Ho sentito che tra non molto verrà discusso dal Senato il progetto di legge per lo stato giuridico degli insegnanti di Religione Cattolica. Il sottoscritto e molti altri si affidano alle vostre mani, non è una esagerazione, ma dopo ventidue anni di insegnamento, tante ore passate per la scuola e per l’istruzione delle giovani generazioni, vi è una speranza che finalmente qualcosa possa cambiare.
Certo la nostra presenza a scuola è determinata dallo stato giuridico, ma è triste sentirsi sempre nella provvisorietà, che se dipende da Dio ha sempre uno scopo, ma qui dipende dagli uomini e di questi, qualche volta è meglio dubitare.
Siamo gli unici insegnanti che subiscono un referendum ogni anno, e nonostante questo in diocesi di Treviso dove abito 89 per cento degli studenti di scuole medie e superiori vogliono l’ora di religione anche se è alla prima o all’ultima ora; questo dato la dice lunga sul favore che ancora questa disciplina gode.
Certo è triste sapere che la nostra alternativa è il niente, ovvero chi non fa religione, chi non accetta questa proposta educativa cosa fa? È “educato” a non fare niente o ad andare a casa prima, ma la scuola deve avere una valenza educativa e di proposta culturale. Non mi si dica che questo è rispetto delle minoranze religiose. Concludo dicendoLe che io insegno al liceo scientifico “Leonardo Da Vinci” di Treviso e che alcuni studenti anche di religione non cattolica hanno deciso di restare in classe durante le ore di religione, per un confronto culturale e religioso, guarda caso sono ragazzi che vengono dal cosiddetto terzo mondo (bosniaci, croati, marocchini). Concludo chiedendole un occhio di particolare riguardo per questa legge destinata a sistemare molti laici impegnati e felici del loro lavoro. Qualche anacronistico anticlericale potrà dire che è l'ennesimo favore alla Chiesa, ma ricordiamoci che per molti ragazzi l’Insegnamento della Religione è l’ultimo aggancio con valori e proposte culturali serie.
|
Paolo Giacometti
|
|
Risponde Tino Bedin
Caro professor Giacometti, condivido con lei la necessità che l'iter del provvedimento attualmente all'esame della commissione Istruzione del Senato si concluda al più presto poiché da tempo si attende una soluzione alla questione degli insegnanti di religione cattolica. Sullo stato giuridico degli insegnanti di Regione cattolica si era lavorato con attenzione ed anche con un discreto risultato in Senato nella scorsa legislatura; ricordo in particolare l'impegno del collega Alberto Monticone, membro della commissione Istruzione. Nell'impianto generale, il disegno di legge che ci arriva dalla Camera è figlio del lavoro fatto nella scorsa legislatura per cui le mie valutazioni sono nel complesso positive. E concordo con le anche su un altro punto rilevante: le finalità della nuova legge non devono essere limitate all'esigenza di definire lo stato giuridico degli insegnanti.
Il provvedimento assume infatti un rilievo che va ben oltre il naturale sviluppo dell'inquadramento di precedenti forme di precariato. In un periodo storico di alterazione dei credi religiosi e di una loro frequente strumentalizzazione per forme di violenza, il parlamento e la scuola italiani sono chiamati a rafforzare la dignità culturale di un insegnamento che ha carattere nazionale e non confessionale. La secolarizzazione culturale porta con sé conseguenze negative per la stessa laicità della cultura.
Mi pare che siano da apprezzare alcuni miglioramenti introdotti dalla Camera dei deputati rispetto al testo approvato dal Senato nella scorsa legislatura. Ci sono però due punti sui quali il Senato potrà lavorare con attenzione per eliminare alcuni difetti.
Un difetto, a mio parere, è l'aver tolto per gli insegnanti di religione che supereranno il concorso l'obbligo di mantenere l'insegnamento per un certo numero di anni. Si tratta di una norma che contraddice un principio generale dell'impiego pubblico, che è la tutela della sede. A mio parere anche per le diocesi e la Chiesa italiana i frequenti avvicendamenti nelle cattedre potrebbero rappresentare un rischio. Inoltre la reintroduzione dell'obbligo di permanenza in cattedra per un certo numero di anni, già previsto dal testo approvato dal Senato nella scorsa legislatura, consentirebbe di superare la preoccupazione di coloro che temono che l'inquadramento in ruolo dei docenti di religione cattolica sia un modo per aggirare i normali canali di reclutamento degli insegnanti.
L'altro punto su cui riflettere è il titolo di studio. Come si ricorderà, uno dei motivi che hanno impedito l'approvazione definitiva del provvedimento nella scorsa legislatura fu il disaccordo sul possesso del titolo di laurea per l'insegnamento nelle scuole superiori. Si tratta di una difficoltà che si potrebbe superare con il riconoscimento di equipollenza ad alcuni titoli rilasciati da insigni scuole di magistero ecclesiastico. Questo percorso potrebbe essere agevolato dall'interesse manifestato dalla Conferenza episcopale italiana per la proposta di una idoneità nazionale per gli insegnanti di religione cattolica.
Si tratta - come ho detto - di perfezionamenti che non mirano certo ad assicurare privilegi ma ad organizzare meglio la proposta di una materia che la gran parte degli studenti e delle famiglie sceglie volontariamente con quello che lei giustamente chiama un referendum annuale.
|
Partecipa al dialogo su questo argomento |
|