Bandiere di pace

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Piazzola su Brenta (Padova), 15 febbraio 2003

Un esempio della "qualità" del governo di Destra
Bandiere della Pace: per censurare i comuni Berlusconi si appella a norme superate
Una ridicola intromissione


Che fosse una scelta politica, nessun dubbio. Il Governo ha tutto l'interesse che i comuni non espongano le bandiere della pace. E per boicottarle, Berlusconi e il suo staff ha inviato alle Prefetture una serie di «indicazioni». E, invece, TUTTE le amministrazioni che avevano deciso di esporre il vessillo della pace, hanno confermato quella scelta. Infatti, si è scoperto che c'è un «errore tecnico» che la dice lunga sul senso dello Stato di questo esecutivo!!!  Vediamo di che si tratta.
Il 4 febbraio la Presidenza del Consiglio dirama un testo che si conclude così: «L'esposizione sugli edifici pubblici di simboli privati di qualunque natura determina una  violazione sanzionabile anche ai sensi degli artt. 292, 323, 327 del Codice Penale». Linguaggio burocratico, incomprensile ma, soprattutto, sbagliatissimo!!! Il documento della Presidenza del Consiglio cita l'articolo 327 del codice. Articolo che semplicemente non esiste più! E' stato abrogato nel 1999 col varo dell'articolo 18 della legge numero 205. Insomma, «l'eccitamento al dispregio e vilipendio dell'istituzione, delle leggi o degli atti dell'Autorità» non c''è più.
Eppure Berlusconi ha voluto usarlo contro chi si oppone alla guerra! Che dire? Guido Calvi, avvocato e senatore si limita a commentare così: «Mi pare un perfetto esempio della qualità culturale di questo governo».      

Edgard J. Serrano

Risponde Tino Bedin

Bene che non ci sia neppure l'appiglio burocratico ad una decisione che non corrisponde allo spirito di autonomia e soprattutto che ha tentato, inutilmente, di far divensare la pace un tema di divisioni. La grande manifestazione di Roma, le grandi manifestazioni di tutto il mondo, hanno dato la loro risposta anche a questa inutile e ridicola intromissione di un governo che si dice liberale.

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16 febbraio 2003
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Tino Bedin