Caro Tino, ho avuto modo di ascoltarti e di parlare con te in alcuni incontri
pubblici e mi sono sempre ritrovato concorde con quanto hai esposto ma nel
caso della legge sulla Procreazione Medicalmente Assistita devo dire che
la tua posizione e in modo ancora più grave quella del gruppo della
Margherita al Senato mi delude profondamente.
Io non voglio entrare nel merito dei convincimenti personali dettati dalla
fede, è giusto che ognuno possa vivere la propria vita seguendo i precetti
che piu' ritiene opportuno seguire, ma la cosa che non riesco a
comprendere e a giustificare è il fatto che con questa legge si è
accettato di far prevalere il diritto del concepito sul diritto della
donna.
Nessuno, nella società attuale, credo possa negare alla donna come
all'uomo il fatto di essere portatori pieni di diritti. Invece non è una
concezione condivisa il fatto che né l'embrione né il feto siano
portatori pieni di diritti. Ho detto pieni perché sono anch'io convinto
che sia l'embrione che il feto siano degli uomini in divenire ma appunto
perché in divenire non possono essere considerati uomini a tutti gli
effetti soprattutto nelle prime fasi della gestazione.
Se questa non è una concezione condivisa, come è possibile che si faccia
valere un approccio di maggioranza su questioni come queste? Non dovrebbe
lo Stato laico essere in grado di formulare leggi che garantiscono la
libertà soprattutto alle posizioni di minoranza?
Io credo che il limite della mia libertà sia la tua libertà e non altro
e quindi perché debbo essere costretto dalle tue convinzioni, anche se
maggioritarie in parlamento, ad un comportamento che non condivido?
Perché debbo accettare che il diritto di un progetto di uomo (l'embrione)
sia prevalente sul diritto della donna?
Ritengo inaccettabile l'obbligo del reimpianto di tutti gli embrioni senza
alcuna possibilità di ripensamento. E poi è ridicolo in quanto sarà
inapplicabile. Come avete pensato di procedere per fare applicare questo articolo della
legge? La donna rifiuta il reimpianto perché nel frattempo il marito è
morto e lei ha perso il lavoro e voi cosa fate? Mandate i carabinieri a
casa che la prendano e la portino in manette in sala operatoria per
reimpiantarle gli embrioni. E chi emetterà il provvedimento di trattamento sanitario obbligatorio? E
con quali tempi? E nel frattempo gli embrioni, che non possono essere
congelati, cosa fanno? Come diventano? Quali sono i rischi, non tanto per
la donna di cui certo sembra importare poco, ma per gli embrioni stessi?
Saranno uomini a cui sarà stato garantito il diritto di nascere sani?
Sapete anche voi che il reimpianto di tre embrioni porta ad un rischio del
20-25% di ritardo mentale. E nel caso siano passati più giorni di quelli
corretti in seguito al rifiuto della donna di farsi reimpiantare gli
embrioni a quale percentuale arriverà questo rischio?
È ammissibile che un legislatore faccia una legge sapendo in partenza che
una parte di essa sarà inapplicabile? Non sarebbe stato meglio avere il
tempo di una discussione pacata e volta ad analizzare tutti gli aspetti di
questa materia così complessa?
Non entro nel merito poi delle sciagurate scelte tecniche che nella legge
vengono fatte. Una norma di questo tipo avrebbe dovuto essere molto rigida
e precisa su alcuni elementi non discutibili quali per esempio il divieto
della clonazione umana. Ma era necessario contare gli embrioni? Perché
tre e non quattro o due? Non sarebbe stato più corretto demandare questa
scelta ai medici ed agli specialisti magari ricreando la stessa situazione
che c'è per la donazione degli organi dove esistono una serie di
controlli incrociati prima dell'espianto.
Siamo riusciti ad essere molto più laici e attenti anche alle tecniche
mediche nel pensare alla morte di quanto non si riesca ad essere pensando
alla vita.
Dev'esserci una qualche problema ancora esistente a livello psicologico
che emerge quando si va a discutere di tutto quello che attiene alla sfera
della procreazione e della sessualità non siamo ancora pienamente liberi
nei nostri pensieri.
Drammatico poi che il gruppo dei senatori della Margherita abbia voluto
votare una posizione a maggioranza piuttosto che dare libertà di
coscienza al momento del voto. Mi pare che si sia fatta una forzatura non
necessaria e incomprensibile a molti elettori del centro sinistra che oggi
più di ieri s'interrogano sul significato del proprio voto.
Concludo questo mio sfogo chiedendoti di organizzare, se possibile, dei
momenti d'incontro pubblico su questo tema.
La legge è stata fatta ma i problemi che ha sollevato non sono risolti
anzi sono stati posti solo ora all'attenzione dell'opinione pubblica.
Credo sia necessario che il popolo del centro sinistra si confronti con
onestà e chiarezza su temi come questo che fanno parte dei valori
fondamentali.
Se si vuole raggiungere l'obbiettivo di una formazione politica unica,
l'evoluzione della lista unica proposta per le europee, è obbligatorio
cominciare a chiarire le posizioni sui temi di fondo e decidere come
verranno affrontate nel futuro le inevitabili situazioni di conflitto che
si verranno a creare.
Caro Tino se domani dovesse essere presentato in disegno di legge di
modifica della 194, e non è cosa improbabile, credo che sia mio diritto
sapere cosa ne pensi tu, cosa ne pensano gli amici della Margherita, dello
SDI, cosa ne pensiamo noi dei DS...
