Il 5 settembre i sissini andranno a manifestare a Roma. La loro protesta è singolare: non è la protesta di chi ha subìto, come i precari, una grave lesione del diritto, ma è un atto preventivo, tutto volto a condizionare l’eventuale azione legislativa tesa a riformare il sistema di reclutamento degli insegnanti che, ad oggi, nei fatti, pare orientata verso inutili e artificiose operazioni matematiche che non incideranno affatto sulla realtà.
Dopo essersi collocati tutti nelle prime posizioni delle graduatorie permanenti ed aver ottenuto la quasi totalità degli incarichi annuali, adesso, in nome di “esclusivi diritti acquisiti”, i sissini protestano per consolidare lo status quo. Con un corredo di argomentazioni assurde per la particolare applicazione dei concetti che viene operata (“diritto” è solo quello che appartiene ai sissini), si richiedono interventi tesi a garantire ulteriore privilegio: l’accesso diretto ai ruoli.
La menzogna sembra essere l’unico humus su cui i sissini costruiscono la propria storia e quando si cimentano nelle argomentazioni giuridico-legislative danno un saggio della loro capacità di manipolazione dei dati, stravolgendo l’ordine dei fatti e confondendo volutamente norme e leggi, per giustificare un teorema che copre un vero paradosso: quello di uno Stato che prima forma degli insegnanti attraverso procedure abilitanti e poi rigetta la loro formazione. Coprire, con un clamoroso ribaltamento della verità, il fatto che chi ha espletato l’ultimo Ordinario non conosceva il danno che avrebbe ricevuto nel superare il Concorso (meglio sarebbe stato infatti essere bocciato e fare le SSIS) è operazione che riesce solo davanti a chi ignora i fatti.
Va inoltre ricordato con forza che le SSIS sono state attivate aggirando la Legge 341/90 che prevede un numero chiuso programmato in base al fabbisogno dello Stato. Poiché in molte graduatorie, in molte province, non vi era affatto bisogno di nuovi abilitati, l’attivazione dei corsi SSIS ha risposto ad un’unica logica: quella di formare personale che, di fatto, sarebbe risultato in esubero ma che comunque doveva essere collocato nella scuola, pena la perdita di credibilità delle Scuole di Specializzazione e di chi le ha volute. L’operazione è stata avviata pur sapendo che poteva essere realizzata solo a discapito di chi già lavorava nella scuola o possedeva già il titolo per farlo. È indubbio che a garantire il sorpasso dei sissini è stata la quantificazione del bonus in 30 punti.
I sissini stanno ancora cercando di negare l’innegabile, cioè che i precari siano stati scavalcati in graduatoria dai neoabilitati SSIS. La vergogna degli scavalcamenti in graduatoria è, evidentemente, dato da nascondere e confondere. Per verificare le iniquità denunciate dal MIIP basta controllare chi occupa le prime posizioni nelle graduatorie (pubblicate sul sito del Ministero) o chiedere ai vari CSA che titolo di abilitazione posseggono i docenti che hanno ottenuto lo scorso anno e quest’anno gli incarichi annuali.
Non solo abilitati dell’ultimo Concorso, ma addirittura abilitati del Concorso Ordinario del ’90, con servizio, hanno subìto l’umiliazione di essere scavalcati in graduatoria da neoabilitati SSIS, senza servizio, e di perdere, per questo, il lavoro. Fatto volutamente mistificato e attribuito dai sissini con superficiale e squallida arroganza alle cosiddette "leggende metropolitane".
Poiché nessun sissino, nessun funzionario o politico può smentire questa realtà, si cerchi un altro modo di giustificare l’ingiustificabile senza scomodare, per questo, ricostruzioni paradossali che non possono misurarsi né con la realtà, né con la verità.
Da alcuni mesi, in funzione di giustificazione ideologica alle abnormi ingiustizie e irregolarità prodotte, è iniziato un tam-tam di dichiarazioni pubbliche orchestrato dalle associazioni di sissini e sostenuto da quelle associazioni di presidi e docenti SSIS che hanno aderito ufficialmente alla manifestazione, dando esempio di una misera faziosità che di fatto li svuota di ogni possibile credito, come l’ANP (il cui Vicepresidente è Rosario Drago, funzionario MIUR della segreteria Aprea e docente della SSIS di Rovereto) e la CODISSIS. Le dichiarazioni in questione vertono sul concetto delle cosiddette “alte professionalità”, relative ad una non meglio specificata e presunta competenza del tutto autoreferenziale (ricordiamo che l’abilitazione SSIS viene conferita da una commissione tutta interna alle SSIS stesse) e mai effettivamente testata. Il MIIP ha più volte denunciato questa operazione di dubbio valore, poiché chiaramente muove dalla necessità di annullare il valore dei percorsi abilitanti finora seguiti da tutto il personale docente inserito nell’organico della scuola.
I sissini, dopo aver nei fatti rigettato, con il ricorso al TAR, qualsiasi tipo di mediazione, perché tale era la proposta dei 18 punti che garantiva solo le posizioni di coloro che avevano prestato più di due anni di servizio, ora si preoccupano, senza provare vergogna della menzogna costruita, di sbandierare come intoccabili i propri “diritti acquisiti”.
Ciò che i sissini chiamano “diritti acquisiti” sono in realtà posizioni maturate in virtù dell’estromissione dei precari dal diritto al lavoro e che pertanto non possono essere ascritti se non alla categoria del privilegio.
La costante attenzione del MIIP per l’affermazione del diritto rappresenta in questa situazione l’unica vera linea di resistenza al dilagare di una modalità che confonde, camuffa, altera la realtà ed è tutta tesa al sovvertimento delle più elementari categorie del “vero” e del “falso”, del “giusto” e dell’“ingiusto”. Non crediamo, come docenti, che nel momento in cui si intende riformare la scuola si possa lasciare spazio ad operazioni che muovono dalla menzogna.
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Movimento Interregionale Insegnanti Precari
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Risponde Tino Bedin
Gentile professoressa Spadaccino,
ho letto con molta attenzione le informazioni e le valutazioni che mi ha inviate a nome del Movimento Interregionale Insegnanti Precari. Da molti anni presto attenzione alla condizione dei docenti precari di Padova e del Veneto, anche se il mio impegno parlamentare non è direttamente rivolto alla Scuola: la condizione professionale ed esistenziale di queste persone non può infatti non trovare ascolto nelle istituzioni. Tuttavia questo non è stato finora sufficiente se non in piccola misura. Incalzeremo il governo perché anche su questo fronte si faccia carico dei veri problemi della Scuola pubblica. Questo - almeno da parte di un parlamentare - non si significa non tenere conto anche dei diritti e delle aspettative di altre categorie di insegnanti: compito del governo è evitare che si creino queste "guerre dei diritti".
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