Sabina Guzzanti

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Venezia, 14 dicembre 2003

I censori di Sabina Guzzanti hanno vinto
Il bavaglio alla fantasia, all'intelligenza
L'insicurezza di una maggioranza che non sopporta lo sberleffo


Ci siamo! Gli avversari di Sabina Guzzanti sono riusciti a imporle definitivanente la museruola.  Le ragioni? Quelle di sempre e cioè che la sua trasmissione non era “vera” satira, ma spettacolo "a tesi", pamphlet politico, congerie di argomenti eterogenei che andavano dalla polemica sull'esposizione del Cristo alle vicende giudiziarie di Berlusconi, dalla “razza ebraica” alla raccolta pubblicitaria, da Vespa "adulatore" inarrivabile a Mussolini  "tour operator" generoso...
Che dire di tanta malafede, di tanta indegna "tartuferia"? Accusare la satira di essere una sorta di "pot-pourri" è come accusare il bue di avere le corna. Tutti sanno, o dovrebbero sapere, che la parola “satira” rinvia etimologicamente  a “mescolanza di elementi diversi” (basti pensare, del resto, a quel modello esemplare di trasmissione satirica che è "Blob").  Quanto all’accusa, che la Guzzanti abbia operato un’indebita invasione di campo, è perfin troppo facile osservare che tutto può essere oggetto di satira:  un’epoca, una politica, una morale, un personaggio, e che gli strumenti per esercitarla possono essere uno scritto, un discorso,  uno spettacolo, un canto e perfino un dipinto (Zola, per esempio, considerava "satirica" La Bagnante di Courbet).
                Certo la satira non gode nessun diritto di "extra-territorialità". Essa può (e deve) essere sottoposta a giudizio. Di essa si potrà dire che è amara, divertente, sottile, grossolana, acerba, pungente, bonaria, virulenta, benigna, scipita e perfino insopportabile. Di una cosa, però, non la si potrà accusare: di  essere menzognera. Una satira che lo fosse, che mentisse per servire un interesse “particulare”, sarebbe una contraddizione in termini e meglio le si adatterebbe il nome di  “maldicenza”, “calunnia”, “denigrazione”, "oltraggio",  “diffamazione”, "soperchieria”...
                Del tutto meschina, infine, l'accusa rivolta alla conduttrice della trasmissione di averci rifilato una lezione di politica degna di una  “noiosa borghesuccia”, di una “insopportabile raddrizzatorti”, di una “risibile Giovanna d’Arco”? Se proprio si voleva mettere a tacere una volta per tutte questa insopportabile disobbediente, perché non la si è convinta, prove alla mano,  che la sua era pura maldicenza? Bastava dimostrare che le storie da lei raccontate su Craxi e sullo stalliere, su Rete 4 e su Gasparri, sugli incassi pubblicitari e sulla libertà di espressione , sui salamelecchi di Vespa  e sulla mussolineide del Cavaliere, erano bubbole infami ed infamanti e il gioco era fatto.
                        Più furbescamente  (e più perfidamente) si è preferito ricorrere al dileggio, alla minaccia di sanzioni pecuniarie da capogiro, al pretestuoso almanaccare su che cosa distingua la satira dall’insulto e così, con  queste vere e proprie “distrazioni di massa” , si è riusciti a mettere il bavaglio alla fantasia, all'intelligenza e al coraggio.    

Gino Spadon
Università di Venezia
Risponde Tino Bedin

Credo che ben pochi italiani abbiano creduto ai "pretesti" messi in campo dalla Tv di Stato per fermare una trasmissione satirica. Può darsi che gli elettori della Destra li abbiano condivisi, ma di sicuro non se li sono bevuti.
Anche in questo caso, come ormai le accade spesso, la Destra ha mostrato la sua debolezza: in democrazia una maggioranza che non sopporta lo sberleffo è evidentemente poco sicura delle proprie ragioni e dei suoi elettori.

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24 dicembre 2003
di-325
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