IN DIALOGO TRA CITTADINI |
Venezia, 10 marzo 2002 | |
Fermato il cammino della "totalizzazione previdenziale" Per il riconoscimento dei contributi bisogna aspettare la riforma generale Eppure nella passata legislatura il principio era stato affermato |
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Carlo Matrone | |
Risponde Tino Bedin Egregio Signor Matrone, sono d'accordo con lei e non solo a parole. Nella passata legislatura ed anche in questa sono tra i parlamentari che hanno cercato e cercano di portare a soluzione il problema, sollecitato in questo da un attivo gruppo di professionisti padovani. Se ha seguito le "cronache" parlamentari della Finanziaria 2001, ricorderà che anche il risultato raggiunto non è stato senza difficoltà, tanto che ad un certo punto sembrava dovesse essere addirittura cancellato. Rispetto ai diritti delle persone, come lei, molti colleghi di tutti gli schieramenti ritenevano prevalenti i diritti degli enti previdenziali. Proprio per questo quel risultato non è "il nulla" e lo riconoscono anche i suoi colleghi che hanno guidato e guidano la battaglia: si è infatti affermato il principio della totalizzazione, cioè il diritto di considerare validi i contributi versati. All'affermazione del principio è seguita nella Finanziaria del 2001 una applicazione certamente limitata e certamente inferiore rispetto alle proposte che il relatore. Tuttavia è perdurato fino all'ultimo il tentativo di eliminare anche quel poco e soprattutto il principio. Nel corso del dibatto sulla Finanziaria 2002 al Senato sono stato tra i presentatori di emendamenti che puntavano a far fare ulteriori passi - dal punto di vista della concreta applicazione - a quel principio. Gli emendamenti sono stati respinti dalla maggioranza e dal governo, con la motivazione che la questione deve rientrare nella più generale revisione dei trattamenti pensionistici. Io resto del parere che era meglio fare un passo in più e precostituire così un terreno più favorevole sul quale trattare. Non si tratta solo di riparare una condizione non corretta. Si tratta di prendere atto delle conseguenze della flessibilità e della mobilità per una platea sempre più ampia di cittadini italiani ed europei. Mobilità e flessibilità non hanno solo vantaggi per le imprese, richiedono anche dei costi: come quello di assicurare un rendimento previdenziale commisurato al lavoro svolto pur in condizioni diverse dal passato. |
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12 marzo 2002 di-032 |
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