Repubblica Democratica del Congo

 
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Trapani, 2 novembre 2002

L'appello di molti giovani cattolici siciliani
In Congo non c’è petrolio né ricchezze particolari,
ma ci sono uomini e donne da aiutare!

Spesso le tragedie africane provocano solo compassione, non impegno politico


Mi presento sono Baldo Alagna cattolico, giovane di 29 anni, che sta camminando verso il sacerdozio e che presto si trasferirà in una casa della Comunità delle Beatitudini, in Francia a Cuq-Les-Vielmur, nei Midi-Pyrenées.
Le invio questa mail proprio per la stima che ripongo in lei. Insieme a tantissimi giovani cattolici in Sicilia che rappresento vorrei che lei si interessasse per una questione umanitaria e planetaria: il continuo massacro delle popolazioni inermi nella Repubblica Democratica del Congo.
Lei saprà benissimo che continua nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo una situazione insostenibile per le popolazioni inermi. Il vuoto di potere che si crea con il ritiro degli eserciti occupanti lascia spazio alle incursioni di bande armate che intimidiscono e uccidono la popolazione. Questo sotto gli occhi degli osservatori delle Nazioni Unite che non hanno un mandato per difendere la popolazione civile.
E l’Europa, unione di stati democratici e per la pace vuole permettere che i suoi figli che lavorano in questa terra di missione (come i miei confratelli in Congo, francesi, italiani, belgi, ecc.) continuino insieme a tutta la popolazione  senza colpa questi abusi. È vero in Congo non c’è petrolio né ricchezze particolari, ma ci sono uomini e donne da aiutare!
Le invio ripeto, non a nome mio a nome di molti giovani cattolici siciliani che rappresento questo appello sperando nel suo interessamento.

Appello per la pace e la sicurezza nel Congo Orientale

Dopo la soddisfazione per le prospettive di pace suscitate dagli accordi di Sun City e di Pretoria, e dal ritiro di molte truppe straniere dai territori occupati nella Repubblica Democratica del Congo, la popolazione martoriata sta di nuovo vivendo ore drammatiche.
Il temuto vuoto di autorità e di sicurezza, senza la presenza efficace di una forza di interposizione, rischia di mandare in frantumi il processo di pace e di riconciliazione del Paese.
La popolazione è vittima innocente di scontri militari tra fazioni opposte, ribelli di ogni genere, gruppi armati, affamati e allo sbando, che provengono sia dall'interno che dall'esterno del Paese. Massacri, scontri, saccheggi, rappresaglie sono avvenute o sono in atto nel Kivu a Uvira, Walungu, Shabunda, Walikale; a Kindu e Mambasa nel Maniema; nell'Ituri a Bunia e Isiro. L'azione di questi gruppi semina morte,angoscia e panico, crea insicurezza alle frontiere con Rwanda, Burundi e Uganda, che hanno posizionato i rispettivi eserciti alle frontiere e rischia di diventare il pretesto per la ripresa di una guerra che ha già seminato milioni di vittime tra i civili, ha determinato lo sfruttamento delle ricchezze minerarie e la paralisi del Paese.
Intanto nella regione mancano i generi di prima necessità; la coltivazione dei campi e la circolazione dei beni è stata in gran parte impedita da tanti anni di conflitto.
Le Chiese e le Società Civili della regione hanno lanciato un appello urgente dove si denuncia con forza la drammatica situazione e si invita la Comunità internazionale ad accompagnare questo momento tanto delicato nella storia del paese verso una evoluzione positiva. Più volte la Società Civile, le diverse Confessioni religiose e gli stessi rappresentanti dei governi di Kigali e di Kinshasa hanno richiesto la presenza di una forza neutrale per il mantenimento della pace e il controllo delle frontiere. Lo stesso Kofi Annan, il segretario dell'Onu, ha proposto recentemente di aumentare il contingente militare della Monuc nella Regione.
Per questo anche noi, dando voce alla voglia di pace di queste popolazione martoriate, vogliamo lanciare un appello urgente ed accorato alle Nazioni Unite perché intensifichino la loro presenza nella zona, con l'invio di nuove forze di pace, ma anche con il chiaro mandato di difendere la popolazione e la sicurezza delle frontiere tra Congo, Rwanda, Burundi e Uganda.
La Comunità internazionale, anche dopo le risoluzioni e le proposte del Consiglio di Sicurezza per la pace in Congo e nella Regione dei Grandi Laghi, non può restare indifferente. Occorre assicurare il rispetto dei diritti umani in questo periodo di transizione, sino alla creazione di Istituzioni democratiche e di forze dell'ordine locali.
Ci rivolgiamo in particolare al Governo italiano e all'Unione Europea perché si facciano portavoce di queste istanze nelle sedi appropriate e collaborino con l'Onu e l'Unione Africana in modo da raggiungere, al più presto, la pacificazione definitiva secondo il diritto internazionale e senza ulteriore vittime innocenti.
Baldo Alagna
Risponde Tino Bedin
Caro Alagna, grazie per il suo impegno a favore dei deboli nel mondo. Grazie anche di avermi fatto partecipe dell'appello a stare a fianco delle popolazioni e delle istituzioni della Repubblica Democratica del Congo. Spesso il servizio parlamentare ci porta a prestare attenzione solo a quello che l'agenda della politica (nazionale ed internazionale) ci sottopone; l'urgenza delle "nostre" emergenze mette in secondo piano tragedie che dovrebbero almeno stare alla ribalta come le "nostre".
E' il caso della Repubblica Democratica del Congo. Qui c'è stato l'impegno delle Nazionali Unite e della comunità internazionale, ma - come purtroppo da qualche anno sta avvenendo - poiché è una tragedia africana, sembra richiedere più compassione che impegno politico continuo, puntuale, fino alla conclusione del problema.
Sappiamo che la compassione non basta e il suo appello ce lo ricorda. Da parte mio - come parlamentare - mi faccio portavoce del suo appello. Presenterò una interrogazione al ministro degli Esteri e al ministro della Difesa per chiedere un loro indirizzo in sede di Nazioni Unite e di Unione Europea. In questo modo, caro Alagna, la sua voce e quella dei suoi amici siciliani si sarà fatta sentire in Parlamento e nel Governo. Se altri colleghi parlamentari troveranno forme di informazione e di sollecitazione simili, la vostra voce diventerà un coro di solidarietà.

    Partecipa al dialogo su questo argomento
VAI ALLA PAGINA PRECEDENTE | STAMPA LA PAGINA | VAI A INIZIO PAGINA

3 novembre 2002
di-139
home page
scrivi al senatore
Tino Bedin