Partiti e finanziamenti

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Reggio Emilia, 14 dicembre 2004

Considerazioni sui giudizi di Romano Prodi
Politica e mercenari
L'imprudente è stato Berlusconi a chiamarli volontari


Egregio Senatore, francamente non capisco perché l’ex presidente della Commissione Europea, prof. Romano Prodi, abbia chiamato mercenari gli attivisti di Forza Italia che fanno politica ricevendo un compenso e lo abbia fatto caricando la parola di un pesante significato polemico e dispregiativo.
Non capisco nemmeno perché Forza Italia abbia scelto di porsi sulla difensiva, rispetto a questa accusa, dichiarando che i mille giovani che lavoreranno per le prossime elezioni regionali non saranno retribuiti, quasi fosse motivo di imbarazzo.
Ma scusate, i funzionari degli altri partiti che oggi fanno politica ricevendo uno stipendio mensile, diretto o indiretto, che cosa sono?
Qualcuno ha dimenticato forse le migliaia di funzionari che per decenni sono stati stipendiati dal PCI, dalla DC e dal PSI? Cos’erano costoro, forse dei volontari?
Ed i parlamentari che ricevono un compenso, oltretutto lauto, per l’attività di rappresentanza politica che svolgono, sono anche loro dei mercenari?
L’attività politica svolta in modo professionale non è un esempio di immoralità, ma il risultato di un processo storico che ha consentito l’affermarsi della democrazia di massa in Italia.
Tutto il resto è solo “moralismo bacchettone”, che esalta il volontariato in tutte le salse, ma prescinde da ogni serio ragionamento politico.
Se si va a leggere il nuovo Zingarelli – vocabolario della lingua italiana - si scopre che per mercenario si intende “chi presta la propria opera per denaro”.
Io stesso che svolgo, come libero professionista, l’attività di consulente nel campo del marketing politico potrei essere classificato come un mercenario.
Seguendo la logica di Prodi, dunque, qualsiasi tipo di lavoro politico retribuito dovrebbe considerarsi mercenario, ma questo mi sembra un ragionamento assurdo e antistorico. Quella di Prodi potrebbe essere interpretata addirittura come l’affermazione di un reazionario che sogna il ritorno alla democrazia pre - fascista, sancita dallo Statuto Albertino, dove a fare politica nelle aule parlamentari, od in altri luoghi, erano solo quei privilegiati che per condizioni economiche potevano permetterselo.
Consiglierei quindi a Prodi, onde evitare di scadere nella demagogia o nell’ipocrisia, di riflettere meglio.
   

Giuseppe Bianchi
Risponde Tino Bedin

L'imprudenza non è stata di Romano Prodi ma di Silvio Berlusconi, che ha chiamato volontari i suoi "Mille" (come i garibaldini?) e poi si è affrettato a dire che riceveranno un compenso: evidentemente per rendere credibile alle orecchie dei suoi la promessa che stava facendo, essendo probabilmente evidente a molti all'interno di Forza Italia che il volontariato è abbastanza sconosciuto in un partito-azienda.
C'è anche l'anomalia che i soldi - a stare alle parole del presidente del Consiglio - non sono del partito, ma del cavalier Berlusconi. Se Fini o Fassino, se Follini o Rutelli dicono: destiniamo una parte del finanziamento pubblico del partito per mettere in piedi una struttura di professionisti a supporto dell'attività di partito nei singoli collegi elettorali, nessuno troverebde alcunché di stonato. Stona invece che il presidente del Consiglio annunci di pagare dei volontari da affiancare ai parlamentari.
Detto questo, le sue osservazioni contengono importanti ed in molti passaggi considivisibili considerazioni sul rapporto fra politica e risorse economiche. Meritano di essere discusse anche dai nostri lettori.
Anche se - ed è questa invece l'ultima mia considerazione - l'apporto del volontariato politico nei contatti con le persone e le famiglie, nella conoscenza delle comunità locali, nella "presentazione" dei candidati è a mio parere determinante per i risultati e per la democrazia. Il "lavoro" che Silvio Berlusconi intende affidare ai suoi "Mille" è l'impegno tipico che a livello locale svolgono e svolgevano le persone che vogliono così partecipare alla vita collettiva: lo è per la mia esperienza, ma lo è sempre stato per i partiti popolari, anche se avevano una struttura organizzativa professionistica.


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18 dicembre 2004
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