Italiani in Iraq

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Venezia, 23 maggio 2004

Quanta fatica per la mozione unitaria del centrosinistra sull'Iraq!
Affermare senza paura il dialogo
come forma di risoluzione dei conflitti

Modernità è accettare la scoperta della pace come nuovo motore del mondo


Egregio senatore, la ringrazio per averci mandato il testo del suo discorso per quanto riguarda la guerra in Iraq, visto che fra le altre cose, in questo paese, si vanno sempre più restringendo gli spazi di informazione, la televisione di certo non contribuisce più di tanto a tenerci aggiornati su ciò che avviene, soprattutto per quanto attiene al dibattito politico; per fortuna in questa epoca il computer ci viene in aiuto...
Non posso che approvare in linea di massima le posizioni da lei espresse sul conflitto, ma intendo approfittare di questa opportunità per segnalarle una riflessione che ritengo importante e su cui le posso garantire convergono le idee di molte persone.
Sono contenta che finalmente ci sia stata questa mozione di richiesta di ritiro delle truppe italiane, ma non posso non dire che c'è voluto molto, forse troppo tempo per arrivarci. Credo che per chi non vuole vivere nella menzogna e/o nella cecità, da mesi è evidente che cosa sta succedendo in quel paese. Continuo a chiedermi da che cosa vengono tutte queste resistenze ad assumere una posizione chiara. Non è stato un bello spettacolo l'incertezza e gli equilibrismi di questi mesi per arrivare ad una posizione condivisa, che pure ha visto alla fine diversi casi di "distinguo", "non sono d'accordo ma mi adeguo", ecc... Abbastanza avvilente devo dire.
Sono convinta che i giochi di partito non pagano, che continuare ad utilizzare questioni di così grande portata, prima che politica, umana, per giochi politici ed elettorali sia veramente deprimente e comunque non aiuta a vincere le elezioni! Alla fine ci siamo trovati con una mozione per il ritiro il giorno in cui Berlusconi invoca l'intervento dell'ONU, spacciandosi per quello che davvero sta lavorando per il cambiamento in Iraq. Certo lei, io e altre persone sanno che è un bluff, ma l'equivoco c'è e le incertezze e le discussioni nel centrosinistra hanno di certo contribuito a renderlo possibile.
Di che cosa avete paura ad affermare fino in fondo una logica che mette al primo posto la vita umana, che ricerca il dialogo come forma di risoluzione dei conflitti?
Perchè necessità così impellenti e su cui milioni di persone in Italia da due anni esprimono fortemente dissenso e chiedono che si prendano posizioni nette sono meno importanti delle beghe interne e, mi scusi se lo dico, meno importanti di quello che dice il sig. Boselli che francamente neanche sul piano elettorale conta, visto che rappresenta un'esigua minoranza?
Credo che anche sul piano culturale e storico il Novecento, con i suoi conflitti mondiali e le altre innumerevoli guerre, ci abbia messo di fronte alla necessità di cambiare radicalmente il nostro modo di pensare, di recuperare e questo mi permetto di sottolinearlo anche per la professione che svolgo, di sviluppare, anche attraverso soluzioni creative, nuovi strumenti di relazione che mettano al centro il pensiero e non l'azione. Non credo vi sia altra strada se non vogliamo correre velocemente verso l'autodistruzione.
Mi fermo perchè sarebbe lungo e complesso proseguire il discorso. La ringrazio di avermi dato l'opportunità di esprimere un pezzetto di ciò che penso e mi auguro e le auguro che il futuro prossimo ci riservi qualche cambiamento.
   

Teresa Antonietta Mutalipassi
Risponde Tino Bedin

Le domande che lei pone sono giuste, inevitabili. Me le sono poste da tempo. Le mie risposte sono state le scelte di voto in Senato contro l'invio degli alpini in Afghanistan, contro la missione Antica Babilonia, contro il rifinanziamento del nostro contingente in Iraq. Sono stati voti minoritari nella rappresentanza politica, ma che ho espressi nella sicurezza che erano maggioritari non solo tra coloro che mi hanno eletto al Senato, ma tra l'intera popolazione italiana.
Ora che queste scelte di voto sono diventate maggioritarie nel centrosinistra non ho però ritenuto giusto fare nessuna "rivendicazione", nessuna "recriminazione". Bastava essere arrivati insieme. Anche l'esserci arrivati in quel momento, con Berlusconi che raccontava inesistenti protagonismi suoi all'Onu, con semplicismi menzogneri, è stato significativo: non aver ceduto all'incantesimo è un segnale che l'Ulivo ed il centrosinistra hanno fatto prevalere il rispetto per la tragedia della guerra sull'equilibrismo internazionale.
Spero sia un passo compiuto definitivamente verso la effettiva "modernità", che è accettare la scoperta della pace come nuovo motore del mondo.

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26 maggio 2004
di-371
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Tino Bedin