IN DIALOGO TRA CITTADINI

Venezia, 14 settembre 2002

La tragedia delle Torri Gemelle non è stata di insegnamento
Ripercussioni planetarie di una guerra in Iraq
La maggioranza degli italiani ha il coraggio della pace


La tragedia delle Twin Towers, che ha cambiato il corso della nostra storia, non è stata un insegnamento significativo per tutti noi, ma soprattutto non lo è stato per coloro che tengono più o meno saldamente nelle loro mani il governo del mondo, il destino di qualche miliardo di esseri viventi.
Il prossimo attacco all'Iraq ha tutto il sapore di una scellerata azione per estendere il dominio degli Usa sul petrolio e lo si contrabbanda all'opinione mondiale come il tentativo di fermare una centrale logistica del terrorismo musulmano, quasi una sorta di crociata contro l'infedele del 21esimo secolo, infedele che è stato negli anni passati ben foraggiato dalla politica americana per contrastare l'ascesa iraniana, favorendo l'eccidio continuo del popolo curdo che rinnova nei numeri stermini passati.
Nonostante gli stati arabi abbiano manifestato la netta opposizione all'intervento avvertendo dei sicuri ampliamenti del conflitto non solo nello scacchiere medio-orientale, ma anche in lande surriscaldate da conflitti locali, nonostante l'opposizione interna a Saddam abbia condannato il progetto, nonostante gli appelli degli esponenti dell'Onu, di una parte dell'Europa, della Chiesa, del mondo della cultura, degli uomini di buona volontà, in nome del dio Danaro, si darà il via ad un ennesimo olocausto, soprattutto civile, con ripercussioni planetarie che temo nessuno degli strateghi militari ed econimici, sia bene in grado di valutare.
In Iraq l'embargo commerciale che dura da 10 anni, anche se alleggerito pochi mesi fa, miete circa 250 bambini al giorno.... per mancanza di medicine e cibo. Forse queste cifre non sono suffiicenti? Il dio Danaro ha bisogno di ulteriore nuovo sangue per rinnovarsi continuamente? E mentre il summit di Johannesburg si è risolto in un quasi flop nel tentativo di portare acqua a quasi 2 miliardi di persone, questi venti di guerra prevedono un consistente incremento della spesa militare portandola a 700.000 miliardi di dollari (nel mondo), quando con un decimo della stessa cifra si potrebbe dare una risposta alla sete d'acqua della Terra. La nostra Costituzione non contempla l'opzione di guerra d'offesa e quindi, al di là di ogni credo personale, noi non possiamo partecipare a questa azione punitiva. È giunto il momento che il governo italiano smetta di far melina e si schieri dalla parte dei giusti, in senso biblico, di coloro cioè che operano per la risoluzione dei conflitti senza ricorrere alle armi.
Mi appello quindi a voi parlamentari perché ora non vinca la logica dell'appartenenza a questa o a quella parte, ma che vinca la volontà del dettato costituzionale e, io credo, della stragrande maggioranza di cittadini del nostro Paese, che non vuole avere le mani sporche di sangue.

Margherita Grigolato
Dipartimento Politiche sociali Cgil Venezia

Risponde Tino Bedin
Credo anch'io che la maggioranza degli italiani sia contraria alla guerra preventiva all'Iraq e sia ancor più contraria ad un coinvolgimento dell'Italia in questa avventura. Non per vigliaccheria, ma per coraggio: quel coraggio di cercare di vivere in pace che ha ormai plasmato la nostra convivenza civile.
Probabilmente se ne rende conto anche il presidente del Consiglio che va in America a fare l'amicone di Bush, ma che appena rientrato in Italia si guarda bene dall'usare toni bellicisti. Sa infatti che l'opposizione morale alla guerra che gli italiani provano ora, diventerebbe opposizione politica di fronte ai rischi che correrebbero i nostri militari inviati nel Golfo e tutti i cittadini in Italia, esposti alle ritorsioni di azioni terroristiche.

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20 settembre 2002
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