La deterrenza nucleare in Italia è un territorio inesplorato?
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Bevilacqua (Verona), 1 ottobre 2022
I tempi di reazione e la gestione non omogenea degli armamenti
La deterrenza nucleare in Italia
è un territorio inesplorato?

La catena di comando italiana ha dimostrato di conoscere e anche di saper intervenire

Caro Bedin,
sulla gestione dell'arsenale nucleare esistente in Italia la tua risposta alla domanda del lettore Luigi Giovinazzo è stata istituzionalmente rassicurante.
Converrai tuttavia con me che si tratta di un territorio inesplorato e pericolosissimo.
Pensiamo solo alla gestione di una possibile risposta all'uso di ordini nucleari che per avere l'effetto di deterrenza dovrebbe essere immediata, quasi automatica: come funzionerebbe in queste situazioni la catena di comando italiana?
Poi la gestione dell'armamento nucleare sul territorio italiano non è omogenea: nella base di Aviano ci sono gli ordigni per i velivoli statunitensi mentre quelli per i Tornado dell'Aeronautica militare sono a Ghedi, nel Bresciano. Anche un eventuale e tragico utilizzo sarebbe diverso?
Insomma, proprio sicuro non mi sento.

Rodolfo Avesani

Commenta Tino Bedin

Caro Avesani, nella mia "rassicurazione" istituzionale - come giustamente definisci il mio commento - ci sono anche le risposte alle tue due domande. Vediamole insieme.
Riguardo alla catena di comando.
Per fare un solo esempio, è inverosimile che i piloti dell'Aeronautica Militare che operano basati all'aeroporto di Ghedi e che dal giugno scorso dispongono anche di un F-35, il più evoluto velivolo da combattimento, non si esercitino sulla base di procedure condivise sia in sede di Consiglio supremo di Difesa sia in sede Nato. Le esercitazioni dei nostri Diavoli Rossi con l'areo F-35 comprendono, infatti, anche l'armamento nucleare. Esistono quindi procedure "riservate", ma certamente note al Presidente della Repubblica e al Consiglio supremo di Difesa, nella cui stesura si aggiorna ogni volta che occorre anche la modalità di intervento e quindi la sua decisione. Sappiamo dunque che la decisione è nelle mani di Sergio Mattarella.
Riguardo alla presenza americana.
La questione è sempre nelle mani del Presidente della Repubblica italiana. Rilanciando in queste settimane il tema, gli organi di informazione hanno riportato la situazione descritta fin dal 1981 dall'allora ministro della Difesa Lelio Lagorio, "L'uso delle basi non dipende esclusivamente dal comando americano, ma dal combinato consenso delle autorità italiane e statunitensi. Certo, la parola ultima, a conflitto scoppiato spetta al comandante in capo di tutte le forze". E nello specifico dell'armamento nucleare: "Il governo italiano non accetta che l'uso di armi atomiche dal proprio territorio sia disposto senza l'espresso e preventivo assenso delle autorità italiane".
Non solo accordi sulla carta.
Nella notte tra il 10 e l'11 ottobre 1985un Boeing egiziano toccò la pista d'atterraggio della base Usa di Sigonella dopo essere stato dirottato dai caccia americani. Il governo Craxi non era d'accordo con il governo Reagan nella gestione dell'operazione di sequestro dei palestinesi. L'Italia provvide schierando VAM (Vigilanza Aeronautica Militare) e Carabinieri ben armati contro i militari Usa della Delta Force. Non si sparò, comunque, un colpo e il Boeing egiziano riprese la sua rotta.
Questa vecchia notizia sta sempre benissimo a complemento di quanto si scrive proposito della base americana di Aviano.

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14 ottobre 2022
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