Noi pacifisti padovani

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Padova, 20 maggio 2003

Lettera aperta ai deputati e senatori veneti
Netto dissenso sull'invio in Iraq
di un contigente militare italiano

È la parte assegnata all'Italia dal Pentagono nella "coalizione dei volonterosi"


Noi, cittadini e associazioni pacifiste padovane aderenti al coordinamento contro la guerra "senza se e senza ma", esprimiamo il nostro netto dissenso nei confronti della decisione del Governo e del Parlamento di inviare un contingente militare italiano in Iraq, in assenza di un mandato delle Nazioni Unite e mentre continua l'occupazione delle forze inglesi e statunitensi: di fatto tale intervento si configura come una diretta partecipazione all'occupazione, in evidente contrasto con la Carta delle Nazioni Unite e con la nostra Costituzione.
Ancor più riprovevole ci appare il maldestro tentativo di mascherare da operazione umanitaria il reale scopo della missione, che è invece quello di appoggiare simbolicamente l'attacco e l'occupazione anglostatunitense per poterne poi condividere i vantaggi.
Ci sembra che la situazione sia efficacemente riassunta da Fabio Alberti, dell'associazione "Un ponte per...", quando osserva che non sono i soldati a servire agli aiuti, ma al contrario gli aiuti sono un pretesto per l'intervento militare.
Ancora una volta la gran parte dei parlamentari ha appoggiato la decisione del governo o comunque non ha votato contro, dimostrando così di non rappresentare le istanze delle persone e delle associazioni che in questi mesi hanno lottato contro la guerra e contro la partecipazione o l'appoggio dell'Italia alla guerra.
Il voto di questi parlamentari purtroppo contribuisce a rafforzare una precisa linea politica, trasversale a molti partiti della maggioranza e dell'opposizione, secondo la quale l'art. 11 della nostra Costituzione risulta ormai obsoleto, mentre è auspicabile un aumento delle spese militari, la creazione di una forza militare europea, e sono concepibili e a volte necessarie le guerre umanitarie, le guerre al terrorismo, le guerre preventive... senza limiti.
Alla luce di questo voto siamo anche costretti a notare che all'appoggio dato da molti partiti dell'opposizione alle istanze dei pacifisti e alla loro presenza più o meno ufficiale alle manifestazioni e nei vari coordinamenti contro la guerra non è poi corrisposto in Parlamento un comportamento coerente da parte di molti parlamentari appartenenti ad alcuni di questi partiti.
Questo lo diciamo senza nulla togliere al merito di tutti coloro che invece, anche dall'interno di questi partiti, da sempre si oppongono con convinzione alle politiche di guerra del nostro paese, e che anzi ringraziamo per il loro impegno e la loro coerenza.
Nella loro azione, in quella di tutte le forze politiche sinceramente contrarie alle guerre e in noi stessi riponiamo la speranza che in futuro il nostro paese riesca a produrre una reale politica di pace, basata sulla riduzione progressiva delle spese militari, sulla riconversione dell'industria delle armi, sulla creazione di corpi civili di pace, sull'accoglienza e la solidarietà, sull'educazione alla limitazione dei consumi, sulla riduzione dell'utilizzo di petrolio a vantaggio delle fonti di energia rinnovabile, sulla condivisione delle risorse e delle conoscenze, sul sostegno alle organizzazioni internazionali volte al mantenimento della pace, sulla costruzione di un'Europa in cui il diritto alla pace sia riconosciuto come valore fondativo.
   

Coordinamento per la pace

Risponde Tino Bedin

Cari amici, come al solito, non lascio senza risposta i cittadini che mi "chiedono conto" del modo con cui cerco di rappresentarli al Senato.
Sabato scorso, all'assemblea provinciale dell'Anpi a Padova, ho motivato - anche partendo dalle scelte di pace che caratterizzarono la Resistenza - la mia opposizione all'invio dei "cosiddetti Carabinieri" in Iraq. Come si ricava dai resoconti delle votazioni del Senato, io ho votato contro la mozione della maggioranza di Destra che ha dato il via libera non all'invio di aiuti umanitari ma alla presenza di un contigente italiano destinato inevitabilmente a passare sotto il comando di una delle forze militari di occupazione dell'Iraq.
Ho votato contro per tre ragioni:
- ho sempre sostenuto che gli aiuti umanitari non possono arrivare appesi alle armi; i destinatari non lo accettano come aiuti;
- ci sono agenzie internazionali (Croce Rossa, Echo dell'Unione Europea, le Nazioni Unite) che sanno e possono fare in questo settore: l'Italia poteva assegnare a questi organismi le risorse finanziarie ed umane che riteneva utili alla popolazione irachena;
- ho rispetto per i nostri soldati e penso che essi debbano rispondere ai loro comandanti e al loro Parlamento; invece la decisione che i "carabinieri" italiani sarebbero andati in Iraq era stata annunciata dal Pentagono ancora quando la diplomazia stava lavorando per evitare il conflitto.
Ero anche sicuro che il governo dicesse una cosa al Parlamento e ne facesse un'altra. Le decisioni successive hanno confermato che il governo aveva arruolato l'Italia nella guerra preventiva e che questa era la parte assegnata nella "coalizione dei volonterosi".
Questo in sintesi sull'Iraq. Condivido del resto la gran parte delle osservazioni della vostra lettera aperta.
Su un punto desidero invece richiamare la reciproca attenzione. Non credo che la creazione di una forza di pace europea, cui si sta lavorando, possa essere ascritta tra i pericoli per la pace e per lo sviluppo della pacifica convivenza sul pianeta. Al contrario, credo che anche attraverso questo strumento l'Europa possa svolgere un ruolo per sé e per altri popoli.
Discutiamone. E' uno dei punti della Costituzione europea che si sta scrivendo, anche se non nella versione definitiva.
Grazie del vostro impegno. Un cordiale saluto.

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20 maggio 2003
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Tino Bedin