Iraq e Italia e Ong

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Roma, 15 aprile 2003

Documento delle organizzazioni non governative
Intervento umanitario in Iraq:
prima dei carabinieri, l'Onu

Ma il governo neppure cita il Volontariato internazionale


A tutt'oggi nonostante le affermazioni del Presidente del Consiglio e il dibattito parlamentare in corso, con rammarico prendiamo atto di non essere stati ancora consultati. Crediamo urgente la progettazione di interventi che realmente raggiungano la popolazione irachena, e che non mascherino in alcun modo interessi affaristici nella spartizione delle spoglie dell'Iraq.
È dovere del Governo italiano - come di tutti i Governi - mettere a disposizione le risorse economiche ed umane necessarie alla ricostruzione dell'Iraq e per garantire la transizione verso uno Stato di diritto libero e democratico. Ciò non può avvenire al di fuori di un coordinamento politico ed operativo delle Nazioni Unite e delle agenzie internazionali specializzate e con il coinvolgimento delle ONG e della popolazione locale.
Sulla disponibilità italiana in mezzi ed uomini che il Ministro degli esteri Frattini dovrà discutere con Kofi Annan nei prossimi giorni ad Atene esprimiamo alcune preoccupazioni:
- le ONG abituate a gestire situazioni di post conflitto sanno che gli aiuti umanitari sotto scorta armata ingenerano diffidenza, paura e spesso reazioni incontrollabili tra la popolazione locale;
- la copertura finanziaria di questa operazione umanitaria non può essere distolta dalle già magre risorse stanziate per la cooperazione internazionale nè essere garantita con un ulteriore sforzo dei cittadini italiani, come ha proposto il Presidente del Consiglio attraverso l'istituzione di una tassa straordinaria. Il Governo italiano ha già le risorse necessarie raccolte attraverso la normale fiscalità che preferisce destinare alle spese per la difesa e per gli armamenti anziché alla solidarietà internazionale.
La professionalità del personale da impiegare nelle missioni umanitarie non può essere ridotta alla sola esperienza tecnica ma deve comprendere la capacità e l'esperienza di saper agire in contesti di post conflitto, difficili da un punto di vista ambientale e culturale che, nel caso dell'Iraq, assume addirittura punte di conflittualità. Questo è il criterio che le ONG da sempre utilizzano nella selezione dei propri volontari impiegati in tali situazioni.
Infine sottolineiamo come l'Iraq non sia paragonabile ad un Paese povero: è tra i più grandi esportatori di petrolio. Il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha di recente votato all'unanimità una risoluzione - la cosiddetta "oil for food" - che da facoltà al segr. Gen Kofi Annan di utilizzare per l'acquisto di generi di prima necessità ed alimentari, le migliaia di miliardi di dollari vincolati su un conto francese costituito dal 1996 con le rimesse della vendita del petrolio iracheno. Si dia attuazione a questa risoluzione e si utilizzino quei soldi che sono del popolo iracheno.      

Edoardo Patriarca e Giampiero Rasimelli
portavoce del Forum del Terzo Settore
Sergio Marelli
Presidente dell'Associazione ONG Italiane

Risponde Tino Bedin

Nel documento delle Ong italiane e del Forum del Terzo Settore ci sono alcune delle ragioni per cui ho votato contro la risoluzione della maggioranza che approvava la relazione del ministro Frattini sull'invio di personale italiano in Iraq. Ho sempre ritenuto che gli aiuti umanitari che arrivano sui carri armati non siano da ascrivere alla cooperazione internazionale. Ho anche sempre creduto che il Volontariato internazionale italiano sia una risorsa di professionalità e di società da spendere ovunque sia possibile. Del ruolo di questo Volontariato il ministro Frattini non ha detto neppure una parola nel suo intervento in Senato.

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16 aprile 2003
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