Fecondazione medicalmente assistita

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Padova, 15 luglio 2004

Verso il referendum sulla legge che la regola
Procreazione medicalmente assistita
tra ideologia e medici di successo

Il Parlamento non vota dei... comandamenti, ma percorsi di cui i cittadini scelgono la meta


Dopo il fallimento dell'iniziativa radicale per un referendum abrogativo dell'intera legge 40/2004 sulla fecondazione assistita è partito un nuovo fronte allargato per tre "potature selettive".
Propongo alcune osservazioni.
1) La legge fu varata lo scorso febbraio, dopo tormentatissimo iter, con il motto "meglio una brutta legge che nessuna legge": cioè per por fine, almeno, alla jungla che si era sviluppata in assenza non solo di legge specifica, ma anche di effettivo controllo da parte dell'Ordine dei Medici.
2) La legge, oggettivamente, ingabbia l'esercizio di una corretta professione medica in "linee guida" che sono "obbligatorie" (con una netta contraddizione in termini), ma bisogna riconoscere che la capacità di autodisciplina dei medici attraverso il loro Ordine è assolutamente inadeguata (e, temo, sia oramai non più ripristinabile a livelli dignitosi).
3) La legge vieta ogni forma di fecondazione eterologa (cioè con donatori estranei alla coppia) e di ricerca al di fuori della procreazione assistita così intesa. Di entrambi questi divieti i referendari chiedono la cancellazione.
4) La legge tutela l'embrione fin dal momento della fecondazione e in questo, per certi aspetti, si pone in un'ottica più garantista dei diritti dell'embrione anche rispetto alla Legge 194/78 (cosidetta legge sull'aborto).
5) Molti analisti sono concordi nel ritenere che il successo nella raccolta delle firme e il raggiungimento del quorum per i quesiti eventulamente ammessi a referendum dipenderà dal grado di sostegno dei Ds e che, se si arriva a votare, il successo dei SI sia scontato.
6) L'accorpamento (o comunque la vicinanza) del referendum con le Regionali 2005 (e con le politiche anticipate?) sanzionerebbe il trionfo di tutto fuorché di consultazioni democratiche pertinenti e mature.
Amara conclusione:
a) come medico che si sforza di operare secondo scienza e coscienza nel singolo caso clinico, non ho dubbi a rivendicare la mia competenza prioritaria rispetto al politico che pure operi secondo scienza e coscienza (ma necessariamente facendo di ogni erba un fascio);
b) in pratica però, come cittadino, temo che la scelta sia fra la "padella" di (relativamente molti) politici ideologizzati e la brace di (relativamente pochi ma comunque troppi) medici/ricercatori pronti a vivisezionare la propria madre per i soldi e il successo...
Si accettano interventi consolatori.
   

Leopoldo Salmaso
Risponde Tino Bedin

Nel dibattito parlamentare che ha portato alla approvazione della legge sulla fecondazione medicalmente assistita sono stato fra i senatori che si sono "esposti", intervenendo personalmente nell'aula del Senato, senza limitarmi a votare secondo le indicazioni di gruppo (o la linea prevalente, come è stato nel caso del gruppo della Margherita-L'Ulivo).
Ho detto allora che era indispensabile non lasciare alla burocrazia e al mercato (cioè ha chi ha potere e soldi) determinare l'esercizio di diritti di genitorialità e di umanità. Era ed è un dovere cui noi legislatori non potevamo sfuggire. Per questo dovevamo votare una legge possibile. Io ho votato la legge e penso di aver fatto una scelta che, pur non risponendendo sicuramente alle aspettative di tutti i miei elettori, certamente non contrastava la scelta personalistica e solidaristica. La conferma è venuta dal fallimento del referendum per l'abrogazione della legge.
Ho concluso allora e confermo ora che tutto il bene che non si era potuto inserire nella legge in quel momento doveva costituire una debito da saldare, da parte dei legislatori, immediatamente con l'adeguamento delle norme, con la verifica dell'applicazione, con la ricerca di diverse maggioranze parlamentari. Per questo l'iniziativa referendaria di correzione della legge va utilizzata come un ulteriore momento di confronto, verifica, stimolo.
Detto questo, sento il diritto - almeno su temi che toccano la vita delle persone, le loro sofferenze e e le loro speranze - di chiedere di non utilizzare un qualunquismo antidemocratico nella valutazione dei parlamentari. Siccome non è assolutamente necessario "fare di ogni erba un fascio" in politica, al Senato siamo in molti che non lo facciamo, specialmente quando chiediamo la parola o alziamo la mano in nome delle persone.
Nè c'è ideologia nelle decisioni che prendiamo o contribuiamo a prendere: c'è piuttosto un insieme di valori spesso dialettici fra loro. Questi ci aiuta a non pretendere di votare dei comandamenti, ma più semplicemente dei percorsi in cui i cittadini abbiano indicazioni adeguate e possibilmente buoni compagni di viaggio per raggiungere la meta che essi e non la legge si prefiggono.


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23 luglio 2004
di-373
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