Dagli anni sessanta gli Istituti Tecnici e Professionali hanno rappresentato il settore dell’istruzione secondaria superiore che, nel nostro paese, ha reso possibile la crescita della scolarizzazione e ha aiutato lo sviluppo economico e sociale.
Sono risultati gli indirizzi che con maggiore sensibilità hanno interpretato e risposto al bisogno d’innovazione garantendo la formazione culturale per la piena cittadinanza e i fondamentali elementi di pre-professionalità per i due terzi della popolazione scolastica.
Gli stage, l’area di progetto, la terza area integrata (negli ultimi anni degli istituti professionali) e le altre innovazioni organizzative e curricolari costruite con l’impegno e la competenza professionale di chi in essi opera rappresentano una ricchezza da valorizzare.
È necessario che il processo d’innovazione non venga interrotto e soprattutto che non si risolva nel ricacciare gli Istituti Tecnici e Professionali in un canale minore (quadriennale, regionalizzato, dosato sul profilo dell’avviamento al lavoro).
La scelta antistorica del doppio canale. Il problema di rapportare la formazione alla cittadinanza e al lavoro ha avuto nel mondo e nella storia differenziate forme di soluzione.
Il modello ottocentesco del sistema duale non può più rappresentare la soluzione da prospettare per una società della conoscenza e risulta ormai inadeguato anche nei paesi in cui è attuato.
Il doppio canale è una scelta ideologica e antistorica legata ad un modello di sviluppo economico e sociale arretrato.
Riprodurrebbe, aldilà delle intenzioni e dei proclami, due sistemi inevitabilmente rigidi e gerarchizzati: il primo astratto e teorico nella logica del vecchio liceo e il secondo sostanzialmente rivolto all’avviamento al lavoro.
L’evoluzione che il nostro sistema scolastico ha intrapreso negli ultimi decenni nella direzione dell’elevamento della formazione culturale per tutti e dell’integrazione dei sistemi, deve rappresentare la base su cui costruire il necessario processo d’innovazione.
La stessa qualità e le stesse opportunità per tutti e dappertutto. La cultura è sempre più una risorsa indispensabile per il singolo e per la società.
È dunque fondamentale garantire a tutti un’esperienza conoscitiva compiuta per costruire e consolidare le basi e le competenze culturali che, in quanto persistenti, consentano a tutti l’apprendimento lungo il corso della vita.
La separazione dei percorsi a tredici anni è la risposta sbagliata sia per mettere le basi delle professioni e sia per fare sì che le condizioni socio-culturali di partenza risultino sempre meno determinanti per il raggiungimento dei più alti livelli di istruzione.
Per questo siamo contrari alla “devoluzione” del sistema scolastico ed alla separazione netta tra licei da una parte e trasferimento alla formazione dei tecnici e professionali.
Chiediamo che venga rilanciato e sostenuto nei fatti quel processo di innovazione in grado di coniugare l’autonomia delle scuole con l’unitarietà del sistema nazionale che guarda l’Europa e che sia coerente con la Costituzione Italiana ( art. 33 comma 2 ) e con l’equivalenza formativa dei diversi percorsi.
Solo investendo nella qualità dell’istruzione, che comprende l’articolazione dei percorsi e non la loro separazione, è possibile garantire a tutti, anche ai ragazzi in difficoltà, quegli obiettivi di formazione culturale necessari per essere cittadini.
|
Omer Bonezzi - presidente Proteo Fare Sapere;
Emanuela Cerutti - responsabile fuoriregistro;
Diana Cesarin - segretaria nazionale MCE - Movimento Cooperazione Educativa;
Dario Cillo - direttore Edscuola.it;
Domenico Chiesa - presidente nazionale CIDI - Centro Iniziativa Democratica Insegnanti;
Vittorio Cogliati Dezza - presidente Lega ambiente scuola-formazione;
Gigliola Corduas - presidente nazionale Fnism - Federazione Nazionale Insegnanti scuola media;
Mariangela Prioreschi - presidente nazionale Aimc - Associazione Nazionale Maestri Cattolici
|
|
Risponde Tino Bedin
Condivido i contenuti e le motivazioni dell'appello. La regressione ad un'Italia di "democrazia minima", quale è quella che la Destra sta realizzando in moltissimi settori della vita collettiva, ha nella scuola una delle tappe più rischiose. Non è tuttavia messa a rischio solo la democrazia delle opportunità che la Costituzione repubblicana ha bene codificato. La regressione - se non si blocca questa politica - riguarda anche l'economia e quindi la ricchezza complessiva dell'Italia. Un sistema formativo misurato sulla produzione che c'è, con una parte rilevante delle persone giovani formate per la produzione immediata può forse apparire una risposta alle aziende; di fatto si condannano le aziende a restare quello che sono, perché potranno contare su un ridotto apporto di invenzione, di ricerca e di sfida. Se la scuola tecnico-professionale non è valorizzata come scuola completa; se questa scuola è orientata prevalentemente a quello che le aziende si aspettano subito e non ai giovani e alle loro capacità, non si raggiungere l'obiettivo della "società della conoscenza", che ci siamo dati come europei e che è una delle condisioni per dare ai giovani fiducia nel loro futuro.
|
Partecipa al dialogo su questo argomento |