IN DIALOGO TRA CITTADINI

Pisa, 8 maggio 2002

Meglio prevedere un divieto generalizzato come nei cinema
Non tutti i ristoranti potranno ricavare
le "aree per fumatori"

Attenzione però a non creare un clima da "proibizionismo"


Gentilissimo senatore Bedin, in materia di fumo passivo mi permetto di spendere due parole riguardo alle modalità per arrivare, attraverso una legge dello Stato, a sconfiggere questa piaga, con la speranza di non dirle solo cose ovvie.
Mi sembra di capire, anche riferendomi all'emendamento presentato dal Ministro Sirchia alla Camera, e purtoppo giudicato inammissibile, che la tendenza del Ministero sia quella di voler giungere a risolvere il problema vietando il fumo in tutti i locali aperti al pubblico e nei luoghi di lavoro, concedendo però la possibilità di allestire spazi per fumatori in alternativa al divieto assoluto.
Certo tutto ciò rappresenta un passo avanti rispetto alla situazione attuale, tuttavia sono convinto che procedendo in questa direzione non si arriverà ad una soluzione completa e, al tempo stesso, si creeranno molti "danni collaterali". Mi spiego meglio.
Almeno in riferimento ai locali di ristorazione, ma il discorso è applicabile anche ad altri luoghi, la creazione di aree per fumatori produrrà almeno un paio di inconvenienti.
Innanzi tutto sarà quasi impossibile riuscire ad isolare questi spazi in modo completo da quelli per non-fumatori con la conseguenza che, almeno in parte, il fumo in essi presente si trasferirà in questi ultimi. Inoltre i lavoratori che presteranno la loro opera all'interno di queste aree ( camerieri,ecc. ) saranno costretti "per motivi di servizio" a respirare il fumo dei presenti. Lo desiderino o no. E ho molti dubbi sul fatto che per risolvere il problema sia sufficiente la presenza degli aspiratori che, come ha detto lo stesso ministro Sirchia, portano a livelli molto bassi, ma non "inesistenti", i rischi per la salute. Per mezzo di essi quindi si potranno solo ridurre i danni causati dal fumo passivo, non eliminarli.
C'è poi da considerare il fatto che molte attività, specie le più piccole, si troveranno nell'impossibilità di allestire aree per fumatori e/o di installare aspiratori. I motivi potranno essere molteplici: problemi di spazio insufficiente o di metratura difforme da quella prevista dalla legge, strutture con vincoli di natura "artistica" (presenza di decori, pareti affrescate, eccetera),impossibiltà di sostenere le spese per la trasformazione del locale o per l'acquisto di una aspiratore eccetera. Così, per molti gestori l'applicazione del divieto assoluto non sarà frutto di una scelta ma una strada obbligata; con la conseguenza di veder dirottata una parte di clientela altrove, cioè dove vi siano aree per fumatori. Si creerà così un meccanismo di "concorrenza sleale" e per qualcuno sarà la fine.
A tal proposito posso citare il caso del gestore di un bar della mia città, Pisa, che, qualche giorno dopo aver affisso alcuni cartelli di "vietato fumare" all'interno della propria attività, li ha rimossi, a malincuore, avendo subìto un calo di circa il 30 per cento della clientela che, ovviamente, si era spostata in altri locali privi di divieto.
In ultimo si valuti il fatto che una legge che contempli la divisione di aree e l'uso di aspiratori avrà bisogno di più tempo per essere formulata e poi applicata rispetto ad un' "agile" legge di divieto totale.
Da tutte queste considerazioni mi semberebbe quindi ragionevole optare per una legge che non prevedesse alternative a quella del divieto assoluto: essa sarebbe risolutiva del problema, di immediata applicazione, eviterebbe inutili spese e non creerebbe situazioni di "svantaggio" per nessuno mettendo, al contrario, tutte le attività nelle medesime condizioni.
Allora mi domando: perché si devono tentare soluzioni complicate e pasticciate quando ne esiste una semplice ed efficace a portata di mano? Si teme di negare un diritto a fumare nei luoghi pubblici che non ha alcun senso? Perché in un bar o ristorante non può essere applicato il divieto assoluto come nei cinema? Forse in questi ultimi si sono create sale per fumatori? E forse chi fuma non è più entrato più in un cinema a causa del divieto? Quale diritto si teme di ledere chiedendo a chi entra in un locale di ristorazione di rinunciare per la durata di un pasto o di un caffè a qualche sigaretta? Oltretutto il fumo "inquina" i profumi e il gusto dei cibi e delle bevande, pertanto dovrebbero essere gli stessi fumatori a volerne fare a meno per poter apprezzare ciò che viene loro offerto.
Mi auguro quindi che, al contrario di ciò che purtroppo spesso accade nel nosro Paese, non si si inventino complicazioni inutili dove non ve ne sono e,almeno una volta ogni tanto, si percorra una strada dritta senza voler fare curve a tutti i costi.

Marco Badiani

Risponde Tino Bedin
Certamente le sue osservazioni hanno un fondamento. Mi pare anche questa una delle questioni che occorre affrontare insieme agli interessati: i cittadini e gli esercenti, senza preclusioni, con l'obiettivo della tutela della salute, ma anche con lo stile che eviti il clima del "proibizionismo" che non porterebbe a nessun vero risultato.

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10 maggio 2002
di-057
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Tino Bedin