Medici di famiglia e case della comunità
IN DIALOGO TRA CITTADINI

Bassano del Grappa (Vicenza), 15 dicembre 2021
Adesso c'è la corsa di Comuni e Aulss alle sedi e agli investimenti
Che medici ci saranno
nelle future Case della comunità?

Non tutti i Comuni veneti ne avranno una: serve la programmazione

Caro Bedin,
leggo che in queste settimane molti Comuni e praticamente tutte le Aulss del Veneto si danno da fare per progettare le Case della comunità. È giusto che anche il Veneto si impegni per utilizzare al meglio questo capitolo del PNRR (7 miliardi di euro destinati alla sanità territoriale di cui 2 miliardi per le Case della comunità) destinato a rafforzare le cure primarie e la sanità territoriale: i distretti, le case della comunità con all'interno le équipes multiprofessionali.
Prima, però, di pensare ai "muri" e di investire sarebbe necessario pensare ai professionisti che saranno chiamati ad operare nelle Case della comunità. In particolare, sarebbe necessario sapere se i medici di medicina generale dovranno traslocare nelle nuove sedi, sulla base di un aggiornamento della loro convenzione o per un eventuale cambio di rapporto dalla libera professione alla subordinazione.
Si tratta di un aspetto decisivo e che va affrontato contestualmente alla progettazione delle Case della comunità. Occorre evitare che le nuove strutture restino "disabitate" in attesa di un accordo con i medici.

Arturo Bonato

Commenta Tino Bedin

Effettivamente, caro Bonato, c'è una corsa, giusta, ma non c'è (almeno da quanto si legge) una programmazione.
Ad esempio, poiché il bacino di utenza previsto per le Case di comunità supera la popolazione della gran parte dei Comuni veneti, ci sarà la prospettiva per molti cittadini-pazienti di non avere il medico di medicina generale nel proprio comune. Può essere che il risultato finale sia anche migliore della situazione attuale, ma i cittadini dovrebbero essere debitamente informati. Soprattutto, la dislocazione delle Case della comunità dovrebbe corrispondere a criteri di servizio ai cittadini e non essere frutto solo dell'iniziativa di un sindaco o della casuale disponibilità di spazi in un determinato luogo.
Senza "ideologie", poi, questa dovrebbe essere l'occasione per un ripensamento del rapporto di lavoro dei medici di medicina generale. Così com'è strutturata ora la libera professione non corrisponde più all'organizzazione della medicina territoriale e ai bisogni dei cittadini-pazienti. Occorre cambiare.

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Aggiornamento
11 febbraio 2022
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