Senatore Bedin, la ringrazio del suo riscontro e mi permetto di manifestarle la mia totale
sfiducia sulla possibilità che effettivamente il riordino dello stato giuridico dei professori universitari venga affrontato
con un disegno di legge ordinario, proprio perché le promesse del Ministro
Moratti sul punto, in tantissimo tempo, non hanno trovato il benché minimo
risvolto concreto. Mi auguro pertanto che l'opposizione sappia trovare
comunque strumenti forti di contrasto a questa riforma scandalosa,
assumendosi già da ora, e non solo dopo le elezioni, la responsabilità di
una battaglia che non è una battaglia di corporazione, ma interessa l'intera
società italiana. Forse occorre dare più voce alle ragioni profonde della
protesta, coinvolgendo anche la parte di società che sta fuori dalle
Università e che fino ad ora non ha compreso l'importanza delle questioni in
gioco. In parte è colpa dell'Università stessa e, per quanto ci riguarda,
stiamo unendo gli sforzi perché la situazione cambi. In parte chiediamo
anche alle forze politiche di portare avanti per noi, nelle competenti sedi
istituzionali, non solo la protesta, ma anche una proposta costruttiva e
alternativa allo sfacelo che il ddl Moratti contiene in sé.L'appello precedente La sottoscritta Francesca Limena, ricercatore universitario all'Università di Padova,
esprime dissenso rispetto al disegno di legge delega per il riordino dello stato giuridico dei professori universitari, così come risulta dall’esame degli emendamenti a questo apportati. Ritengo che esso penalizzi sia la ricerca che la didattica universitaria, in particolare in riferimento ai seguenti punti:
- Introduzione, fino ad un massimo del 50%, di docenza esterna (regolata da contratti di diritto privato) priva di idoneità nazionale, senza una chiara definizione dell'adeguata qualificazione scientifica e didattica necessaria (art.2, comma 3 lettera f);
- Precarizzazione del ruolo dei ricercatori e omesso riconoscimento del titolo di Dottore di ricerca come prerequisito per lo svolgimento dell'attività di ricerca (art. 2, comma 3 lettera i);
- Eliminazione della distinzione (e relativa equiparazione del trattamento economico) tra "tempo definito" e "tempo pieno" (art.2; comma 3 lettera m) e compensazione dell'onere di tale equiparazione con la "riduzione delle supplenze e degli affidamenti rispetto a quelli conferiti negli anni precedenti" (art. 4 comma 1 e 2);
- Assenza, nel DDL, di articoli che sanciscano il principale diritto/dovere di un ricercatore, ovvero quello di produrre della (buona) ricerca, aumentandone anzi il carico didattico e diminuendo sensibilmente il tempo da dedicare alla ricerca.
Chiedo quindi con forza la sospensione dell’iter parlamentare e l’apertura di una discussione costruttiva che tenga conto delle richieste di chi nell’Università opera (ad esempio: CRUP, CRUN, Senato Accademico), con l'auspicio che tali richieste vengano ascoltate, facendo appello al comune obiettivo di offrire un’istruzione universitaria di alta qualità e al comune senso del dovere nei confronti delle generazioni future.
Francesca Limena ricercatore universitario all'Università di Padova
Risponde Tino Bedin
Sono stati decine e decine i ricercatori e i docenti universitari che hanno scritto ai parlamentari per manifestare il loro dissenso al disegno di legge che li riguarda. Essi hanno sottoscritto un appello unitario, che è quello che è riportato sopra. A ciascuno di loro ho risposto in questi giorni e dalla risposta sono scaturite le ulteriori riflessioni di Francesca Limena, che ringrazio per il dialogo. Questo il testo della mia risposta all'appello dei professori e ricercatori universitari.
Gentile Dottoressa Limena,
ho atteso a dare riscontro alla sua segnalazione, perché il provvedimento è incardinato alla Camera e desideravo verificare quale era effettivamente la volontà del governo e della maggioranza, sia in merito alle vostre richieste che in riferimento alla procedura.
Ho ricavato la convinzione che l'atteggiamento del governo non sia cambiato, anzi che continui l'ostruzionismo della maggioranza su una materia, che per la sua delicatezza, avrebbe richiesto e richiederebbe da parte del governo una forte capacità di ascolto e di confronto vero. Invece si fa solo passare il tempo. Lo si è fatto in Commissione. Lo si fa in Aula. Il provvedimento vi è approdato il 21 febbraio. Poi riapparirà l'8 marzo. In mezzo non ci sarà un confronto aperto, trasparente, ma qualche trattativa fra il governo e la sua maggioranza, trattativa in sede politica e non istituzionale, alla quale le parti interessate, cioè tutta l'Università, non sarà invitata.
Diversa è stata la proposta dell'Unione: impiegare questo tempo per un ritorno del provvedimento in Commissione e lì verificare gli effettivi cambiamenti che il governo ha promesso di apportare, in particolare la trasformazione di gran parte del provvedimento in un disegno di legge ordinario, mentre solo per la parte relativa ai concorsi si continuerà ad usare lo strumento della delega. Era una proposta fatta oltre un anno fa. Allora non è stata accolta e si è perso un anno. Il trascorrere del tempo, appunto.
Non rinunciamo dunque a sperare che dentro quel disegno di legge ordinario sia possibile dare risposta alle esigenze che lei e molti suoi colleghi hanno rappresentate.
Quanto non sarà possibile fare alla Camera, non mancheremo di impegnarci perché si possa realizzare al Senato.
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