Peace-keaping e nonviolenza

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Livorno, 13 agosto 2003

Un metodo scientifico per risolvere i conflitti internazionali
Civili educati alla nonviolenza
per gli interventi di peace-keaping

Uno strumento giuridico deciso dall'Ulivo e non ancora realizzato


Buongiorno senatore Bedin, sono contento del fatto che si sia schierato contro l'intervento in Iraq, anche sa da anti-militarista e pacifista convinto, come mi considero, sono contrario all'esistenza degli eserciti (non della polizia, però, come lo stesso Gandhi non lo era), e quindi a maggior ragione alle missioni militari o umanitarie di qualsiasi stato. In più trovo ripugnante l'idea di invadere e occupare un paese, uccidendone militari (che sono anch'essi esseri umani) e civili.
Vorrei una sua opinione sul peace-keeping, quello vero, però, svolto dai civili educati alla nonviolenza e non dai militari.
Concludo che la nonviolenza non è e non vuole essere solo un insieme di belle parole, ma un metodo scientifico per la soluzione dei conflitti internazionali, come insegnavano Gandhi, Capitini, Galtung (a cui si deve proprio la teorizzazione di molti metodi nonviolenti per la soluzione dei conflitti), Luther King, Lanza Del Vasto e altri ancora.
   

Massimo Soroga

Risponde Tino Bedin

Mi limito a brevi cenni, a proposito degli interventi per arginare o ridurre la violenza (peace-keaping).
Lo spazio giuridico, politico e organizzativo adeguato per realizzare questi obiettivi è l'Unione Europea. Il protagonismo dell'Europa in questo campo è una condizione acquisita: le missioni internazionali con il mandato europeo sono tutte missioni di peace-keaping. Per rafforzare questo ruolo l'Unione si sta dotando di una Forza di intervento rapido che strutturalmente dovrà essere una forza di polizia e non una forza militare. Già a metà anni Novanta il Parlamento Europeo ha raccomandato la creazione di un Corpo Civile di Pace Europeo, che possa funzionare da anello di congiunzione tra le iniziative della società civile e le istituzioni; tale organismo dovrebbe essere composto di civili esperti nei processi di trasformazione pacifica dei conflitti.
L'Italia, come presidente di turno del Consiglio europeo, dovrebbe sostenere concretamente questa prospettiva nell'ambito della definizione della Politica comune di difesa e sicurezza. Del resto durante la legislatura dell'Ulivo l'Italia si è dotata di un "Tavolo per la Difesa Civile Non armata e Nonviolenta", che potrebbe svolgere un ruolo tecnico per la organizzazione dei contingenti italiani di Corpi Civili di Pace, con risvolti importanti anche per la gestione della microconflittualità interna. Questa disposizione, contenuta nella legge 230 del 1998, va finalmente messa in pratica nell'ambito del nuovo servizio civile volontario come nucleo di un sistema di difesa civile che può assumere un ruolo centrale nell'indirizzo e nel coordinamento di iniziative comuni tra società civile e istituzioni.

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14 agosto 2003
di-271
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Tino Bedin