Gentile Parlamentare,
Le scrivo per chiederle di votare affinché la missione militare e civile
in Iraq non venga rifinanziata: nonostante l'uso dell'espressione
"missione umanitaria" si tratta di una missione sotto il comando di una
forza di occupazione, nel quadro di un'operazione di guerra specificamente
vietata dalla nostra Costituzione.
Si unisca alla maggioranza della popolazione italiana, si faccia portavoce
dei milioni di bandiere di pace che ancora sventolano dai balconi delle
nostre città. Faccia un gesto che contribuisca con chiarezza a
ripristinare la legalità internazionale. Saremo in tanti, ma proprio
tanti, a camminare al suo fianco.
Mai una guerra fu tanto contestata, prima ancora di essere scatenata, al
suo solo annuncio, come la guerra all’Iraq. Oggi, gli stessi massimi
responsabili di quella guerra riconoscono che l’accusa delle "armi di
distruzione di massa" che l’Iraq avrebbe posseduto, era priva di
fondamento; lo stesso Segretario di Stato degli USA, Colin Powell, ammette
che forse la guerra non era necessaria… Sono tutte cose che Lei sa, non
può non saperle, vista la responsabilità di cui è investito. Le chiedo di
considerarle, serenamente ma responsabilmente.
Le forze di occupazione non riescono a garantire la sicurezza nemmeno a sé
stesse, e di fatto tutelano solo un numero ristretto di presidi economici,
militari e delle comunicazioni, oltre agli impianti di estrazione
petroliferi. Tutte le infrastrutture civili sono esposte all’abbandono e
al saccheggio, nell’indifferenza o nell’assenza delle forze di
occupazione. Gli approvigionamenti alimentari, l’erogazione di acqua
potabile e luce elettrica, i servizi sanitari, tutto è compromesso e
deficitario. Queste cose da sole non fanno la libertà, ma senza tutte
queste cose, quale popolo può dirsi libero? Senza queste cose la vita è
quotidiana sofferenza ed umiliazione.
E’ amaro e tragico doverlo ammettere, per chi crede nella democrazia e ha
in odio la dittatura –e sono certo che in questo io e Lei coltiviamo
profondamente gli stessi sentimenti- è amaro doverlo ammettere, dicevo, ma
la popolazione irakena oggi sta peggio di quanto non stesse sotto il
regime di Saddam Hussein: vive molto peggio. E anche chi, nella variegata
società civile irakena, era nei primi mesi di occupazione "rimasto alla
finestra", oggi si oppone con forza crescente alla occupazione. E’ tempo
di ammetterlo: in Iraq non c’è nessuna "missione di pace".
Non c’è nessuna "forza" di pace, se non quelle (la cui "forza" poggia sull
’umanità e sulla natura preziosa del servizio che prestano a comunità
bisognose), dei volontari civili umanitari, delle strutture di
cooperazione impegnate nella ricostruzione di infrastrutture civili o nei
presidi elementari di sanità, in quelle di monitoraggio sul rispetto dei
diritti umani. Saprà che l’ultimo voto in materia del Parlamento di cui
Lei fa parte, ha tolto risorse a questo tipo di interventi –cioè alla
cooperazione internazionale delle Organizzazioni Non Governative- per
riversarle sulla missione militare (chiamandola "di pace"). E’ un errore,
è una beffa, è una grave e imperdonabile offesa alla giustizia e alla
verità. La prego di fare ciò che è in suo potere, perché il nostro
Parlamento cancelli quell’errore, ponga fine alla complicità italiana nell
’umiliazione del popolo irakeno e nella copertura di una guerra e di una
occupazione ingiuste e disgraziate.
Non c’è nessuna "missione di pace" in Iraq: non prenda, il Parlamento, in
giro con leggerezza e cinismo gli italiani, non prenda in giro con
leggerezza e cinismo i militari tuttora là impiegati e le loro famiglie,
non prenda in giro il sentimento della maggior parte dei cittadini
italiani, amanti della democrazia, della pace, della solidarietà, ed
alieni a ogni comportamento o pregiudizio coloniale o neocoloniale.
Le chiedo scusa per la lunghezza, che le avrà sottratto un po’ del suo
tempo, ma credo che comprenderà. Per chi non ha voluto ascoltare voci che
potevano –lo comprendo- parergli di parte, c’erano quei milioni di
bandiere a ricordarlo per mesi e mesi: le ragioni della pace e della non
aggressione sono le ragioni della maggior parte degli Italiani.
Per tutti questi motivi, Le chiedo un voto che sia NO alla guerra, NO all’
ulteriore coinvolgimento italiano in una occupazione ingiusta e nefasta.
NO a compromessi ambigui (astensioni o uscita dall’aula) che guardino agli
equilibri fra partiti, alle alchimie verbali, e neghino la realtà, e le
responsabilità che essa comporta. Non tradisca questa richiesta. Non
deluda l’attenzione con cui io –e tanti, come me e con me- guardo a ciò
che il Parlamento dirà e a ciò che verrà deciso.
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Cittadine e cittadini del Veneto
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Risponde Tino Bedin
Sono centinaia le poste elettroniche che mi arrivano da tutte le province del Veneto; a ciascun cittadino ho risposto personalmente perché ritengo importante questa partecipazione, perché ritengo decisiva l'azione dell'opinione pubblica nell'orientare l'Ulivo ad voto contario. Come coloro che mi hanno scritto, penso che la pace meriti una discussione anche lunga, se serve. Invece sulla pace la maggioranza al Senato ha prima liquidato il decreto in commissione in una seduta nottura, ora si appresta nella prossima settimana a concludere il voto contingentando i tempi a disposizione dei gruppi parlamentari. Personalmente avrò appena sei minuti per discutere in Senato sui compiti dei nostri militari e sul loro ritiro; un'altra decina di minuti ci è assegnata per illustrare gli emendamenti: neanche mezzo minuto ad emendamento, anche se si tratta di proposte e non di ostruzionismo.
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