Molti sono i fatti e gli eventi che ricorderemo del governo Berlusconi. Basti citare (alla rinfusa) la crescita smodata di prezzi e servizi, l’aumento di tutti i tipi di reati (quasi il 40% in più), la quotidiana manipolazione dell’informazione quasi completamente in mano al premier, i tagli indiscriminati nel settore pubblico (basti pensare alla sanità o alle forze dell’ordine che rischiano di rimanere senza benzina per i loro mezzi), i lucrosi appalti per la costruzione del Ponte sullo stretto di Messina , una "priorità" che gli italiani stanno finanziando tirando la cinghia ogni giorno.
Uno degli eventi più significativi che ricorderemo sarà certamente la riforma della scuola targata Moratti. Una riforma il cui obiettivo più immediato è quello di risparmiare soldi e fare cassa. Una riforma che, al di là della propaganda, riduce drasticamente orari, materie, personale e risorse da investire.
Giova ricordare alcune delle modifiche che il primo dei decreti attuativi della riforma pone in essere:
- l’ anticipo della frequenza alla scuola dell’infanzia a 2 anni e mezzo, nonostante le perplessità degli Enti locali che non hanno i soldi per far fronte ad un aumento della popolazione scolastica in termini di strutture e trasporti. Delle nuove figure professionali promesse e previste per bambini così piccoli non c’è traccia. In qualche modo ci si arrangerà. La scuola materna italiana che, fino ad oggi era portata ad esempio nel resto d’Europa, rischia di trasformarsi in un asilo nido allargato
con un evidente ridimensionamento del progetto didattico a cui si informa;
- la figura del docente tutor, con la riduzione di orario e le attribuzioni previste, confligge chiaramente con quanto previsto dal Contratto nazionale di lavoro per i docenti, sgretola l’aspetto della collegialità e della contitolarità didattica degli stessi;
- la modifica dell’attuale tempo pieno, che costituiva un "progetto educativo" di rilievo. Esso viene ridotto a semplice “doposcuola”, con una forte riduzione dell’organico. Dovranno mettersi il cuore in pace anche gli studenti della nostra provincia, che nell’ attuale anno scolastico hanno contributo a formare 378 classi di tempo pieno nella scuola elementare (e 228 di tempo prolungato nella scuola media);
- la riduzione delle ore di Inglese, Italiano e Tecnica nella scuola media. Se può essere di conforto per quei membri del governo talvolta imbarazzati nell’uso del periodo ipotetico e dei tempi (non parliamo dell’Inglese!),tuttavia tale riduzione inevitabilmente riduce il valore e la qualità dell’istruzione;
- l’introduzione di materie facoltative ed opzionali che rischiano di trasformare la scuola in un supermarket, a discapito di una forte formazione di base dell’allievo.
Con la riforma Moratti viene abolito l’obbligo scolastico per la durata di 9 anni, già peraltro insufficiente. L’esigibilità del nuovo diritto-dovere, che la Legge 53 afferma essere costitu- zionalmente tutelato, è del tutto incerta, per la mancanza del prescritto decreto legislativo e soprattutto perché la riforma ne prevede una attuazione graduale, comunque subordinata alla disponibilità di effettive risorse finanziarie. In mancanza di una fase transitoria regolamentata si accresce il rischio dell’ abbandono, interrompendo quel percorso virtuoso orientato a livelli più alti di istruzione e formazione.
Né minori preoccupazioni vengono dalla Legge Costituzionale 3/2001 che assegna alle regioni potestà di legislazione esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale, nonché potestà di legislazione concorrente in materia di istruzione.
Non si comprende bene come si fa ad attuare una riforma a livello nazionale e nel contempo a preannunciarne un’altra che frammenta il sistema dell’istruzione a livello di ogni singola regione.
Al di là della scomparsa di un sistema di istruzione nazionale, con il rischio della creazione di standard formativi e valutativi completamente diversi e difformi (mentre si parla di standard europei), viene da chiedersi che ne sarà del personale della scuola, smembrato da contratti regionali magari concorrenziali(?).
In conclusione, sarebbe stato più opportuno e sensato che su materie così importanti si fosse cercato il maggior consenso possibile (magari coinvolgendo chi nella scuola ci lavora). Così non è stato e nel caso della riforma dei cicli si è utilizzata una legge-delega che ha imposto norme che paiono più ideologiche che logiche e che stanno creando notevoli incongruenze e incertezza. Né ci consola il fatto che i sondaggi ministeriali assegnino una percentuale di gradimento della riforma che si attesta vicino al 53 per cento. Evidentemente parole quali buon senso, ragionevolezza e interesse generale non fanno parte del vocabolario di questo governo.
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Romeo Chiavotti
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Risponde Tino Bedin
Non ho nulla da aggiungere, se non che tutto questo non è inevitabile. Basta votare diversamente, basta cambiare governo. Personale della Scuola e genitori degli studenti hanno sperimentato quello che succede con la Destra al governo, sono avvertiti. Possono... avvertire il governo (Berlusconi e la Moratti) già dalle prossime elezioni di giugno.
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