà essere votata dal Parlamento Europeo verso la fine del corrente mese di marzo. La direttiva è stata elaborata dopo aver consultato "democraticamente" 10 mila aziende europee; non risultano interpellati né sindacati, né associazioni, né organismi della società civile. L'obiettivo è quello di imporre agli stati membri la concorrenza commerciale senza regole in "ogni attività economica che si occupa della fornitura di una prestazione oggetto di contropartita economica".
Le conseguenze di ordine sociale ed ambientale, le ricadute sulle condizioni di vita di vaste fasce di utenti incapaci di "contropartita economica", l'assicurazione di standard di qualità, il controllo delle tariffe, il diritto universale di accedere ai servizi essenziali sono temi, aspetti e problemi del tutto ignorati. Tutta questa rete di ovvie garanzie diventano "ostacoli burocratici alla competitività" che devono essere tolti in "ogni settore di attività economica in cui un servizio può essere fornito da un privato". Stiamo parlando di istruzione, sanità, acqua, trasporti, energia.
Mi domando se e cosa potrà essere fatto dai nostri rappresentanti al Parlamento Europeo che di recente abbiamo eletto. Occorrerebbe prima di tutto portare allo scoperto questi enormi problemi e su di essi aprire un grande dibattito per una soluzione al meglio, per conciliare economicità ed equità, per dettare delle regole, porre dei paletti. La soluzione così come impostata si profila invero per noi cittadini gravida di conseguenze negative. Si apre la prospettiva di passare dallo status di "utenti" e quindi di interlocutori ascoltati e tutelati su così fondamentali e delicati servizi quotidiani a quello di "clienti", semplici compratori, se lo potremo, di "merci e prodotti" offerti sul mercato.

Giovanni Susini

Risponde Tino Bedin

Ecco un tema sul quale finalemte sarebbe bene che l'Unione discutesse e dicesse quale soluzione propone per gli italiani e per gli europei. Comprende i temi della vita quotidiana (i costi e l'organizzazione dei servizi pubblici essenziali), sui quali si misura la capacità della politica di interpretare le esigenze delle persone. Comporende i temi della democrazia effettiva, molto più rilevanti del conflitto di interessi o del lavoro dei giudici: un momdo di clienti non sarà mai pienamente un mondo di cittadini, perché istruzione, acqua, salute e mobilità dipenderanno dai soldi e non dalla cittadinanza.
Non è la società descritta dalla nostra Costituzione, quella che si prefigura: quindi, non solo i parlamentari europei, ma anche i parlamentari nazionali e i consiglieri regionali sono chiamati ad interrogarsi e a dire cosa pensano e come intendono agire. Il mio pensiero l'ho espresso in più occasioni e lo ribadisco: il governo della società deve essere ripreso dalla politica; il Mercato non ne ha né titolo né capacità. L'Unione Europea ha le dimensioni demografiche ed economiche per svolgere una funzione globale non solo nell'economia ma soprattutto nella cittadinanza, sulla base del modello sociale che ha consentito il suo sviluppo. Se rinuncia a questo ruolo non avrà più senso, ma soprattutto sarà insignficante, perché sarà solo un mercato ed allora la Cina sarà per le sue dimensioni sicuramente più potente e gli Stati Uniti, con il loro apparato militare, saranno sicuramente più... convincenti.

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8 marzo 2005
di-441
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Tino Bedin