IN DIALOGO TRA CITTADINI
Padova, 13 novembre 2001

Contrari alla partecipazione alla guerra
Uno straccio di pace
Il "distintivo" proposto da Emergency

Siamo pericolosamente vicini alla guerra. Questo vuol dire che degli italiani potrebbero anche uccidere dei civili, la maggior parte dei quali donne e bambini e, a loro volta, essere uccisi.
Siamo sicuri che molti di noi non vogliono che ciò accada.
Noi vogliamo poter dire che siamo contrari, e vogliamo che chiunque ci veda sappia che siamo contrari alla guerra.
Per farlo useremo un pezzo di stoffa bianco: appeso alla borsetta o alla ventiquattrore, attaccato alla porta di casa o al balcone, legato al guinzaglio del cane, all’antenna della macchina, al passeggino del bambino, alla cartella di scuola...
Uno straccio di pace.
E se saremo in tanti ad averlo, non potranno dire che l’Italia intera ha scelto la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti.
Sappiamo che molti sono favorevoli a questa entrata in guerra.
Vogliamo che anche quelli che sono contrari abbiano voce.
Emergency chiede l’adesione di singoli cittadini, ma anche comuni, parrocchie, associazioni, scuole e di quanti condividono questa posizione. diffondere questo messaggio è un modo per iniziare

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Silvia Malè
Risponde Tino Bedin
È giusto che tutta la nostra società abbia voce, soprattutto in scelte difficili, rischiose, eticamente inquietanti, come sono quelle che riguardano la difesa dal terrorismo; è giusto che abbia voce, soprattutto quando le pare che le proprie parole non abbiano eco nelle istituzioni democratiche.
Sono – per il mio ruolo di capogruppo alla Commissione Difesa – uno dei firmatari della mozione con cui l’Ulivo al Senato ha autorizzato la presenza di soldati italiani in Afghanistan. Sono anche uno dei quaranta senatori dell’Ulivo che hanno sottoscritto la mozione che chiede una pausa nei bombardamenti per la realizzazione di "corridoi umanitari" prima della neve.
C’è contraddizione? Per me è una sfida istituzionale, internazionale e politica a contribuire a risposte più "giuste" alle domande di giustizia che ci sono in molti dei protagonisti della guerra in corso.
Insomma non sono tra coloro che ritengono la presenza dei militari italiani in Afghanistan come lo strumento per la soluzione dei conflitti. Non lo ritengo, perché così recita la nostra Costituzione e perché l’esperienza è illuminante al riguardo. Credo che i nostri soldati – assieme a molte altre persone – contribuiranno ad evitare che il conflitto si estenda. Alla soluzione dei conflitti deve pensare una politica in grado di ascoltare molti, si far sentire molti – possibilmente tutti – vincitori della loro domanda di vita.
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15 novembre 2001
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Tino Bedin