Militari italiani in Iraq

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Este (Padova), 10 settembre 2003

Sia per quelli che ci sono che per quelli che ci andranno
Le scarpe sbagliate dei militari italiani in Iraq
L'ambiguità del governo ha impedito la pianificazione


Come accadde con Mussolini (mandò gli alpini in Russia con le scarpe di cartone), a distanza di circa 60 anni le cose si ripetono con il cavalier Berlusconi.
Il primo turno di militari italiani sta per rientrare dall’Iraq e, udite udite:
- gli scarponcini desertici hanno avuto una media durata di un mese circa (le suole si sciolgono e lessano i piedi, le cuciture cedono con il calore e le scarpe si aprono). Per verificare questa informazione basterà osservare le scarpe di quelli che fin dai primi giorni di ottobre cominceranno a rientrare... La situazione è talmente grave che in tutta fretta sono stati inviati alle nostre truppe (una brigata), pensate (!) ben circa 150 scarponcini acquistati al libero commercio! Che grande sforzo! E tutti gli altri cristiani? La tribù dei piedi lessi...
- il secondo contingente che sta per partire i primi giorni di ottobre (Brigata Sassari) non avrà a disposizione le tute desertiche ma andrà con l’uniforme tradizionale (colori scuri che aumentano notevolmente l’effetto dei raggi solari e diminuiscono la sicurezza dei soldati perché li rendono molto visibili e facili bersagli anche a grande distanza) e senza il capello a tesa larga (mod. “cow boy”) che avrebbe riparato un po’ dai raggi solari. Sono finite le scorte nei magazzini: questa la spiegazione ufficiale.
Ovviamente le scarpe questa volta non ci sono proprio, per cui si stanno distribuendo gli stivaletti da lancio in cuoio pesante, certamente “molto indicati” per il tipo di clima che quei poveri disgraziati troveranno in teatro. Certo, ora ci sono circa 50 gradi all’ombra, ma però i comandanti dicono che di notte la temperatura scende parecchio. Vorrà dire che dormiranno tutti con gli scarponi da lancio. Poveri noi!
Ma,mi chiedo, è mai possibile che con tutti i soldi che lo stato si prende dalle nostre tasche non vi siano i fondi per acquistare le uniformi desertiche per i nostri soldati? Perché lo stato maggiore non è in grado di incaricare una ditta che costruisca delle scarpe decenti per i nostri soldati? L’Italia esporta le migliori scarpe ovunque, e nessuno si vergogna delle condizioni in cui facciamo rimanere i nostri militari? E’ mai possibile che oltre che torturare questi ragazzi, dobbiamo farci deridere in tutto il mondo?
   

Stefano

Risponde Tino Bedin

A differenza di quella in Afghanistan, la missione militare in Iraq non è stata preceduta da una preparazione specifica delle nostre truppe, perché il governo Berlusconi ha ingannato il Parlamento, parlando di operazione umanitaria e di protezione degli aiuti, mentre poi ha scelto in concreto uno schieramento mirato all'ordine pubblico e alla sicurezza del territorio. In questa maniera non ha messo lo Stato maggiore nella condizione di pianificare l'intervento.

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10 settembre 2003
di-281
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