Insegnamento di informatica

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Padova, 27 febbraio 2005

Potrebbe subire un grave ridimensionamento nei licei
La riduzione dell'informatica
priva la scuola pubblica di competitività

Una "materia di base" necessaria in tutti i percorsi formativi

Siamo un gruppo di insegnanti di Informatica, docenti in più istituti tecnici commerciali indirizzo ragioniere-programmatore sperimentazione Mercurio, e con grande sorpresa abbiamo constatato che nel sistema dei licei della nuova scuola secondaria l’insegnamento dell’informatica è stato notevolmente ridimensionato rispetto agli attuali livelli.
La nuova organizzazione del sistema educativo italiano relativa al secondo ciclo è articolata in due percorsi:
- i licei di durata quinquennale e che si caratterizzano “per il carattere propedeutico dei relativi percorsi rispetto alla prosecuzione degli studi a livello post-secondario, in ambito accademico e non”, università e IFTS (istruzione e formazione tecnica superiore) (dal documento del MIUR pubblicato il 17.01.2005);
- l’istruzione e formazione professionale (IFP) di durata quadriennale e caratterizzata da percorsi che prevedono l’immediato inserimento nel mondo del lavoro o la prosecuzione nei corsi IFTS.
Il primo percorso è definito a livello nazionale, il secondo a livello regionale.
Al momento conosciamo quanto previsto per il sistema liceale e su questo vorremmo fare alcune riflessioni riguardo alla formazione dei giovani in generale e riguardo all’indirizzo economico, data la competenza degli scriventi, tutti docenti in istituti tecnici commerciali.
Nei licei classico, scientifico, linguistico e scienze umane l’insegnamento dell’informatica, come materia a se stante, non è previsto nel percorso obbligatorio e opzionale obbligatorio. Questo indica che si propende a pensare che tale disciplina, considerata essenzialmente di carattere applicativo, male si addica a percorsi puramente speculativi. Vorremmo, invece, sottolineare la ricchezza di linguaggi, modelli e comportamenti, che l’informatica, meglio la scienza dell’informazione, mette a disposizione, collocandosi come area scientifica indipendente dalla matematica e dall’ingegneria. In una società in cui l’utilizzo di strumenti informatici accompagna ed integra una notevole quantità di attività umane, è necessario introdurre argomenti che consentano di riflettere su un nuovo modo di interpretare e rappresentare la realtà, coniugando il sapere ed il saper fare.
Ancora più grave, a nostro avviso, la situazione nel liceo economico, in cui l’informatica è abbinata a matematica, non riconoscendole, così, alcuna autonomia di pensiero. In un indirizzo la cui vocazione è quella di fornire “competenze organizzative, amministrative e gestionali” per l’indirizzo economico-aziendale o “competenze economico-giuridico-istituzionali” per l’indirizzo economico-istituzionale, viene a mancare la formazione mirata a sollecitare nei giovani capacità di analisi, propensione alla soluzione di problemi e acquisizione di modelli per l’individuazione di soluzioni in ambito informatico.
Nello scenario di questa riforma scolastica ci chiediamo quale sarà il futuro degli informatici nella scuola pubblica.
Non ultimo, in questo quadro, è da considerare che il patrimonio di conoscenze, competenze, abilità non apparterranno più alla formazione della scuola secondaria di secondo ciclo, che finora ha preparato i quadri intermedi, richiesti e tuttora apprezzati dal mondo del lavoro, privando la scuola pubblica di competitività, della capacità di essere all’altezza dei tempi e di offrire conoscenze adeguate ad interagire con la continua evoluzione della tecnologia informatica.

Andrea Benetton, Chiara Quaglio, Paola Bezze, Daria Recher, Giovanni Coffaro, Cristina Remelli, Fortunata Cucinotta, Antonella Schiavon, Donatella Daniele, Monica Sfogli, Giuseppe Gradella, Rosalba Solimbergo, Francesca Missiroli, Silvia Tognazzo, Paola Piovan, Anna Maria Zottis

Risponde Tino Bedin

Anche se lo schema di decreto legislativo sulle norme generali per il secondo ciclo di istruzione non è ancora alla stesura finale, avete fatto bene ad intervenire e a richiamare l'attenzione di noi parlamentari e dell'opinione pubblica sullo spazio, ma soprattutto sul ruolo che il ministero intende assegnare all'Informatica. Poiché mi dicono che prima della stesura definitiva si terrà conto degli incontri che sono avvenuti a livello scolastico ed anche a livello politico, mi auguro che la vostra presa di posizione venga tenuta in considerazione, assieme ai numerosi contributi che proprio sull'Informatica sono arrivati alla casella secondociclo@istruzione.it del ministero. In ogni caso, poiché lo schema di decreto sarà sottoposto al parere parlamentare, ho provveduto a trasmettere le vostre considerazioni ai senatori della Margherita in commissione Istruzione; spero anzi di essere nella condizione di poter seguire personalmente la discussione.
Il tema che voi ponete è infatti di carattere generale e riguarda la capacità della servizio pubblico di formazione e di istruzione di essere all'altezza delle richieste dei giovani e delle loro famiglie. L'Informatica è sempre più una "materia di base", fornisce strumenti e struttura culturale utilizzabili nell'insieme della attività successiva alla scuola. È paradossale che una maggioranza che aveva propagandato l'Informatica fra le "tre i" della formazione di base italiana, nei fatti ora consideri l'infornativa stessa come una "materia professionale", che non ha cittadinanza nei licei. Sarebbe un'altra delle promesse mancate.
E c'è anche - nella filosofia del governo e della maggioranza - un'altra scelta che non mi sento di condividere: la netta separazione fra preparazione professionale e preparazione ai percorsi universitari, che corrisponde ad una logica mercantile della formazione scolastica.
L'una e l'altra scelta impoverirebbero l'offerta formativa della scuola pubblica, riducendone la missione universale e lasciando campo libero all'iniziativa privata, che è il contrario della concorrenza e del pluralismo: se uno dei soggetti si ritira dalla competizione non si crea concorrenza, si mettono le premesse per un monopolio privato, magari assistito con le tasse dei cittadini.

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1 marzo 2005
di-435
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Tino Bedin