Caro Senatore, vorrei proporre una riflessione su quanto sta avvenendo in questi giorni
per quanto riguarda le agitazioni di diverse categorie di lavoratori.
Gli autoferrotranvieri, i vigili del fuoco, le forze di polizia, il personale
dell'Alitalia e finanche le commesse dei negozi stanno portando avanti forme
di lotta che oltre a provocare disagio (è proprio questo lo scopo degli
scioperi e delle agitazioni), creano al cittadino, all'opinione pubblica
una sorta di fastidio, di irritazione.
Pochi però si soffermano un attimo a capire i perchè di queste forme di
lotta così accese, di questa conflittualità a volte anche dura: è chiaro
che è tutta una classe lavoratrice ad essere esasperata ed incattivita,
delusa dall'aspettativa legittima di un contratto collettivo scaduto da
tempo e che non c'è dall'altra parte la volontà di rinnovare, benché le
pretese dei lavoratori siano il più delle volte ragionevoli.
È morta la concertazione, e la parte imprenditoriale cerca lo scontro,
per misurare il potere e la capacità contrattuale di un sindacato che per
vari motivi sta perdendo sempre più rappresentanza presso i lavoratori.
In questo quadro si inserisce la vicenda collettiva (di una categoria) e
la mia personale (in quanto facente parte di questa categoria): i lavoratori
delle agenzie fiscali. Mentre i ministeriali sono riusciti faticosamente
a chiudere un contratto da tempo scaduto, noi come agenzie fiscali, scorporati
dai ministeriali, da due anni non abbiamo un contratto, in attesa che venga
ne formalizzato uno ex novo. Con giustificazioni irridenti e pietose l'ARAN
fa di tutto per non chiuderlo, facendo capire che l'unica via per firmare
sarebbe quella di concedere l'aumento legato all'inflazione programmata
solo se il sindacato accetta un parametro retributivo legato alla valutazione
individuale. Tutto ciò è indegno.
I lavoratori sono avviliti, già frustrati da un condono che ne compromette
l'attività e ne squalifica la professionalità, convinti che il contrasto
all'evasione non sia più una priorità di obbiettivo, e ciò per motivi squisitamente
politici.
Cosa dobbiamo fare per avere visibilità? Siamo in 40.000, forse
neanche tanto pochi. Minacciare di buttarci dal palazzone dell'EUR? Bruciare
in piazza i modelli delle dichiarazioni? Perché noi dobbiamo rispettare
le regole che disciplinano le forme di lotta quando la controparte è la
prima a non rispettarle?
I migliori auguri
di un sereno Natale a tutti i lavoratori traditi nelle
loro aspettative di dignità e di sicurezza sociale. Sperando in un nuovo
anno migliore.
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Roberto Affranio
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Risponde Tino Bedin
Caro Roberto,
ti ringrazio di aver condiviso con me l'avvilimento dei tuoi colleghi di lavoro e tuo personale. Come parlamentare di opposizione ho poca voce per darvi una risposta, ma è importante per me portare la vostra voce nelle istituzioni. E' la voce della società vera, delle famiglie reali, non di quelle della statistica sul carovita.
Il governo della Destra è dannoso non solo per quello che fa (e quello che non fa), ma anche per quello che fa credere sia possibile.
Oggi c'è una parte, piccola ma determinata e potente, della società italiana che ritiene sia il momento di ridurre i diritti dei lavoratori. E il primo attacco, quello più generalizzato, non è al diritto di sciopero, è alla condizione stessa di vita: si punta ad abbassare la qualità media della vita dei cittadini per spostare lo scontro dai livelli di democrazia ai livelli di sopravvivenza, dove per chi ha soldi è più facile vincere. Il modo intollerabile (letteralmente, drammaticamente intollerabile per milioni di famiglie) con il quale il governo ha lasciato che i prezzi aumentassero, anzi venissero ristabiliti da una sola parte così che con un euro oggi si compra quello che prima si aveva con mille lire, fa parte di questa politica. Non l'ha fatta direttamente il governo; l'ha lasciata fare.
Contemporaneamente da parte sua il governo procede alla riduzione verso uno Stato sociale minimo, mettendo sul mercato molte opportunità: dai ticket sanitari agli insegnanti di sostegno. Parte integrante di questa politica è lo sfiancamento economico dello Stato attraverso i condoni e le elusioni. Tu e i tuoi colleghi, che lavorate nel settore delle Entrate, subite - come fai osservare - due volte le conseguenze di questa politica: siete impoveriti come cittadini, siete sfrustrati come lavoratori, ai quali viene dette che il loro lavoro conta poco.
Riuscirà la Destra a sostituire la società solidale con lo "stato compassionevole"?
Riuscirà una minoranza a fare regredire il confronto sociale ai temi della sopravvivenza rispetto a quelli della cittadinanza?
Io credo di no. Sono sicuro che si illudono sia gli attuali governanti che gli attuali dirigenti confindustriali. E non solo perché c'è il sindacato che finora è riuscito - pur con difficoltà e divisioni - ad arginare questa offensiva.
Si illudono perché cinquant'anni di democrazia partecipativa, di elevazione del livello di istruzione, di innalzamento qualitativo dell'età media (cioè di salute per tutti) hanno creato una base di cittadinanza che resisterà anche a questi colpi e sulla quale è possibile costruire nuove forme di autentica democrazia sociale.
Lo sforzo da fare è di coinvolgere sempre più le generazioni dei trentenni in questa costruzione, in modo che essi vivano la democrazia solidale non solo come un'eredità da consumare, ma come una propria risorsa su cui investire.
È augurio che faccio a me stesso e a tutti coloro che in una forma o nell'altra dedicano un po' di tempo agli altri.
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