Caro Senatore, le trasmetto copia della lettera che ho inviato oggi all’onorevole Alessandro Cé.
«Ho letto recentemente la bella intervista che Lei ha accordato a Claudio Sabelli Fioretti e devo ammettere che finalmente ho capito che cosa bisogna fare per avere successo. A Borghezio è stato sufficiente gettar pezzi di merda contro il barbaro islamico per essere considerato “uomo di notevole intelligenza”; a Bossi è bastato far manichetto al colto e all’inclita e pulirsi il culo con l’italico vessillo per meritare il titolo di “migliore uomo politico del nostro paese”. E io, ingenuo, a pensare che tali espressioni fossero il segno di malgarbo e rustichezza! Ora per fortuna so che merda, culi e manichetti non esprimono la rozzezza del “piazzista” che, davanti a una “clientela” un po’ ingenua, spaccia la sua volgarità per arguzia, la sua mancanza di cultura per genuinità, il suo odio del diverso per attaccamento alle radici, la sua furbizia da sensale di cavalli per fiuto politico. Ora Lei mi ha insegnato che si tratta di “metafore immaginifiche” e mi ha tolto dalla testa un fastidioso rovello. Pensi, prima della Sua intervista io credevo che tanta rozzezza fosse il segno di una omologazione “dal basso”, che invece di essere di aiuto a donne e uomini ricchi di meriti e di ragioni, li confinava in uno stato di perenne mugugno, velleitario, sterile, e perfino pericoloso.
Grazie per avermi disingannato».
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Gino Spadon
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Risponde Tino Bedin
Chissà se anche i militanti leghisti avevano i dubbi che aveva il nostro lettore (e che io continuo ad avere, anche dopo aver letto l'intervista ad Alessandrpo Cè)?
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