Soprattutto sarà importante saperlo al momento del prossimo voto perché
se sono con te nelle lotte che hai sostenuto per la pace, per la legge
sugli armamenti non credo di poter dare il mio voto a chi non garantisce,
nella tradizione della Democrazia Cristiana e di De Gasperi, la laicità
dello Stato e la separazione tra lo Stato e la Chiesa. Non sarà per me possibile sostenere persone che vadano a sedere nel
parlamento europeo con il rischio di far approvare anche in Europa norme
"etiche".
Un' ultima chiosa riprendo l'editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica
dell' 11 dicembre 2003, che sicuramente avrai letto, e chiedo a te cosa ne è del libero arbitrio fondamento, per la chiesa,
del rapporto tra l'uomo e Dio.
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Antonio Voltolina consigliere comunale dell'Ulivo
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Risponde Tino Bedin
Caro Antonio, considero la tua lettera giusta in un rapporto tra cittadini impegnati ed eletti; la considero impegnativa per me; la considero utile al dibattito all'interno dell'Ulivo. Ti ringrazio dunque di quello che hai scritto.
Questa non è "la risposta": nel senso che non ho né l'intenzione né la pretesa di esaurire sommariamente una ricerca che tu solleciti nelle tue valutazioni e che potremmo fare insieme, che potremmo fare in molti, sia sul terreno culturale che su quello politico. Sul ruolo della libertà in una società solidale, ad esempio, potremo interrogarci per trovare risposte nuove alle esigenze attuali delle persone e della comunità. Anche l'equilibrio tra ricerca e precauzione è un impegnativo tema culturale e un'onerosa decisione della politica.
Sono sfide da accettare. Trovo pienamente condivisibile la tua sollecitazione ad organizzare dei momenti di incontro pubblico sulla legge da poco approvata.
Intervenendo sul tema all'inizio della discussione in Senato, ho espresso la convinzione che fosse utile arrivare ad una tappa nel confronto politico (ed anche etico e scientifico) sulla procreazione medicalmente assistita, ma nella consapevolezza che si tratta solo di una tappa e che senza interruzioni si continui a cercare insieme, in molti, nuove e più giuste soluzioni.
Questo è un percorso che riguarda tutta la società italiana. Anzi, sempre in quell'intervento, ho sostenuto che è indispensabile una ricerca europea su temi civili come questo.
Ma il confronto è indispensabile - come tu dice - anche nell'Ulivo. Non so se ho avuto occasione di dirlo anche a Montegrotto, ma l'ho ripetuto molte volte nei nostri incontri: una delle lacune dell'Ulivo del Veneto è di lasciare le differenze sempre come occasione di scontro e non come spinta alla ricerca comune. L'ho detto in particolare a proposito del finanziamento al sistema scolastico privato, sul quale pure si è registrata una divaricazione, che da allora non è stata superata ma nepppure affievolita, solo accontonata perché non più di attualità.
Ora abbiamo vissuto un'altra lacerazione, ma non se ne parla più nell'Ulivo. E non solo perché è il periodo della Feste.
Invece è fondamentale parlarne; è determinante capire e capirci.
Capire ad esempio come una forza plurale, quale è ora l'Ulivo e quale mira ad essere ancor meglio in futuro, possa interpretare la pluralità della società. Non una pluralità di fede (non è qui la motivazione del mio voto), ma una pluralità di valutazioni sui rapporti sociali e sulle loro conseguenze, sul ruolo dei comportamenti individuali, sui diritti di cittadinanza. Tra gli animatori dell'Ulivo ci sono molte persone che la pensano come te, ma ci sono anche molte persone che si aspettavano una legge almeno simile a questa. Come darci insieme delle risposte?
Infine il continuare a parlarne è importante anche come forza politica unitaria nei confronti della Destra.
La legge sulla procreazione medicalmente assistita deve ora trovare applicazione in tutto quello che dice. Ad esempio: se si tratta di un sostegno medico, quante risorse finanziarie vengono assegnate al Servizio sanitario nazionale per garantire la gratuità della cura? Chiederemo l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza della terapia necessaria ad arrivare alla genitorialità per la coppia che vi aspira.
Quante risorse finanziarie verranno impiegate - come prescrive la legge - per la ricerca sulle cause di infertilità e disterilità? Come verrà finanziata la ricerca per chiarire sempre più approfonditamente la vita dell'embrione?
C'è un altro punto di confronto istituzionale ma anche sociale che la legge contiene e che mi pare finora sottovalutato: se in nome dell'embrione è stato "aggiornato" il concetto di famiglia contenuto nella Costituzione, quali conseguenze ne vogliamo trarre in nome della coppia e dei figli già nati in famiglie di fatto?
Caro Antonio, mi sono un po' dilungato su questo aspetto del confronto nell'Ulivo e della iniziativa dell'Ulivo sulla legge perché li ritengo importanti ed urgenti. L'ho fatto anche per segnalare la complessità di una materia (ed anche di una legge), nella quale ci sono indubbiamente elementi incoerenti (sull'inapplicabilità del trattamento sanitario obbligatorio in caso di ripensamento sono intervenuto prima e dopo l'approvazione della legge), ma ci sono anche elementi su cui - come ho detto all'inizio - costruire nuove risposte.
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