In un momento in cui i demoni della violenza sembrano trionfare, la
Carovana della Pace promossa dalla Famiglia Missionaria Comboniana ritorna
sulle strade d'Italia ad annunciare il Vangelo della pace.
La guerra in Iraq
è solo la parte più visibile di un immenso cancro che ci sta divorando
tutti.
Il nostro è un mondo sempre più violento, sempre più militarizzato all'ombra
del Grande Fungo (chi ricorda le "guerre dimenticate" del Congo,
nord-Uganda, Cecenia, Colombia, Sudan?).
È il male oscuro che crea paura, bisogno di sicurezza per difendere il
nostro stile di vita, quello del 20 per cento del mondo che consuma l'83 per cento delle
risorse.
La conseguenza è un'altra guerra, più spietata di quella con le armi: la
guerra contro i poveri che ammazza quaranta milioni di persone all'anno.
Questo regime di violenza ci porta ad armarci fino ai denti: nel 2003 gli
USA, ad esempio, hanno speso 400 miliardi di dollari per il bilancio di
difesa; altri 200 miliardi per la guerra contro l'Iraq. Nel mondo stiamo
tornando alle spese militari degli anni della guerra fredda: 1.000 miliardi
di dollari all'anno.
Anche l'Italia l'anno scorso ha incrementato notevolmente sia il bilancio
della Difesa sia la produzione e l'export di armi ("dell'elmo di Scipio s'è
cinta la testa").
Il sud Italia è sempre più militarizzato: le basi NATO a Taranto, il comando
delle forze navali USA in Europa a Napoli (città divenuta quartier generale
della Forza di Rapido Dispiegamento NATO, con ventimila uomini all'ordine
diretto del Pentagono), gli Eurofighter a Gioia del Colle (BA), i Predators
ad Amendola (FG). Inoltre moltissimi sono i giovani costretti a svendersi ed
arruolarsi, pronti a fare guerra e a colpire altri poveri.
Noi della Famiglia Missionaria Comboniana in carovana attraverso le strade
d'Italia diciamo NO alla guerra in Iraq, NO a tutte le guerre, NO al
terrorismo in tutte le sue forme, NO all'islamofobia e allo scontro tra
islam ed occidente, NO a questo riarmo spaventoso dalle armi leggere
all'atomica e alle armi batteriologiche.
Dobbiamo avere il coraggio di dire: "O Dio o la bomba!". Il coraggio di
vivere quotidianamente la nonviolenza attiva proposta da Gesù di Nazareth.
Non possiamo accettare che le forze armate italiane rimangano in Iraq: la
loro non è una missione di pace, ma parte di una aggressione contro il
popolo iracheno, parte di una guerra "ingiusta e immorale" (come hanno
affermato il card. Martino e il card. Tauran).
Dobbiamo avere il coraggio di dirlo come chiesa e come società civile
italiana fiera dell'articolo 11 della Costituzione.
Possiamo farlo chiedendo una normativa sull'export europeo di armi, esigendo
l'istituzione di corpi civili di pace e di interposizione, rilanciando una
massiccia campagna di obiezione fiscale alle spese militari e aderendo alla
petizione popolare "Paghiamo per la pace anziché per la guerra" (perché sia
legittimo che parte delle tasse del contribuente non vada versata per la
difesa armata, ma per la Difesa Popolare Nonviolenta).
È un momento gravissimo per l'umanità: tessiamo reti di organizzazione
popolare il più trasversale possibile, perchè sia Vita Piena per Tutti!
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Famiglia Missionaria Comboniana
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Risponde Tino Bedin
Ho pensato che questa lettera, pur arrivata qualche giorno fa, fosse adatta ad essere pubblicata il giorno di Natale. Gli auguri e le speranze che ci scambiamo oggi non sono "gratis". Augurare la pace non è senza costo. Bisogna decidere insieme, come comunità e come istituzioni, quante risorse destintare alla pace, quanti euro sottrarre alla guerra, quante "forniture di pace" possono sostituire i contratti degli armamenti. Tutto questo non è gratis. Costa politicamente, ha un prezzo economico e diplomatico. Io credo che la pace sia un investimento produttivo, come testimonia l'esperienza dell'Unione Europea. Bisogna che insieme ci assumiamo il rischio della pace.
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