Da ieri sera le opposizioni di Palazzo Marino stanno facendo ostruzionismo. Nel mirino la delibera che, modificando due articoli dello Statuto comunale, dà al sindaco il potere di vendere quote di società comunali. Non vi tedio con il mio intervento in aula, ma venti righe veloci possono servirvi.
Albertini, con dietro il gregge della maggioranza, tenta di realizzare il suo sogno: la riduzione del consiglio comunale ad assemblea di condominio. Una, due riunioni l’anno, non di più, nella stanzetta presa in affitto dalla parrocchia. Inizio alle nove di sera, conto dei millesimi, due ore di concitata discussione sulla signora del quinto piano che innaffia i fiori fuori orario, lettura veloce del bilancio e poi a mezzanotte tutti a casa.
Noi non condividiamo questo abbruttimento istituzionale. Per noi il Consiglio comunale rimane l'agorà, il centro della vita politica milanese.
Albertini è dunque un grande dittatore? No, non esageriamo. Non c’è grandezza, di questi tempi, neanche al Comune di Milano. E’ un piccolo Peron, uno dei tanti "peroncini" che sono ai vertici di comuni, province, regioni, appartenenti sia al centro-destra sia al centro-sinistra. Persone per lo più prive di formazione politica, che vengono ubriacati dall’elezione diretta e che si trasformano in podestà, sceriffi, governatori. Albertini sembra più umile di altri, si limita a dichiararsi amministratore di condominio ma nella sostanza è anche lui un governante "faccio tutto io". Il suo carattere lo aiuta: più è solo, più è contento.
A Milano, ma credo in tutta Italia, si stanno raccogliendo i frutti della cultura politica degli anni novanta, caratterizzata in forma eccessiva da decisionismo/verticalizzazione/personalizzazione. La politica moderna pretende decisioni e decidere è tagliare senza perdere tempo con il dibattito. Le scelte vanno assunte in ambiti sempre più ristretti e in stanze sempre più segrete. Al comando, uno solo, il leader, costantemente pompato dai giornali amici. Nonostante le grandi mobilitazioni di piazza di quest'ultimo anno, ho la sensazione che si stia regredendo, a tutti i livelli, verso l’antica concezione piramidale del potere, con un "faraone" che opera secondo dinamiche squisitamente gerarchiche. Ma la democrazia è proprio il superamento della piramide, è il tempio greco: non una ma tante colonne che sorreggono la costruzione. La civiltà democratica è pluralità di poteri. E' un sindaco che smette di pensarsi autosufficiente e un consiglio che ritrova la dignità perduta.
Per riaffermare con forza questa convinzione, le prossime sere faremo migliaia di emendamenti, interventi fiume, qualche numero da circo. Ogni tanto, dai vostri comodi letti, pensateci lì, a tirar tardi sui banchi scomodi di Palazzo Marino.
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Giovanni Colombo presidente della Rosa Bianca
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Risponde Tino Bedin
Ringrazio Giovanni Colombo di aver esteso le sue valutazioni anche al di fuori del comune di Milano. I temi che egli pone sono di carattere generale e richiedono una riflessione politica in particolare nell'Ulivo. Anch'io avverto sempre di più gli aspetti negativi della personalizzazione delle istituzioni e dell'accentramento delle decisioni, che non hanno accelerato i tempi di attuazione ed in compenso stanno giorno dopo giorno costruendo una nuova categoria di professionisti della politica.
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